La nostra idea è liberale, nel senso civico che sottolineava Luigi Einaudi: prima conoscere, poi discutere, poi deliberare. Pensiamo non sia una Predica inutile, nell’Italia diventata il Paese dell’incontrario, patria del rovescio anziché culla del diritto.
È una visione che ci porta a osare. E a proporre un prodotto che non c’è. Almeno, che noi non abbiamo trovato.
Dobbiamo essere realisti, dire crudamente la verità sull’economia, la finanza, la politica e la cultura. Ma con la cifra dell’ottimismo della volontà. Siamo sinceri: se cerchiamo il massimo della critica c'è già Il foglio; se desideriamo il graffio profondo della polemica, c'è già L’Inkiesta; entrambe sono testate schierate in senso liberale, utili e preziose, ma all'attacco. E venate di pessimismo.
Noi ci rivolgiamo a decisori pubblici e privati, a una classe dirigente che vorremmo tornasse a essere tale: civica, essenziale, preparata, capace di guardare lontano. Imprenditori e uomini di affari sono persone ottimiste per natura. Il nostro intento è provare a scrivere con questo stile, fornendo dati, strumenti, pensiero. Il che non significa non raccontare che la sovranità italiana è limitata dal debito pubblico, con buona pace dei sovranisti. Ma, anziché dire che quindi tanto vale capitolare a Bruxelles, qualunque cosa dica, diremo che a Bruxelles dobbiamo molto e perciò cercheremo di spiegare come utilizzare il legame da cui ormai dipendiamo per tornare a crescere. Certo, scriveremo di sviluppo: ormai lo sanno anche i muri che il problema si annida nella produttività bassa e gli investitori preferiscono altri Paesi, alimentando il circolo vizioso. Ci sforzeremo di trovare idee perché nel nostro Belpaese, investendo in un certo modo, la produttività torni a salire.
Insomma, intendiamo scrollarci di dosso un po' di amore per la critica e per la polemica, non per inseguire l'ottimismo ingenuo, ma per indicare una strada e una ragione ai decisori per continuare a investire nel nostro mondo economico. Contaminando discipline, confrontando anche le visioni, quelle serie. Un nuovo Mondo Economico. Ovvero una narrazione diversa, costruttiva, del vero, per brutto che sia, ma anche del possibile. In fondo è proprio questo il prodotto che manca.
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