In giugno cardinale ha licenziato Maldini e Massara. Mezz’ora scarsa di colloquio in un anonimo hotel del centro - neanche nella sede del club - e cinque righe di Comunicato per dire che il rapporto con un uomo e una famiglia che hanno rappresentato la storia di una grande società di calcio era risolto.
Il 23 giugno il Milan ha venduto Sandro Tonali al Newcastle, i nuovi ricchi del calcio mondiale controllati dal Fondo PIF (Public Investment Found di Mohammad bin Salman, principe ereditario dell’Arabia Saudita), 10 volte più ricchi del City e 50 volte più ricchi del PSG, soli 4 campionati inglesi vinti di cui l’ultimo nel 1927, che in due anni di nuova proprietà sono passati dall’essere ultimi in classifica nella Premier League al qualificarsi per la Champions: Sandro Tonali, per i tifosi del Milan e per sua stessa ammissione e desiderio, era destinato ad essere la bandiera e il capitano della squadra per i prossimi anni.
In poco più di 15 giorni il capitano del passato e il capitano del futuro del Milan, che insieme avevano appena finito di vincere dodici mesi fa uno scudetto atteso da 11 anni, sono stati spazzati via da una proprietà americana - un fondo di investimenti - di nome RedBird. Perché? E cosa c’entra questo con l’intelligenza artificiale?
A proposito di AI
Uno dei consulenti di Gerry Cardinale, patron di RedBird, si chiama Billy Beane e la sua storia è stata fatta conoscere al grande pubblico dal film del 2011 Moneyball (in italiano “L’arte di vincere”), interpretato come attore protagonista da Brad Pitt e diretto da Bennet Miller: il film racconta la storia di Billy Beane che, da general manager degli Oakland Athletics di baseball, negli Anni Novanta rivoluziona la Major League con un approccio al reclutamento dei giocatori e alla creazione della squadra basato su medie e algoritmi e non su esperienza e intuizione dei manager; Moneyball, appunto.
Billy Beane e il suo team sviluppano questo metodo per competere con squadre più ricche e con maggiori risorse. La teoria alla base di Moneyball è che il tradizionale sistema di valutazione dei giocatori sia basato su criteri soggettivi e spesso poco accurati. Beane adotta invece un approccio basato sui dati statistici focalizzandosi su indicatori oggettivi e fattori chiave che contribuiscono al successo in campo. Attraverso l'analisi dettagliata di queste statistiche, Beane individua giocatori sottostimati o poco apprezzati dal mercato, ma che possono avere un impatto significativo sulla sua squadra. Recluta quindi giocatori con abilità specifiche che si adattano al suo modello statistico, piuttosto che seguire le tradizionali valutazioni basate su talento, aspetto fisico o popolarità.
I risultati oltre ogni attesa
L'approccio di Beane porta a risultati sorprendenti: nonostante il budget limitato, gli Oakland Athletics riescono a raggiungere una serie di successi mai raggiunti prima nel corso degli anni e ancora oggi vengono considerati il paradigma di come squadre con risorse finanziarie limitate, grazie ai vantaggi competitivi dell’analisi dei dati, possono competere con successo contro quelle più ricche.
Il nuovo Milan di RedBird punterà molto sugli algoritmi e sui dati applicati al calcio e per questo Billy Beane è il filo geniale di dati che unisce il baseball e il pallone, gli Oakland Athletics e il Milan. È il consulente ideale per il club di Gerry Cardinale e diventerà un punto di riferimento per il mercato del Milan. Ma se c’era una squadra che ricordava quegli Oakland, l’ho detto spesso quando guardavo il film con mio figlio in una sera d’inverno, era proprio il Milan dello scorso anno, quello dei Maldini e dei Tonali, con l’umanità dei suoi giocatori e dei suoi uomini.
Ora, perché percorrere un cammino sull’Intelligenza Artificiale parlando di sport e, soprattutto, di algoritmi antecedenti a quelli “di ultima generazione” di cui si riempiono le pagine dei giornali?
Perché non saranno le grandi sfide tecnologiche quelle che si porranno dinanzi al genere umano nei prossimi anni: saranno le grandi sfide etiche.
Il «Test di Turing»
Sin dagli inizi degli Anni ’50, quando Alan Turing teorizza il "Test di Turing" per valutare se una macchina abbia la capacità o meno di pensare come un essere umano, l’intelligenza artificiale viene considerata lo spartiacque tra un futuro solo umano e un futuro di condivisione tra uomo e macchina.
