In questi giorni ogni tanto si dice che la crisi immobiliare stia finendo. Le cose in finanza si capiscono meglio se si guardano i numeri, o, perlomeno, se si fanno dei discorsi «formali».

Un anno fa avevamo visto che quanto più sofisticato è il settore immobiliare, tanto maggiore è la sua propensione a produrre «bolle», ossia un ciclo finanziario dove i prezzi si discostano esageratamente dai valori (1). Lo studio era del Fondo Monetario. Passiamo a quello dell'OECD uscito ieri.

Un calcolo dello scostamento dei prezzi dai valori è quello che mette in relazione i prezzi degli immobili con gli affitti e con il reddito delle famiglie. Un esempio estremo (vero) è quello di un appartamento in vendita in una zona semicentrale per quattro milioni di euro. Se uno, invece di comprarlo, pagasse un affitto pari alle cedole che incasserebbe con il controvalore dei BTP, potrebbe offrire fino a 200 mila euro di affitto. Si direbbe che c'è un «arbitraggio» a favore dell'affitto, ossia che conviene affittare e non comprare. Si calcola la media storica del rapporto fra il prezzo delle case e l'affitto. Se il rapporto (detto price to rent e fatto pari a 100 nella media storica) è abnorme, allora i prezzi delle case sono alti. Se per comprare casa, in media storica, uno doveva investire un numero X di stipendi annuali, abbiamo di nuovo un indicatore simile a quello di prima.

Si vede dalla tabella che gli immobili di gran lunga meno cari sono quelli di Giappone, Germania e Svizzera. In questi paesi gli immobili si pagano meno della media storica. Negli Stati Uniti si hanno prezzi meno elevati di quelli dei paesi di dimensioni economiche ridotte. Il senso della tabella è che i prezzi degli immobili sono ancora elevati quasi dappertutto.


(1) http://www.centroeinaudi.it/commenti/il-ciclo-immobiliare-moderno.html

 
il_settore_immobiliare_secondo_ocse
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