Il 19 settembre, a latere degli eventi della settantottesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente statunitense Joe Biden ha incontrato il suo omologo della Repubblica dell’Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev. È stata l’occasione per discutere dei rapporti bilaterali, ma soprattutto della cooperazione regionale con i leader degli ‘Stan’, ovvero con i cinque Paesi centroasiatici (Uzbekistan, Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan). Si tratta di cinque repubbliche ex sovietiche, indipendenti dal 1991, che Washington cerca di corteggiare dopo la guerra lanciata dal Cremlino all’Ucraina, anche per sottrarle alla crescente influenza cinese sullo sfondo della sempre più stretta alleanza tra Pechino e Mosca.

All'inizio fu Samarcanda

Biden e Mirziyoyev hanno così preso parte al primo vertice dei leader dell’Asia centrale e degli United States nel gruppo C5+1 costituito otto anni fa nella città uzbeca di Samarcanda per costruire una rete di alleanze in una regione – l’Asia centrale – in cui a dominare sono da sempre russi e cinesi, da cui i governi locali cercano di smarcarsi. All'evento erano presenti anche i presidenti delle repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, del Kirghizistan Sadyr Japarov, del Tagikistan Emomali Rahmon e del Turkmenistan Serdar Berdimuhamedov. Secondo l'ordine del giorno, sono state discusse le prospettive per l'espansione della cooperazione commerciale ed economica, lo sviluppo ecologico, la garanzia della sicurezza energetica e l'introduzione di fonti energetiche rinnovabili, l'interazione in materia di garanzia della sicurezza regionale, la lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera. Al vertice è stato osservato che il formato C5+1 è diventato una piattaforma ambita per un dialogo aperto e costruttivo e lo sviluppo di un'interazione produttiva in tutti i settori tra i paesi dell'Asia centrale e gli Stati Uniti.

Ecco la mappa dei cinque Paesi che danno vita agli "Stan countries" dell'Asia centrale

Un piano per l'Afghanistan

Il presidente dell’Uzbekistan – si legge sul suo sito - ha dichiarato di avere molto apprezzato il rafforzamento delle relazioni di amicizia, comprensione reciproca e partenariato nella regione dell'Asia centrale, che creano nuove opportunità uniche per un'ampia cooperazione. Sono state individuate aree prioritarie di cooperazione di importanza strategica per lo sviluppo dell’intera regione, come il rafforzamento delle attività commerciali e di investimento, la creazione di progetti di cooperazione, lo sviluppo di corridoi di trasporto nella regione, la promozione dell’“agenda verde”, la garanzia dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, nonché l’espansione di programmi educativi e la promozione di una soluzione pacifica in Afghanistan. Come risultato dell'incontro, sono stati raggiunti accordi per approfondire ulteriormente la comprensione reciproca e ampliare la partnership tra i paesi della regione e gli Stati Uniti.

B2B tra imprese

Sempre in occasione dell’incontro bilaterale del 19 settembre, il presidente statunitense Biden ha ribadito il suo sostegno per l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Uzbekistan, situato al centro dell’Asia centrale. Particolare attenzione è stata rivolta all’interazione nel campo dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, nonché nella promozione di progetti di cooperazione con imprese e istituti di credito statunitensi. Di pari passo, a New York vi sono stati incontri bilaterali tra le aziende uzbeche e quelle statunitensi. Al tempo stesso, Biden ha espresso il proprio supporto per le riforme in corso in Uzbekistan, che ha definito “irreversibili” riconoscendo così l’impegno di Mirziyoyev, in carica dal settembre 2016, nel liberalizzare l’economia e nel migliorare le relazioni diplomatiche con i Paesi vicini.

Il presidente dell'Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev: guida l'ex repubblica sovietica dal 2016

Stop alla schiavitù del cotone

Durante il suo discorso al palazzo di vetro il presidente dell’Uzbekistan Mirziyoyev si è anche soffermato sulla fine della schiavitù del cotone, certificata dall’Oil (l’Organizzazione Internazionale per il Lavoro con sede a Ginevra) in collaborazione con la Banca Mondiale. Secondo una recente inchiesta, nel ciclo produttivo del 2021 le autorità di Tashkent sono infatti riuscite a debellare il lavoro forzato: coloro che oggi raccolgono i batuffoli di cotone nei campi lo fanno per libera scelta e ricevono un salario. Di pari passo con la pubblicazione dei dati dell’Oil, è venuto meno il boicottaggio del cotone uzbeco imposto dalle maggiori società del tessile a livello mondiale, aprendo così nuove opportunità di business. Grazie ai cosiddetti cluster - ovvero alle unità di produzione verticali che partono dalla coltivazione di questa monocoltura per arrivare al filo di cotone, al tessuto e poi e al manufatto da esportare - oggi le imprese uzbeke non esportano più cotone ma prodotti finiti che spesso hanno impresso il marchio di noti brand occidentali.