Ludwig von Mises amava ripetere che nulla riesce a tenere uniti i tedeschi quanto l'odio per il liberalismo. Come per molte altre generalizzazioni, la frase di Mises contiene qualche elemento di verità. La fuoriuscita del partito liberale (FDP) dal Bundestag lo scorso settembre, dopo sessantacinque anni di ininterrotta presenza tra i banchi parlamentari, pare volerlo simbolicamente confermare. Il rapporto dei tedeschi con la libertà, in particolar modo con la libertàeconomica, è storicamente segnato da forte diffidenza e sospetto.
1. Lo ha riconosciuto anche il Presidente della Repubblica federale, Joachim Gauck, in un suo mirabile discorso, tenuto a Friburgo il 16 gennaio scorso, in occasione del 60esimo anniversario dalla fondazione del Walter Eucken Institut, l'istituto di ricerca dedicato al padre dell'ordoliberalismo tedesco.
«Molti tedeschi considerano l'economia di mercato efficiente, ma ingiusta", ha detto Gauck. Secondo un recente sondaggio, essi associano al termine economia di mercato un "buon approvvigionamento di merci" oppure "benessere", ma anche "avidità" ed "egoismo". Niente di nuovo. Analoghe ricerche sull'anima dei tedeschi mostrano da decenni una simpatia costante per gli interventi dello Stato nell'economia. Già il Presidente Heuss (l'unico liberale eletto Presidente della Repubblica tra il 1949 e il 1959) parlò di un sentimento anticapitalista dei tedeschi, che egli giustamente considerava un «antiliberalismo mal ponderato».
Nel suo discorso Gauck cerca quindi di dissipare dubbi e sospetti dei tanti cittadini che considerano il "neoliberismo" quasi una parolaccia («È davvero strano che il termine neoliberale abbia oggi una connotazione così negativa»), chiedendo che nei dibattiti pubblici si mostri «maggiore rispetto e onestà intellettuale» per una scuola di pensiero che (anche grazie a personalità come il "Ministro del miracolo economico" Ludwig Erhard), ha contribuito a far risorgere la Germania dalle macerie morali ed economiche della II guerra mondiale. Ma Gauck nel suo discorso è andato ancora oltre. Non solo ha chiesto rispetto per i liberali ed il liberalismo, ma ha anche sposato in pieno le tesi della scuola di Friburgo.
2. L'Ordnungspolitik di Walter Eucken è considerata in Germania uno strumento essenziale per un'economia di mercato funzionante: senza regole generali e astratte poste dallo Stato, che siano in grado di evitare la concentrazione monopolistica, o arbitrari interventi del legislatore, non potrebbe darsi un'economia sociale di mercato (soziale Marktwirtschaft). A differenza del liberalismo di Bruno Leoni, che considerava legittimi e persino giusti i cartelli nati sul libero mercato, il liberalismo della Scuola di Friburgo combatte sia l'eccessiva regolamentazione statale, sia l'espansione del potere di poche società o istituzioni private attraverso l'Antitrust. Il concetto di "economia sociale di mercato", nato a Friburgo, viene d'altra parte stiracchiato dagli esponenti di ogni partito, insistendo talora più sull'aggettivo sociale, talora più sul sostantivo mercato.
Nel discorso di giovedì scorso, Gauck, pur rendendo omaggio all'ordoliberalismo di Eucken e al ruolo giocato dalla Commissione europea in questi decenni nell'evitare la formazione di monopoli e cartelli, ha criticato gli eccessi di mercato senza per questo scadere nella solita retorica sull'abuso di posizione dominante delle corporation. In particolare, Gauck ha citato una frase dell'opera di Eucken che si può interpretare come un monito alla regolamentazione statale o a una malintesa "Ordnungspolitik": «Il mantenimento della libertà può diventare un pericolo per la stessa libertà, se rende possibile la formazione di poteri privati in grado di produrre energie distruttive per la libertà». Secondo Gauck, nel mondo contemporaneo questi poteri sarebbero le banche, le quali, «insieme con i fallimenti provocati dalla politica, hanno gettato gli Stati in una profonda crisi e, in quanto too big to fail, hanno costretto gli Stati a salvarle». Ma «le banche hanno potere perché sono davvero troppo grandi, o soltanto perché lo sembrano?» si chiede il Presidente tedesco, lanciando una provocazione sulla fallibilità degli istituti di credito a politici ed economisti di ogni Paese.
Non solo, per Gauck l'intervento dello Stato può essere mirato ad assicurare o mantenere privilegi di alcune società o istituzioni, «magari con l'obiettivo comprensibile di garantire lo sviluppo di questo o quel settore». Un modo come un altro per ripetere ciò che non è mai abbastanza ovvio, ossia che il liberale è sempre pro-market e mai pro-business. Gli interventi dello Stato, continua Gauck, «anche se pensati a fin di bene, alla lunga possono condurre a escludere le persone dalla società più che a includerle». La libera concorrenza invece, «assicura sempre la partecipazione».
E sull'importanza della concorrenza come motore di innovazione e libertà, Gauck dedica diversi passaggi del suo testo. «Troppe persone considerano la concorrenza qualcosa di scomodo. È faticoso doversi sempre misurare con gli altri. E se dobbiamo ogni volta reinventarci, possiamo anche fallire in continuazione (...) Umanamente questo è comprensibile, ma vale la pena chiarire che cosa sia davvero la concorrenza: una forza liberatrice. Abbatte antichi privilegi e strutture di potere ben cementate, offrendo maggiore spazio per la condivisione e la partecipazione. Essa offre, anche in caso di fallimento, una seconda e una terza chance a ciascuno». Un mondo senza concorrenza sarebbe insomma un mondo peggiore, un mondo «dominato da protezionismo, corruzione e interventi dello Stato volti a soddisfare interessi di singoli», un mondo che somiglia a quello che Joachim Gauck ha conosciuto da vicino nella Repubblica democratica quando era pastore protestante, e che non si vergogna di annoverare, accanto all'Unione sovietica e alla Germania nazionalsocialista, tra i modelli di sviluppo economico da condannare all'oblio.
Anche le origini della crisi attuale risiederebbero, secondo il Presidente tedesco, in un'assenza di libertà, visto che «la cornice regolatoria non ha assicurato che le banche riducessero in misura accettabile i loro rischi e fossero poi responsabili delle perdite provocate. A loro volta, gli Stati finiscono per essere dipendenti da altri, perché non hanno fatto le riforme quando era il momento di farle, bensì hanno servito interessi particolari e i loro debiti pubblici sono diventati troppo elevati».
3. Criticato dagli ecologisti e dalla corrente sinistra del partito socialdemocratico, il discorso di Gauck è il primo grande discorso in materia di politica economica pronunciato dal Presidente federale da quando risiede allo Schloss Bellevue. Già in passato, tuttavia, Joachim Gauck era intervenuto sul tema della libertà in diversi simposi e conferenze organizzate dal partito liberale tedesco. Il discorso di ieri non voleva ovviamente essere soltanto una testimonianza di chi ha vissuto in prima persona il regime di pianificazione socialista, ma anche e soprattutto un appello ai politici (in particolare quelli della nuova Große Koalition) e agli elettori perché riflettano sul valore inestimabile della libertà economica.
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