Un articolo sul «Sole 24 Ore» della scorsa domenica (1) affrontava il tema della differenza tra il mercato europeo e americano dei titoli di stato, chiedendosi come mai il primo sia costantemente messo sotto pressione, mentre il secondo stia attraversando sostanzialmente indenne le tempeste finanziarie di questi mesi. La domanda – è la tesi sostenuta nell’articolo – è pertinente in quanto: A) considerando alcuni fondamentali dell’economia (ad esempio rapporto tra deficit, debito pubblico e debito totale rispetto al Pil), l’Europa non è messa male, complessivamente, rispetto agli Stati Uniti; B) anche gli Stati Uniti hanno le loro «pecore nere». Se in Europa ci sono i PIGS, all’interno degli Stati Uniti ci sono stati altrettanto disastrati sotto un profilo di finanza pubblica (California, Alabama, New York e Illinois in primis). Le cause, conclude l’articolo, sono di natura prevalentemente politica: troppe divisioni, mancanza di titoli di stato unici e di una politica fiscale condivisa.

di Gabriele Guggiola

 


Un’analisi più approfondita della questione ci porta ad alcune riflessioni aggiuntive. In primo luogo non esiste, a oggi, un titolo di stato europeo paragonabile ai Treasury americani. Tremonti e Junker sono tornati, in questi giorni, per l’ennesima volta sul tema invocando l’emissione di Eurobond per sancire l’irreversibilità dell’euro. Buona o cattiva che sia l’idea di creare titoli di stato europei (che, non essendo emessi direttamente dagli stati sovrani, potrebbero creare potenziali fenomeni di azzardo morale), sta di fatto che di idea, appunto, si tratta. Il confronto fra il trattamento riservato al mercato dei titoli di stato europei e quelli americani può essere fuorviante, perché implica il paragone tra un titolo emesso a livello federale e di cui è direttamente responsabile il governo americano e tanti titoli di stato emessi dai diversi governi europei, alcuni finanziariamente più affidabili e alcuni meno.


Volendo fare un paragone tra il mercato europeo e quello americano, i bond tedeschi rappresentano quanto di più simile possa esserci ai titoli del Tesoro statunitense. I rendimenti di entrambi i titoli sono relativamente bassi grazie all’affidabilità dei paese emittenti e al vantaggio di essere titoli relativamente sicuri rispetto ad altri. Infatti, guardando le yield curve dei due titoli, vediamo che i mercati non hanno affatto i bond tedeschi che anzi (complici gli elevati deficit americani di questi anni) spuntano tassi di interesse più bassi rispetto ai Treasury americani. Sono stati puniti, è vero, i paesi più deboli. Ma questo è esattamente quello che capita anche negli Stati Uniti con gli stati maggiormente a rischio di default. Come si può vedere, tre dei quattro paesi prima citati (California, New York e Illinois) stanno lì sulla punta del grafico, con un costo di assicurazione del debito nettamente superiore alla media.


Certo, lo spread dei titoli di stato dell’Irlanda (ultimo paese coinvolto della crisi) rispetto ai titoli di stato tedeschi è parecchio superiore allo spread tra i Treasury americani e i titoli, per dire, della California. Però la crisi irlandese sta toccando in questo momento il suo apice e, in assenza di prospettive certe, è ragionevole attendersi un tale comportamento.


Volendo sintetizzare le differenze che effettivamente distinguono il mercato europeo da quello americano si potrebbe dire che:


• gli stati americani che arrivano ad avere situazioni di finanza pubblica disastrate vengono duramente puniti, e sono costretti a tagliare anche servizi essenziali. Il che funziona da deterrente e fa sì che le correzioni possano essere più rapide; questo non ha funzionato in Europa, dove un Patto di Stabilità, che pure era notevolmente rigido e rigoroso, è stato disatteso senza conseguenze al primo episodio di crisi. Quando il deterrente non funziona, il governo federale americano può (più o meno implicitamente) sostenere gli stati in difficoltà. Ma tale sostegno è tutt’altro che incondizionato, tant’è che i casi di amministrazioni locali lasciate andare in default esistono. Gli investitori sanno quindi ex ante che non tutti i titoli dei diversi stati sono uguali;


• in Europa, viceversa, abbiamo vissuto una situazione paradossale. Nei primi anni dall’adozione dell’euro, non sono stati pensati meccanismi di salvataggio specifici. Nonostante questo fatto gli investitori erano convinti (ex post, si direbbe a ragione) che i governi sarebbero intervenuti pesantemente per salvare i paesi in dissesto. Per lungo tempo quindi i titoli affidabili e meno affidabili hanno spuntato rendimenti troppo simili, considerate le differenze nelle condizioni di finanza pubblica dei rispettivi paesi;


• essere arrivati alla scoperta che il re è nudo nel pieno della crisi non ha giovato, perché mettere in moto ora dei meccanismi punitivi verso i paesi insolventi allontana, giustamente, gli investitori, limitando ancora di più le possibilità che questi hanno di uscire indenni dalle difficoltà finanziarie attuali.



(1) Corsa dei debiti tra «cani» Usa e «pigs» europei, «Il Sole 24 Ore», 5 dicembre 2010.