Entro il 2025 più della metà delle attuali mansioni sul posto di lavoro saranno eseguite da macchine. Una trasformazione che avrà forti ripercussioni, non necessariamente negative
Il mondo del lavoro sta attraversando una rivoluzione che porterà probabilmente a un cambiamento radicale nel modo in cui esso è stato inteso fino a ora.
La tecnoscienza, l’automazione e la robotica si stanno ormai spingendo anche oltre quei limiti che fino a pochi anni fa appartenevano alla sfera della letteratura di intrattenimento e alla fantascienza, creando nuove sfide, opportunità e problemi non solo tecnologici ma anche culturali, da sempre legati alla innovazione stessa. Siamo all’alba di un’epoca di lavoratori androidi?
Secondo una nuova indagine condotta dal World Economic Forum fra funzionari delle risorse umane e amministratori delegati di oltre 300 società appartenenti a una vasta gamma di settori industriali di 20 economie sviluppate ed emergenti (Figura 1), entro il 2025 più della metà di tutte le attuali mansioni sul posto di lavoro saranno eseguite da macchine.
Una trasformazione che avrà forti ripercussioni sulla forza lavoro mondiale, non necessariamente negative (Figura 2): ben 133 milioni di nuovi posti di lavoro dovrebbero infatti essere creati entro il 2022, mentre 75 milioni saranno a rischio di ricollocamento o spariranno, nell’ottica di una nuova divisione del lavoro tra umani, macchine e algoritmi.
La ricerca, The Future of Jobs 2018, è un tentativo di comprendere il potenziale e l’impatto delle nuove tecnologie sull’occupazione e di fornire indicazioni su come migliorare la qualità e la produttività del lavoro attuale svolto dagli esseri umani e su come preparare le persone ai ruoli emergenti (Figura 3 e Figura 4).
Il rapporto rileva che il 54% dei dipendenti di grandi aziende avrebbe bisogno di riqualificazione (Figura 5) per sfruttare appieno le opportunità di crescita offerte dalla quarta rivoluzione industriale. Allo stesso tempo, poco più della metà delle aziende intervistate ha dichiarato di aver pianificato di riconfermare solo quei dipendenti che ricoprono ruoli chiave, ma solo un terzo ha pianificato anche di riqualificare i lavoratori a rischio. Peraltro, l'85% delle aziende afferma di affidarsi principalmente a dipartimenti interni specializzati della propria organizzazione per fornire opportunità di riqualificazione.
Mentre quasi il 50% di tutte le aziende prevede una riduzione della forza lavoro a tempo pieno entro il 2022 a causa dell'automazione, quasi il 40% prevede in generale di estenderla e più di un quarto si aspetta che l'automazione crei nuovi ruoli nella propria azienda.
Sia ottimismo che prudenza, dunque. Le prospettive per la creazione di posti di lavoro oggi sono molto più positive rispetto a qualche anno fa, in quanto le imprese hanno una comprensione molto più ampia delle opportunità offerte dalla tecnologia. Il sempre crescente automatismo porterà comunque con sé significativi cambiamenti nella qualità, ubicazione, forma e permanenza dei ruoli.
Gli impieghi destinati ad avere una crescente domanda in tutti i settori industriali (Figura 6) sono analisti di dati e scienziati, sviluppatori di software e applicazioni, specialisti di e-commerce e social media: tutti ruoli che sono significativamente basati o potenziati dalla tecnologia. Anche gli impieghi che fanno maggior leva sulle "abilità umane", come le vendite e il marketing, i manager dell'innovazione e gli addetti all'assistenza clienti, dovrebbero sperimentare una domanda crescente. I lavori che si prevede diventino invece ridondanti riguardano in primis quelli di colletti bianchi basati sulla routine, come impiegati per inserimento dati, impiegati di contabilità e buste paga.
In effetti, le aziende sono destinate ad ampliare l’uso di appaltatori per i lavori specializzati, impegnando i lavoratori in accordi più flessibili, utilizzando personale a distanza e modificando i luoghi in cui opera la loro organizzazione per garantire l'accesso a nuovi talenti.
Le aziende intervistate riferiscono che oggi il 71% delle ore di attività totali sono eseguite dagli esseri umani, rispetto al 29% delle macchine (Figura 7). Entro il 2022, questa media dovrebbe passare al 58% delle ore di lavoro eseguite dagli esseri umani e al 42% dalle macchine.
Le competenze tecnologiche, come la progettazione e la programmazione tecnologica, insieme alle doti prettamente umane, come la creatività, il pensiero critico e la persuasione, assumeranno un'importanza sempre maggiore, dato che le aziende per rimanere dinamiche, differenziate e competitive in un'epoca di macchine dovranno innanzi tutto investire nel capitale umano. Un imperativo sia morale sia economico per affrontare la Quarta rivoluzione industriale.
Questa nuova fase avrà gli impatti più disparati, con un saldo dell'espansione e della contrazione della forza lavoro che sarà considerevolmente diverso nei vari settori. Ad esempio, la quota di aziende che prevedono perdite di posti di lavoro nei settori minerario e dei metalli, dei beni di consumo, dell'informatica e delle tecnologie è superiore a quella delle società nei servizi professionali. I ruoli e le competenze in declino in un campo stanno crescendo in altri, con potenziali opportunità per strategie coordinate di transizione di lavoro.
