Le proteste in Bielorussia suscitano grande interesse e solidarietà nelle società europee, sia a ovest siae a est del continente. Ma questa attenzione si declina in due modi diversi: nelle nazioni dell'Europa occidentale, si ricorda con nostalgia l'ottimismo socioculturale degli anni ‘90, quando il progetto dell’Unione Europea fece un così forte salto in avanti.

Per i popoli dell'Europa orientale, le proteste bielorusse invece presentano una miscela di simpatia di fronte ad un tentativo di emancipazione politica ma anche di paura per un possibile ritorno alla destabilizzazione dei “selvaggi anni ’90”. Entrambi gli approcci colgono comunque qualcosa di importante di quello che succede oggi in Bielorussia.

Il classico Paese post-sovietico

La Bielorussia contemporanea è un classico paese post-sovietico dove elementi dell'eredità culturale della perestroika si combinano con la nuova esperienza dell'Europa dell'Est. Nel 1991 i popoli sovietici, compresi i bielorussi, hanno fatto una scelta a favore della democrazia pluralista, dell'economia di mercato e della rinascita etno-nazionale. Per le generazioni della perestroika sovietica, queste tre idee sono state viste come un modo per trasformare l'Unione Sovietica in una società più libera e inclusiva e in un'economia più ricca e orientata al consumismo. Dopo il colpo di stato dell'agosto 1991, l'agenda dello Stato-Nazione divenne dominante e l’Unione fu sciolta.

Il populismo di Aleksander Lukashenko

Per la popolazione bielorussa, i cambiamenti di inizio anni ‘90 hanno significato rapide riforme culturali nazionaliste, crisi economica e povertà. Come reazione a questi cambiamenti, le elezioni presidenziali del 1995 furono vinte da un abbastanza giovane politico populista neosovietico, Aleksander Lukashenko. Nei quattro anni successivi, Lukashenko stabilito un governo autocratico, con un forte sostegno di quella parte della popolazione in cui era più forte la nostalgia sovietica.

A quei tempi, gli studiosi politici, che credevano fermamente in una teoria della transizione che prevedeva la democratizzazione post-sovietica, valutavano l’emergente regime autoritario bielorusso come una deviazione dalla norma comune europea e come “l’ultima dittatura europea”. Ma vista dalla prospettiva di adesso, quella bielorussa è stata la prima dittatura postsovietica; una dittatura che ha inaugurato l’era della creatività autoritaria delle élite post-sovietiche, così ben visibile nel Caucaso meridionale, in Asia centrale, nell'Europa orientale e in Russia.

Il regime autocratico

Il regime di Lukashenko era tra i regimi autocratici più stabili della regione. Da un lato, ha prodotto istituzioni statali molto forti, media e industria controllati dal governo, piccole imprese vivaci e uno sviluppo socioeconomico molto più orientato verso la società che, per esempio, in Russia o in Ucraina. Il PIL pro capite a prezzi fissi è raddoppiato nel 2019 rispetto al 1991. Nel 2019, ad esempio, l'Ucraina e la Moldavia avevano ancora circa lo stesso PIL pro capite del 1991. La Bielorussia era anche l'unico dei sei Stati dell’Eastern Neighborhood senza problemi di integrità territoriale. Lukashenko ha saputo muoversi abilmente tra Stati occidentali e Russia putinista per difendere l'autonomia e il successo economico del suo regime. Sul punto si può far riferimento a: Mikhail Minakov, Post-Soviet Eastern Europe. Achievements in Post-Soviet Development in Six Eastern European Nations, 1991–2020, https://www.ideopol.org/wp-content/uploads/2020/03/ENG.-2019-3.-10.-Minakov-fin-.pdfhttps://www.wilsoncenter.org/blog-post/the-authoritarian-belt-europes-east">https://www.wilsoncenter.org/blog-post/the-authoritarian-belt-europes-east).