E sin da subito sono ben chiari i problemi etici che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale avrebbe posto all’uomo. Può una macchina pensare? Può una macchina sostituirsi all’uomo? Può una macchina decidere al posto di un uomo? Può una macchina uccidere l’uomo o arrivare a distruggere l’umanità?
Sono gli stessi problemi etici che oggi, a distanza di settant’anni, si ripropongono quanto mai attuali soprattutto dopo la recente lettera aperta di Sam Altman – ceo di OpenAI: la società che ha creato ChatGPT – e di altri 350 esperti che, nelle settimane scorse, ha messo in guardia l’opinione pubblica rispetto agli sviluppi dell’intelligenza artificiale: la lettera ha dato vita, ovviamente, ad un aspro e combattuto dibattito tra ottimisti e pessimisti in merito al futuro del genere umano.
Troveremo modo, nei prossimi contributi, di sviluppare i temi della contrapposizione tra le sfide tecnologiche e le sfide etiche e quelli delle varie posizioni in merito al futuro dell’intelligenza artificiale: ci permettiamo però di anticipare il nostro punto di vista in merito utilizzando quello che può essere considerato un momento di sintesi “realistico” tra le diverse posizioni in campo. Ovvero le parole utilizzate da Yuval Noah Harari nel suo libro “21 Lezioni per il XXI Secolo”.
L’intelligenza e la coscienza sono fenomeni ben distinti. L’intelligenza è la capacità di risolvere problemi. La coscienza è la capacità di provare cose come la paura, la gioia, l’amore e la rabbia. Tendiamo a confonderle perché negli esseri umani esse sono associate: noi risolviamo i problemi in base a ciò che proviamo: i computer, invece, li risolvono in tutt’altra maniera.
L’IA dovrà analizzare i sentimenti umani con gran scrupolo per curare malattie umane, individuare terroristi umani, consigliare partner umani e percorrere una strada piena di pedoni umani. Ma lo farà senza provare essa stessa sentimenti. Un algoritmo non ha bisogno di provare gioia, rabbia, paura o amore.
Useremo quindi gli algoritmi con sempre maggiore frequenza, perché decidano per noi, e i computer arriveranno a risolvere i problemi molto meglio degli umani ma lo faranno senza provare sentimento alcuno.
Non c’è ragione di temere che l’IA da intelligente possa diventare in qualche modo cosciente. Non è del tutto impossibile, infatti, in linea teorica che l’IA possa sviluppare in futuro sentimenti tuttavia sembra del tutto inverosimile la programmazione di computer coscienti in un futuro prossimo e di conseguenza assai poco verosimile il fatto che gli algoritmi possano arrivare in qualche modo a manipolarci in modo consapevole.
Nonostante l’immenso potere che avrà l’IA il suo utilizzo continuerà a dipendere dalla coscienza umana.
Comunque, gli algoritmi sanno dirti quante volte un esterno converge e calcia con il piede buono, quanti palloni recupera a partita, quanti metri corre con la palla al piede. Ma non sanno quantificare quanto cuore ci mette per recuperare quei palloni né quante volte devia dai suoi compiti per soccorrere ed aiutare un compagno. E non riescono a tarare il senso di appartenenza che può legare un giocatore alla sua maglia.
Tra ologrammi e robot
Il Midtjylland, squadra danese tra le prime a trasferire questo metodo nel calcio, oppure il neo campione d’Europa De Bruyne, che per discutere il suo contratto non si avvale di un agente o di un procuratore ma di un team di data analyst, sicuramente saranno seguiti, giustamente ed in modo sacrosanto, da moltissimi altri ed il mondo del calcio ne avrà enormi benefici. Ma con chi parleranno adesso i ragazzi del Milan che ogni giorno a Milanello potevano, soprattutto nei momenti di difficoltà, guardare negli occhi un uomo come Paolo Maldini? Con un algoritmo ologramma o con un robot psicologo?
Tutti i tifosi del Milan augurano un radioso futuro alla loro squadra con l’acquisto dei migliori giocatori del pianeta: Cardinale però potrà sì vincere la sua sfida tecnologica e finanziaria - perché la sua non è una sfida sportiva e non tiene minimamente conto della storia e della tifoseria di una società - ma sicuramente ha già perso quella, etica, della sua umanità.
© Riproduzione riservata