Arrivano le donne
La fuoriuscita delle donne da una condizione di subalternità è una causa non secondaria della diseguaglianza in aumento. Si supponga, infatti, che i redditi maggiori siano di 30 mila euro e quelli minori di 10 mila. E si assuma che il reddito abbia un legame con l'istruzione. Se un uomo e una donna molto istruiti si sposano, il reddito della loro famiglia sarà di 60 mila euro. Se un uomo istruito sposa una donna non istruita, o viceversa, ma è meno probabile che questo accada, il loro reddito sarà di 40 mila euro. Se due persone poco istruite si sposano, il loro reddito sarà di 20 euro. Se i figli di quelli che guadagnano di più hanno accesso alle scuole migliori dove incontrano l’anima gemella con cui fanno dei figli che, studiando meglio, alla fine guadagneranno di più, ecco che si avrà una concentrazione dei redditi crescente.
Sono stati condotti degli studi in cui si nota che il reddito da qualche tempo si divarica, perché le persone di condizione sociale simile tendono a sposarsi più frequentemente di quanto accadesse una volta. Come controprova di quanto detto, prendendo una distribuzione del reddito casuale, ossia senza che si abbia in partenza una simpatia maggiore fra persone di condizione sociale simile, si ha una distribuzione del reddito che si concentra molto meno.
Insomma, se si ha una maggiore divaricazione del reddito, la “colpa” è delle donne, che, invece di studiare, ossia di accrescere il proprio capitale umano, dovrebbero “fare la calza”, ossia tenerlo basso. Non è un caso che nei paesi dove si vuole fermare la modernità le donne sono tenute fuori dall’istruzione superiore.
Quindi le donne sono una delle cause della diseguaglianza crescente. Si hanno altri effetti.
Le donne che concludono gli studi universitari sono ormai diventate più numerose degli uomini. In alcuni casi, molto più numerose. La Sardegna era la regione più prolifica del Bel Paese, ora è la meno prolifica. Allo stesso tempo, sempre in Sardegna, le donne con una istruzione superiore sono diventate molto più numerose degli uomini di pari istruzione. Esiste una relazione fra il divario di istruzione e la bassa fecondità? Un confronto internazionale mostra come (ovvio, una correlazione, non una causazione) a divari di istruzione minori si abbia una fecondità maggiore.
Abbiamo a che fare con un secondo nuovo fenomeno: l’uscita delle donne dalle mura domestiche contribuisce ad alimentare le diseguaglianze, mentre riduce la natalità. Non è chiaro se siano le donne che rinunciano alla maternità per poter perseguire una vita indipendente, oppure, se gli uomini, spaventati dai nuovi ruoli, ossia dalla caduta delle gerarchie che li favorivano, siamo solo complici, se non protagonisti, nel rinunciare a una progenie appena numerosa.
Arriva il settore immobiliare
Si hanno dei beni di ordine inferiore, come il cibarsi di pane e olive. Man mano che uno migliora il proprio tenore di vita, devolve all’acquisto del pane e delle olive una quota decrescente del proprio reddito. Ci sono dei beni di ordine superiore, come il fumare la pipa in pace ammirando il Cervino. Man mano che uno migliora il proprio tenore di vita, devolve all’affitto o all’acquisto di una casa davanti al Cervino una quota crescente del proprio reddito.
I “già ricchi” posseggono da molto tempo una casa davanti al Cervino. I “nuovi ricchi” sono disposti a pagarla molto più di quanto non l’avessero pagata i “già ricchi” in passato. Come mai? Di man in mano che l’economia cresce, cresce il numero di ricchi, ma le case davanti al Cervino sono sempre le stesse. Ergo, la domanda è crescente e l’offerta è rigida. I prezzi delle case davanti al Cervino salgono. Se si immagina che i prezzi potrebbero esplodere, il che accadrebbe se tutti i nuovi ricchi volessero comprar casa davanti al Cervino, si è trovata la spiegazione del perché si va alla ricerca di altri posti di grande bellezza meno cari. Da qui il ciclo: dalla Toscana al Monferrato. E questa dinamica spiega perché i “già ricchi” hanno quasi sempre le case in certi posti e i “nuovi ricchi” quasi sempre in altri.
