1 - Le vie liberali

Se il Populismo avesse come caratteristica la sola polemica verso le élite, mentre dichiara di perseguire un programma di mutamento, non sarebbe diverso da un qualsiasi partito che agisce in democrazia, dove è del tutto legittimo volere il ricambio delle classi dirigenti. Se il Populismo avesse come ulteriore caratteristica il perseguire delle politiche a favore di chi non fa parte delle élite, non sarebbe di nuovo in nulla diverso da un partito politico “popolare”, dove è del tutto legittimo perseguire gli interessi di una parte della cittadinanza. Il Populismo degli ultimi anni mostra queste due connotazioni per niente “eversive”, ma le manifesta con una modalità tutta particolare. Ed è proprio questa modalità che preoccupa.

Per meglio mettere a fuoco l’originalità del Populismo, può essere utile una sintesi delle caratteristiche delle due vie alternative maggiori che sono il cuore delle democrazie. In questo modo si dovrebbe vedere meglio come il Populismo emerga come “terza via”, come fenomeno con modalità proprie.

I liberali “classici" credevano che lo sviluppo economico che si sarebbe ottenuto attraverso un mercato sempre più libero e in espansione potesse alimentare un ordine sociale e politico in cui la prosperità crescente avrebbe superato il malcontento che intanto si poteva formare. La stabilità, l’equilibrio e l’ordine, infatti, non si sarebbero manifestate subito ma nel corso del tempo: l’economia genera il progresso attraverso la "distruzione creatrice" e solo con il trascorrere del tempo, e anche con costi elevati, si ottiene, il consenso grazie alla "marea crescente" della prosperità.

I liberali “progressisti" denunciano la disuguaglianza economica che deriva dalla “distruzione creatrice”, non la “distruzione creatrice” come tale, e condividono l’idea che il progresso possa dar luogo alla stabilità in un tempo ragionevole. I liberali progressisti, oltre ad una maggiore uguaglianza economica, chiedono un maggior dinamismo nell'ordine sociale che abbia lo scopo di soppiantare il conservatorismo della “gente comune”. Un obiettivo - ritenuto importante per spingere ulteriormente il progresso - che cercano di ottenere con la sostituzione delle forme tradizionali di famiglia e di identità sessuale.

Qui alberga una importante differenza con i liberali classici. Questi ultimi vogliono un sistema che ruoti intorno ai mercati, ma anche un sistema che lasci liberi gli individui in campo morale.  Entrambi i liberali – siano "classici" oppure "progressisti" – credono che il progresso sia il solo mezzo per diffondere il benessere sia materiale (economico) sia spirituale (le libertà). Per entrambe le scuole liberali la convivenza pacifica può essere raggiunta a condizione che il controllo dell'ordine politico sia riservato alle élite, perché solo queste possono assicurare l’arrivo delle benedizioni del progresso.

Questa lunga marcia attraverso le benedizioni del progresso è ostacolata dalla “gente comune” (la non-élite). Questa parte piuttosto numerosa della cittadinanza trova i frutti del progresso destabilizzanti in campo occupazionale, un affronto alle credenze nei rapporti tra sessi, un attentato all’identità per l’arrivo in massa dei migranti Ed ecco il populismo. Vediamo che cos’è, che cosa propone, e che cosa mette in pratica.

 2 - La via del Populismo

Il Populismo è una corrente politica contraria al potere costituito, favorevole all'autoritarismo, e al “nativismo”. Il Populismo ha fede nella saggezza (perchè sa in partenza che cosa si deve fare), e nella virtù della gente “ordinaria” (ordinary people, silent majority) in contrapposizione alle classi dirigenti che sono “corrotte” (e incapaci, da qui la polemica sugli specialisti che nulla sanno, o sull'inutilità del sapere scientifico).

Si noti che la gente ordinaria è considerata dai populisti una massa omogenea capace di esprimere un solo punto di vista, talmente ovvio (facile da conoscere senza alcuna ricerca e prova dei risultati) da essere tosto condiviso. Il punto di vista della massa (“massa”, dal greco massein, fare la pasta, un verbo che indica un qualcosa di informe ed elastico che viene lavorato) si esprime attraverso il leader. Il quale ultimo è un vortice pneumatico che aspira l'informe volontà del popolo dando così direzione agli eventi.

Come si vede, siamo agli antipodi della democrazia liberale. Questa è fatta di controlli, di contro poteri, insomma di “grigiori”. Lo scopo di questi ultimi è inibire l'arrivo dei duci. Nel Populismo: a) è il leader che guida il suo popolo contro i governi parlamentari che sono sottoposti a molteplici controlli; b) è presente una cultura che privilegia il lato nativo a quello cosmopolita. Insomma, è l'opposto di tutto quello che in Europa e negli Stati Uniti si è faticosamente raggiunto nel corso del tempo.

Il Populismo non è un correttivo della democrazia liberale, nel senso che, a differenza di quest'ultima, avvicina per davvero la politica al popolo, così asserendo la sovranità popolare. L'avvicinare la politica al popolo senza contrappesi non è un completamento della democrazia liberale (la democrazia “popolare” dei Paesi dell'Europa dell'Est era un altro animale politico), ma una forma di “ducismo”.

3 - Economia del Populismo

Da un’osservazione dei suoi elementi costituivi, qui ridotti all’osso, emerge la logica di molti dei provvedimenti presi, o che desiderano prendere, i populisti.
Oggetto dell’analisi è in questo caso l’Italia e da quanto segue emerge anche il comportamento populista di chi ufficialmente non lo è mai stato, oppure lo è diventato, perché è alla ricerca di alleanze con il Populismo.