Tutte le industrie si aspettano di avere future carenze di competenze considerevoli: aviazione, viaggi e turismo si rivelano quelle con i più elevati bisogni di riqualificazione nel periodo 2018-2022. Le lacune nelle competenze sono fonte di preoccupazione anche nei settori dell'Information & Communication Technology, dei servizi finanziari e delle miniere e dei metalli, mentre i leader nei settori di sanità, chimica, materiali avanzati e biotecnologie hanno più probabilità di riqualificare i propri lavoratori.
Se gestita bene, anche a livello politico, una combinazione di riqualificazione e ampliamento di una serie di mansioni può creare davvero l'opportunità di una nuova e più elevata crescita. Ad esempio, la sostituzione delle attività fisiche con il lavoro meccanizzato, potrebbe lasciare spazio alle persone per concentrarsi su compiti con una produttività più elevata.
L'impatto dell'automazione sull'occupazione varierà poi anche tra Paesi e regioni, soprattutto perché le aziende globali considerano una serie di fattori strategici nella scelta di dove collocare ruoli lavorativi specifici e attività economiche.
Il 74% delle aziende ha indicato la disponibilità di talenti locali qualificati come la loro principale condizione nel determinare le posizioni di lavoro. Più della metà delle aziende intervistate per questo rapporto si aspetta, entro il 2022, di prendere in considerazione l'adeguamento della composizione delle proprie catene produttive in risposta all'adozione di nuove tecnologie, e poco meno della metà pianifica di indirizzare nuovi talenti modificando l'ubicazione delle loro operazioni. Questi risultati indicano il potenziale impatto delle strategie di gestione della forza lavoro sulla geografia dei posti di lavoro nell'economia globale.
Il rapporto rileva anche le differenze nella domanda di ruoli tra le regioni. La domanda di consulenti e analisti finanziari è forte in Asia orientale-Pacifico e nell'Europa occidentale; operai di fabbrica e addetti all’assemblaggio saranno necessari in America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Nord Africa, Asia meridionale e Africa sub-sahariana; gli ingegneri elettrotecnici sono richiesti in Nord America.
Sfruttare il potenziale di trasformazione della Quarta rivoluzione industriale richiederà sforzi coordinati tra le parti interessate in tutti i settori e le regioni per formulare una strategia completa di incremento della forza lavoro pronta a rispondere alle sfide di questa nuova era di cambiamento e innovazione.
Imprese, governo e lavoratori devono pianificare e attuare in modo proattivo una nuova visione per il mercato del lavoro globale.
Per i governi in particolare, vi è un'urgente necessità di affrontare l'impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro attraverso sistemi di istruzione aggiornati volti a migliorare sia le competenze tecniche sia le abilità sociali, comunicative e gestionali tra la forza lavoro futura; promuovere politiche sociali volte a sostenere un ecosistema di apprendimento permanente; reti di sicurezza per la gestione dell'impatto sociale delle trasformazioni della forza lavoro; e stimolare la creazione di posti di lavoro tenendo conto della domanda locale e globale di ruoli e competenze emergenti. Le industrie dovranno sostenere costi per la riqualificazione della propria forza lavoro attuale verso ruoli nuovi e più qualificati in quanto la competizione per attirare talenti si intensificherà e diventerà più costosa nei prossimi anni. Le industrie dovranno cercare di applicare questi criteri anche alle forze di lavoro temporanee e online a cui si affideranno. Per i lavoratori sarà necessario una maggiore iniziativa personale per essere pronti di fronte alla transizione attuale, soprattutto in riferimento al concetto di apprendimento permanente.
Ma, al di là di ciò che cercano le industrie, la sensazione è che il futuro offrirà sempre più spazio alle idee e alle iniziative personali, grazie a start up innovative e a nuove figure professionali, come assistenti sociali per social network, responsabili per la gestione e l’organizzazione della vita digitale e lo smaltimento dei dati personali, manager/consulenti della terza età, mentre le nuove tecnologie in campo medico, nell’agricoltura o nella lotta ai cambiamenti climatici esigeranno un continuo ricambio e aggiornamento delle attuali tecniche che rischiano l’obsolescenza nel giro di pochi anni.
Il futuro non pare comunque soltanto luminoso, come mostra un altro recente studio del McKinsey Global Institute. Infatti, se l'intelligenza artificiale da qui al 2030 potrà generare un giro d’affari di 13.000 miliardi di dollari, con un impatto sull’economia mondiale (Figura 8) doppio rispetto a quello prodotto dall'informatica negli anni Duemila, potrà creare altresì ulteriori disparità fra nazioni, aziende e lavoratori, se mal gestita. Chi tarderà ad abbracciare le innovazioni potrebbe avere difficoltà a ottenerne vantaggi, perché chi è stato più rapido (e probabilmente chi ha più risorse per permetterselo) ha già catturato opportunità, laddove i ritardatari stentano a sviluppare capacità e ad attrarre talenti.
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