Le proteste iniziate nell'agosto 2020 si sono rivelate senza precedenti per la Bielorussia. Innanzitutto, perché coinvolgono un numero enorme di cittadini di tutti gli strati sociali e di tutte le generazioni. I sondaggi di metà novembre, dopo la morte di uno dei manifestanti, hanno mostrato che più del 60% della popolazione non si fida di Lukashenko e solo il 12% sostiene le sue azioni contro i manifestanti (i dati di questi sondaggi non provengono da un istituto indipendento ma da fonti governativi). Le manifestazioni sono diffuse nella capitale e nelle città di provincia. E il regime non trova un modo efficace per reprimere la protesta e ristabilire il consueto ordine.

L’Europa dell’Est in piazza

Queste proteste hanno punti in comune con altre nazioni dell'Europa orientale: Moldavia (2009), Ucraina (2004, 2013-14), Georgia (2003), o anche con le proteste russe sulla Bolotnaia (2011-13). Prima di tutto, tutte le società post-sovietiche attribuiscono un valore speciale alle elezioni oneste. In assenza di altre istituzioni democratiche forti, le elezioni hanno un forte significato morale per i cittadini per riconoscere la legittimità politica delle élite. Se le elezioni sono apertamente falsificate, i cittadini o si sottomettono in cambio di benefici socioeconomici (come in Russia o in Bielorussia), oppure protestano, uniti da un forte spirito civile (come nelle varie rivoluzioni colorate). Questo spirito civile è legato ad una cultura politica che affonda le sue radici nell'esperienza della perestroika o della democrazia tardo-sovietica. Questa solidarietà è più forte delle differenze tra i partiti. E l'unità delle proteste è consolidata dalla presenza di una figura autoritaria delegittimata, sia che si tratti di una persona, o di un governo.

Le somiglianze tra le proteste

Inoltre, la caratteristica comune delle proteste bielorusse e di altri movimenti di protesta post-sovietici è il ruolo dei media contemporanei. La Rivoluzione arancione in Ucraina è stata seguita in diretta dal sito web di Ukrainska Pravda e dalla TV Chanel 5. Facebook ha avuto un ruolo speciale nelle proteste della Moldavia e nell'Euromaidan ucraino (sul punto si può consultare: Viken Cheterian, Coloured Revolutions and the Media, https://www.academia.edu/40317920/Coloured_Revolutions_and_the_Media_Where_is_the_Scoop). E i canali Telegram di Nexta (https://t.me/nexta_tv) sono significativi per la comunicazione dei manifestanti in Bielorussia.

Un'altra caratteristica comune è l'importanza del riconoscimento all'estero dell'opposizione come forza legittima. I leader dell'opposizione bielorussa vengono arrestati, oppure emigrano in Lituania e in Polonia. I governi occidentali sono fortemente coinvolti nel sostegno dell'opposizione. Questo sostegno occidentale per l’opposizione fa la differenza per le proteste politiche di oggi, per esempio in Bielorussia e in Polonia.

L’unicità del caso Bielorussia

Ma le proteste bielorusse hanno caratteristiche uniche che separano il caso bielorusso da altre situazioni rivoluzionarie nella regione post-sovietica.

Prima di tutto, le proteste bielorusse sono legate alla "tattica dell'acqua". Le proteste non si svolgono in uno spazio della città dove i manifestanti combattono con le forze di sicurezza, com’era in Ucraina o in Russia. Le proteste bielorusse si svolgono invece nella capitale e nel paese, ovunque è possibile, spargendosi quindi dappertutto come l’acqua. Ecco perché il regime di Lukascenko non può trovare il modo efficace per porre fine al movimento di protesta.

In secondo luogo, i leader politici e gli intellettuali sono fedeli alla pratica della resistenza pacifica. Il ruolo dei gruppi radicali è quasi invisibile. Le provocazioni della polizia perché si arrivi ad uno spargimento di sangue rimangono senza risposta. I manifestanti non assumono incarichi pubblici o istituzioni governative. C'è una pressione pacifica permanente sulle autorità. Quindi questa qualità pacifica provoca uno spirito morale sempre più forte dei manifestanti e il sostegno popolare alle proteste.

