I cambiamenti climatici, oltre a impedire già ora uno sviluppo accettabile ad alcune popolazioni, potrebbero portare oltre cento milioni di persone in più sotto la soglia di povertà entro il 2030

La World Meteorological Organization (WMO) ha annunciato recentemente che il fenomeno El Niño già in corso sarà eccezionalmente intenso e raggiungerà il massimo alla fine di quest'anno, con pesanti ripercussioni in numerose regioni del pianeta, provocando inondazioni, siccità, incendi e altre perturbazioni anomale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Una prospettiva allarmante, sulla quale lo stesso Papa Francesco, in questi giorni in visita in Africa, si è espresso all'ONU, sollecitando "soluzioni urgenti ed efficaci" e l'adozione dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, in vista della ventunesima Conferenza dell'Unfcc (United Nations Framework Convention on Climate Change) che si aprirà a Parigi il 29 novembre.

La notizia non fa che confermare gli allarmanti dati che emergono dal nuovo rapporto Shock Waves: gestione degli impatti dei cambiamenti climatici sulle Povertà, a cura della Banca Mondiale: i cambiamenti climatici, oltre a impedire già ora uno sviluppo accettabile ad alcune popolazioni, potrebbero portare oltre cento milioni di persone in più sotto la soglia di povertà entro il 2030, condizione in cui vivono tuttora circa 700 milioni di persone, nonostante i sostanziali progressi ottenuti.
Il rapporto parte dalla constatazione che i più poveri sono più esposti rispetto alla popolazione media a shock legati al clima, come alluvioni, siccità e ondate di calore, e perdono molto di più della loro ricchezza quando vengono colpiti. Nei 52 paesi in cui i dati erano disponibili, l'85 per cento della popolazione vive in aree dove i poveri sono più vulnerabili alla siccità rispetto alla media. Costoro sono sproporzionatamente colpiti anche perché hanno meno risorse e ricevono meno supporto da parte della famiglia, della comunità e dal sistema finanziario e anche dalle reti di sicurezza sociale, così da rendere ancora più difficile sradicare la povertà in modo sostenibile.


Questa fascia di popolazione è generalmente anche più esposta a temperature più elevate e vive in paesi in cui si prevede che la produzione alimentare rischi di diminuire a causa dei cambiamenti climatici (Figura 1). Già oggi sono frequenti i cattivi raccolti causati dalla diminuzione delle precipitazioni, i picchi dei prezzi alimentari dopo eventi meteorologici estremi, e una maggiore incidenza di malattie dopo ondate di calore e inondazioni. Tali shock potrebbero spazzare via i guadagni duramente conquistati, portando a perdite irreversibili e ad un nuovo aumento della povertà, soprattutto in Africa e in Asia meridionale (Figura 2), oltre a colpire duramente le future generazioni.
La riduzione della povertà non è un passaggio a senso unico : molte persone ne escono o ne vengono colpite ogni anno. Per esempio, in 36 comunità in Andhra Pradesh in India, in un periodo di 25 anni, ogni anno una media del 14 per cento delle famiglie, è sfuggito alla povertà, mentre il 12 per cento delle famiglie si è impoverito, determinando un decremento annuo del 2 per cento della povertà (Figura 3). Un margine dunque molto piccolo e che può essere facilmente variato da eventi inaspettati dovuti al clima.