Gli elementi costituivi della economia populista:

I bisogni sono fissi. Uno mangia x etti di pasta, consuma z paia di scarpe e percorre y chilometri in macchina. Questi bisogni vanno soddisfatti, quali che siano i loro prezzi. Se il prezzo della pasta scende e quello delle scarpe sale, non potrò mettermi la pasta ai piedi. Dunque i prezzi relativi non contano.

I metodi di produzione sono fissi. Per produrre una scarpa ci vuole x cuoio, z macchine e y lavoro. Ne discende che non solo i prezzi relativi dei beni, ma anche i prezzi relativi dei fattori di produzione sono irrilevanti, dato che la stessa combinazione di capitale, lavoro, e materie prime va usata sempre. Dunque, poiché le cose da produrre sono fisse, anche i fattori di produzione sono fissi.

Dagli elementi costitutivi dell’economia populista, il cui nucleo, a ben guardare, è l’assenza del mutamento tecnologico, o, se si preferisce, di “distruzione creatrice”, ricaviamo le implicazioni:

se tutto è fisso, non ha importanza la forma contrattuale che si adotta. Per produrre dieci tonnellate di pasta servono due lavoratori. Assumerli a tempo indeterminato o a tempo determinato non fa differenza, dato che si produrranno dieci tonnellate di pasta. Quindi, si possono trasformare i contratti a tempo determinato in quelli a tempo indeterminato, senza che ciò cambi l’offerta di beni. I lavoratori a tempo indeterminato hanno un maggiore potere contrattuale e potranno ottenere dei salari maggiori.

I prezzi non hanno un ruolo di allocazione, dal momento che le quantità di beni domandati e le quantità di beni volti a produrli sono fissi, ma ne hanno uno nella re-distribuzione del reddito.

Se i prezzi redistribuiscono solo il reddito, ci si può opporre alla liberalizzazione delle licenze di taxi. Lo scopo di quest’ultima è aumentare il benessere dei consumatori grazie ai minori prezzi che spingono a una crescita della domanda che è soddisfatta da un maggior numero di taxi e di conducenti di taxi in circolazione. Ma in un mondo in cui i bisogni sono fissi, i minori prezzi non generano un aumento delle persone che usano il taxi e quindi l’occupazione nel settore. La gente va in taxi quando deve andare, e va indipendentemente dal prezzo. Far scendere i prezzi della corsa in taxi, alla fine, serve solo a trasferire del reddito dai tassisti ai consumatori dei loro servizi.

Dato che la quantità di lavoro è fissa, un modo efficace di ridurre la disoccupazione è mandare in pensione anticipatamente i lavoratori anziani. Il loro posto verrà così occupato dai più giovani

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4 - Autocrazia e Populismo

Passiamo dall’Italia, che è una democrazia dove i populisti hanno un peso ma non dominano, all’esperienza di altri paesi dove dominano. Abbiamo due temi:

Il primo, che cosa succede quando i populisti prendono il potere e mettono a tacere i contro poteri come il sistema giudiziario e la libertà di espressione e di associazione, creando una autocrazia.

Il secondo, perché in questi paesi ha un ruolo così importante il nazionalismo esasperato dei populisti.

L’assenza di vincoli legali e politici rende facile la gestione auto referenziale del potere. Chi trae benefici dal potere potrebbe perdere quel che ha ottenuto se non si accoda ai potenti proprio per l’assenza di “certezza del diritto”. Perciò chi emerge ha tutto l’interesse a partecipare al regime. Il regime non va immaginato come uno scambio di buste con denaro che passa sotto il tavolo. Piuttosto, è l'uso di procedure come l’appalto pubblico in cui si presenta un solo offerente, o in cui al bando è abbinato un offerente fasullo. Il vantaggio di chi esercita il controllo in uno stato autocratico è il potere di perseguitare gli innocenti abbinato al potere di proteggere i colpevoli.

Il nazionalismo, da che era un mezzo per smantellare gli imperi coloniali, sta diventando un veicolo per rimuovere i vincoli al potere del governo che, non potendo ammettere di volere la “museruola” per la stampa e i tribunali purgati, accusa giornalisti e giudici di essere traditori o agenti di potenze straniere. Il nazionalismo “buono”, come potrebbe essere quello di Mazzini, compatta politicamente il paese, oppure sorge, nel caso dell’Ucraina, come spinta per la difesa. Quello “cattivo” alimenta la paura e il sospetto degli estranei, che possono essere gli stranieri e/o i concittadini che non condividono l’azione del governo.

Un’analisi mostra una correlazione nei paesi autocratici fra il nazionalismo crescente e la corruzione, anch’essa crescente. Una spiegazione della relazione potrebbe essere questa:

I politici che suscitano passioni nazionaliste per vincere le elezioni, una volta vinte, coinvolgono i propri compari, così da catturare lo stato.

Questa è una condizione necessaria ma non sufficiente per la corruzione. Quella sufficiente è la repressione. Se i critici sono bollati come traditori, e messi fuori gioco, si possono eludere i controlli e usare i beni pubblici a proprio favore.

 

 

Fonti

Patrick J Deneen, Regime Change, Sentinel

Michael Lind, The New Class War, Atlantic Books

Wendy Brown, Undoing the Demos. Neoliberalism’s Stealth Revolution, Princeton U.P.

Jan Werner Muller, Populism, Pennsylvania U.P.

Sandro Brusco, Perché si dicono tante sciocchezze nel dibattito economico italiano, Noise from Amerika

Jan Werner Muller, Democracy Rules, Penguin

The Economist, How cynical leaders are whipping up nationalism to win and abuse power