Terniamo ora conto della ripartizione della spesa fra beni di ordine inferiore e superiore. E dunque, di man in mano che cresce il reddito nazionale, una quota crescente della spesa si sposta verso i beni non riproducibili, come è, nel nostro esempio, il paesaggio del Cervino. In gergo questi sono i “beni posizionali”. Si potrebbe obiettare che anche i grandi vini crescono di prezzo allo stesso modo: tutti i “nuovi ricchi” vogliono berli, ma le vigne sono sempre le stesse. C’è una differenza: i grandi vini possono essere apprezzati bevendoli individualmente, anche se tutti fanno lo stesso, mentre il paesaggio del Cervino, nel momento in cui tutti lo “consumano”, perde la propria attrazione. Perciò i beni “di lusso” e quelli “posizionali” sono molto diversi. L’auto è un bene posizionale “ibrido”. Tutti possono comprare l’auto, che è offerta a prezzi decrescenti perché è riproducibile, a differenza del paesaggio del Cervino. Se però tutti hanno l’auto, il traffico si intasa, l’aria si ammorba e l’automobile diventa meno attraente. Dunque il consumo individuale di automobili, a differenza del consumo di grandi vini, diventa poco attraente se tutti la usano, proprio come il Cervino. L’auto è il Cervino “per le masse”.
Gli immobili posizionali sono come le obbligazioni o come le azioni? Sono come le azioni perché hanno un dividendo (affitto) crescente. Sono come le azioni perché i luoghi esclusivi possono passare di moda e il dividendo (affitto) può cadere. Ma, a differenza delle azioni, non possono cadere più di tanto, perché, a condizione che l’esclusività sia mantenuta, troveranno sempre chi è disposto ad affittare o comprare. Cruciale dunque è il mantenimento dei vincoli paesaggistici e abitativi. La protezione del prezzo degli immobili posizionali è nelle mani delle Amministrazioni locali e delle Belle arti. Questo, a mal pensare, spiega la logica economica delle polemiche alimentate da chi usufruisce dei beni posizionali: le campagne contro la nuova orribile autostrada che rovina il meraviglioso paesaggio.
La terra, a differenza del capitale e del lavoro, è “immobile”. La terra, a differenza di altri beni, ha un'offerta “anelastica”, ossia non cresce, salvo il caso peraltro di modesta entità delle terre strappate al mare. La terra è “immortale”, perché c'era ai tempi dei dinosauri e potrebbe sopravvivere all'uomo (tecnicamente è “immortale”, come gli Dei dell’Antica Grecia, ma non “eterna” come il Dio dei monoteisti). Infine, la terra entra in tutte le attività economiche, è un “bene base”.
Esplode la domanda di un bene qualsiasi, ed ecco che i fattori vengono ricombinati per offrirlo a sufficienza, finché prezzi e quantità non raggiungono un equilibrio. Nel caso della terra non si può incrementare l'offerta. Si può sopperire all'offerta anelastica costruendo grattacieli, ma anche questa soluzione, che è perseguita, ha, a sua volta, un limite, che è l’intasamento, troppo umani per chilometro quadrato. L'offerta anelastica, infine, fa sì che la terra diventi una “riserva di valore”. Mentre il capitale industriale deperisce, la terra, proprio perché anelastica ed eterna, tende a rivalutarsi con l'economia e/o la popolazione che crescono. La terra diventa così uno strumento di garanzia per i crediti (il collaterale).
Dal che sui arguisce che le variabili cruciali sono: a) come le licenze edilizie sono regolate – alias il controllo dell'offerta, b) quanto l'industria finanziaria è libera di finanziare l'acquisto di un'attività avendo come garanzia dei propri crediti l'attività stessa.
Segue che: più l'offerta è limitata e più i prestiti sono “facili” più i prezzi salgono e si ha la “bolla immobiliare”. Una complicazione si ha quando una forte crescita dei prezzi degli immobili dovuta al credito facile, si combina con le politiche monetarie lasche: il credito continua a defluire in un settore a bassa produttività.
La ricchezza nel tempo si è trasformata, e quella di origine abitativa è quella che dopo la Seconda Guerra è cresciuta di più. Se si osserva la dinamica del reddito, si evince che la distribuzione del reddito fra profitti e salari è, nei paesi sviluppati, costante nel Secondo dopoguerra, se si escludono i redditi di origine immobiliare.
Se la proprietà immobiliare non è in origine ripartita in misura eguale fra la popolazione, si avrà che, con la crescita della ricchezza immobiliare, chi possiede già una proprietà o ne possiede numerose diventa più ricco. Simmetricamente, chi non possiede alcuna proprietà e la vuole, deve pagarne di più il possesso, un minor tasso di interesse sui mutui non compensa la crescita del prezzo dell'immobile, così come, in alternativa al possesso, pagherà di più l'affitto. Chi non possiede già uno o più immobili deve risparmiare, ossia consumare meno, mentre chi li possiede non deve risparmiare, anzi può usare l'immobile come garanzia di nuovi prestiti che gli consentono di consumare di più.
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