Inoltre, i rischi climatici influiscono sul comportamento delle persone stesse , che possono ridurre gli investimenti a causa della possibilità di perdite e orientarsi verso bassi rischi e bassi rendimenti, una strategia razionale per evitare esiti catastrofici, ma non per uscire dalle condizioni di povertà.
La lotta alla povertà e la lotta al cambiamenti climatici possono essere più efficacemente condotte se affrontate insieme con una strategia comune, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura. I modelli studiati suggeriscono che il cambiamenti climatici potrebbe tradursi in perdite globali delle rese dei raccolti fino al 5 per cento entro il 2030 e addirittura al 30 per cento entro il 2080. In secondo luogo vengono gli effetti sulla salute, con una nuova crescita dell' incidenza della malaria, oltre a diarrea e arresto della crescita, e infine i non trascurabili effetti sulla produttività del lavoro dovuti ad alte temperature (Figura 4) .
L'impatto dei cambiamenti climatici inciderebbe pesantemente sui prezzi dei prodotti alimentari in Africa, fino al 12 per cento nel 2030 e al 70 per cento entro il 2080, un duro colpo per quelle nazioni in cui il consumo di cibo delle famiglie più povere ammonta a oltre il 60 per cento della spesa totale. Le perdite nel settore agricolo e gli aumenti dei
prezzi dei generi alimentari possono avere un forte impatto sui consumatori più vulnerabili: il picco dei prezzi alimentari del 2008 ha spinto circa 100 milioni di persone nella povertà, quello del 2010-11 aumentò la povertà di altri 44 milioni.

I disastri naturali, purtroppo, sono destinati a diventare sempre più intensi e frequenti in molte regioni: si calcola che circa il 75 per cento delle ondate estreme di calore e il 18 per cento delle precipitazioni estreme siano imputabili al riscaldamento globale.
Il caldo eccezionale rischia di diventare comune. In Europa, le temperature dell'estate 2003, che hanno causato più di 70.000 morti, saranno nella norma. Alla fine di questo secolo, in uno scenario high-emissions (in cui la temperatura media globale aumenti di circa 4 ° C entro il 2100), il numero di giorni di siccità nel mondo potrebbe aumentare di oltre il 20 per cento entro il 2080, e il numero di persone esposte alla siccità potrebbe aumentare del 9-17 per cento nel 2030 e 50-90 per cento nel 2080 (Figura 5 e Figura 6).
Il numero di persone esposte a inondazioni, fluviali (Figura 7) o marine, potrebbe crescere del 4-15 per cento nel 2030 e 12-29 per cento nel 2080. L'impatto climatico futuro è comunque difficile da pronosticare, dipendendo da un numero quasi infinito di possibili sviluppi socio-economici che dovrebbero essere presi in considerazione.
Sembrano inevitabili sforzi tesi a migliorare la resistenza dei poveri (Figura 8), come il rafforzamento delle reti di sicurezza sociale e la copertura sanitaria universale, ma insieme a misure specifiche per il clima, per esempio difese dalle alluvioni con metodi più moderni, sistemi di allerta preventivi e colture resistenti a temperature più elevate, oltre all'impegno prioritario di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, concepito in modo di non gravare sui poveri stessi. I risparmi ottenuti eliminando i sussidi ai combustibili fossili potrebbero per esempio essere reinvestiti in programmi di assistenza per aiutare le famiglie povere a far fronte ai maggiori costi del carburante.
Nei paesi poveri, il sostegno della comunità internazionale sarà essenziale per realizzare molte di queste misure . Ciò è particolarmente vero per gli investimenti ad alto costo-- come il trasporto urbano o infrastrutture energetiche resilienti - che sono cruciali per evitare di restare intrappolati in modelli ad alta intensità di carbonio.

La relazione esamina anche soluzioni politiche rivelatesi efficaci per dimostrare che un buon sviluppo è in grado di proteggere i poveri dalle avversità climatiche. Ad esempio, dopo il tifone Yolanda, le Filippine sono riuscite a utilizzare il sistema di Conditional cash transfer (CCT) esistente per distribuire rapidamente i finanziamenti di emergenza alla popolazione colpita. In Uganda, la combinazione di nuove varietà vegetali e l'applicazione di metodi scientifici e conoscenze moderne hanno aumentato il reddito agricolo delle famiglie del 16 per cento.
Proprio in questi giorni, per concludere con una nota di speranza, è giunta eco di due inchieste potenzialmente epocali, che si vanno ad aggiungere al caso Volkswagen: a Manila 50 grandi aziende di petrolio, gas e carbone potrebbero essere condannate per violazioni dei diritti umani e per gli impatti disastrosi del global warming, mentre a New York Exxon Mobil è indagata per bugie e manipolazioni su clima ed emissioni.