Il sistema inesistente dei partiti

C'è anche un ruolo molto diverso dei partiti politici in Bielorussia che in altri paesi post-sovietici. In Ucraina, Russia e Moldavia, i partiti cercavano sempre di offrire una soluzione politica alle proteste. In Bielorussia il sistema dei partiti è quasi inesistente. Per questo motivo, la leadership delle proteste è mutevole, così come il numero dei suoi membri — ecco perché gli arresti e l’emigrazione non fermano le proteste, — ma anche le proteste non hanno un'agenda politica chiara e una soluzione politica. Lukashenko governa attraverso una burocrazia leale che non ha partiti al suo interno. Anche i manifestanti non hanno partiti. Non avendo rapporti di partito né canali per una risoluzione politica, la protesta bielorussa ricorda più i movimenti sociali sovietici che quelli post-sovietici.

La società civile bielorussa è mal istituzionalizzata. Ma le organizzazioni civiche esistenti sono controllate dal governo e dalla comunità imprenditoriale locale: non hanno quasi nessun legame con la Russia e con i governi occidentali. Perlà questo motivo le proteste sono decentralizzate e ispirate unicamente da motivazioni interne al paese. Le repressioni contro i loro leader non fermano le proteste, ma le amplificano. L'emigrazione di Tikhanovskaia e l'imprigionamento di Kolesnikova sono in effetti dei simboli che uniscono i manifestanti. Tuttavia, sono solo simboli, non leader politici che guidano i tentativi rivoluzionari — e la loro assenza non ferma il movimento di protesta. Il livello del sostegno dei leader delle proteste si può vedere su: Narodny Opros, 11 novembre 2020, https://narodny-opros.net/?fbclid=IwAR0yH2mBrOAOELKdJxi-thYZbqJpRtp6PKJ2EVZoYORwJ_V76NQ-e2TNEVUhttps://reform.by/182044-bam-vse-menshe-belarusov-hotjat-sojuza-s-rossiej">https://reform.by/182044-bam-vse-menshe-belarusov-hotjat-sojuza-s-rossiej). Per loro, Lukashenko è stato un traditore dell'unità con la Russia. Allo stesso tempo, l'influenza occidentale in Bielorussia è molto più limitata che in qualsiasi altro Paese dell’Eastern Partnership. Negli ultimi decenni Lukascenko è riuscito a isolare la Bielorussia dall'influenza politica occidentale.

Il futuro e la crisi

Considerate tutte queste caratteristiche delle proteste bielorusse, il futuro prossimo della Bielorussia sarà molto probabilmente legato al proseguimento della crisi. Poiché la situazione economica ed epidemica continua a peggiorare, le proteste molto probabilmente continueranno. La loro intensità nella capitale potrebbe diminuire, ma si rafforzeranno nelle città di provincia.

Lukashenko non sarà in grado di governare come prima dell'agosto 2020. Il suo regime dovrà diventare molto più repressivo perché ora è molto meno legittimo. E la violenza distruggerà finalmente la sua immagine di padre della nazione.

I gruppi di opposizione bielorussi in Polonia e Lituania si terranno pronti a tornare nel Paese quando se ne presenterà l'occasione. Questi gruppi molto probabilmente forniranno un nuovo presidente e futuri ministri per il periodo post-Lukascenko. Allo stesso tempo, Mosca non sembra avere in serbo nuovi leader per la Bielorussia post-Lukascenko.

La Bielorussia è ora in aperto conflitto con l'UE, la Polonia, la Lituania e l'Ucraina. Non può tornare al suo precedente effettivo commercio internazionale come prima dell'agosto 2020. Pertanto, la normalizzazione economica non sarà raggiunta nel breve termine.

La riforma costituzionale, con un forte intervento della Russia e della burocrazia bielorussa, può offrire una soluzione politica alla crisi. Ma la mancanza di partecipazione degli intellettuali e dei leader delle proteste e dell'opposizione filoccidentale rendono la riforma troppo illegittima e quindi destinata ad avere vita breve.

La destabilizzazione della rete autoritaria dell'Europa orientale sembra dunque essere iniziata in Bielorussia. Il regime di Lukascenko è un elemento debole all’interno di questa rete autoritaria che può avere un impatto destabilizzante su altre autocrazie dell'Europa orientale.