Altro che relax. Sulle borse tira una brutta aria. A cominciare da quelle europee, in contrazione per la terza settimana di fila. Nell'ultima ottava Piazza Affari è arretrata dell'1,8% mentre la performance peggiore è stata quella di Londra (-3,5%).Sui mercati tengono banco i timori per l'economia cinese e l'incertezza sulla crescita globale. Ma è soprattutto la Cina a tenere banco. Per più di una ragione. E già ci si interroga se il presidente Xi Jinping pensi ad azioni radicali. Ecco il quadro.
Le grandi banche d'affari
Da Barclays a Nomura, a Jp Morgan tutti dubbiosi sulle performance future della Cina. Continuano a tagliare le previsioni di crescita per due ragioni: la crisi del settore immobiliare e un'economia che fatica ad accelerare dopo il Covid, tanto da credere irraggiungibile il target del 5% fissato dal governo di Pechino. Secondo Bloomberg, Nomura ha tagliato le stime di crescita dal 5,1% al 4,6% dopo i dati macro sotto le attese di luglio e la persistente «spirale al ribasso» dell'economia. Aggiungendo: «Nei prossimi mesi la crescita subirà ulteriori pressioni mentre la domanda repressa post-pandemica per i viaggi fa il suo corso». Pronostico: l'obiettivo di crescita al 5% sarà fallito.
Mercoledì era toccato a Morgan Stanley rivedere al ribasso le stime di crescita dal 5 al 4,7% alla luce di un "più ripido rallentamento degli investimenti nell'ambito di un deleveraging nel settore immobiliare e da parte dei veicoli di finanziamento dei governi locali, con effetti a catena sui consumi".
A chiudere il cerchio delle grandi banche d’affari sono arrivati prima ancora i giudizi di Jp Morgan e Barclays. Una revisione al ribasso della crescita peraltro contenuta: dal 5 al 4,8% Jp e dal 4,9% al 4,5%, Barclays. A convincere a ritoccare le previsioni le deludenti dati di luglio su consumi, esportazioni e credito e le difficoltà del settore immobiliare.
I due colossi delle case
Già, l’immobiliare. La crisi dei due colossi cinesi (Evergrande e Country Garden) non ha prodotto finora effetti contagiosi sui mercati finanziari globali anche se c’è chi comincia a temere una Lehman Brothers cinese considerato che le due società (oberati da 500 miliardi di dollari aggregati di debito) sono ai vertici del settore.
La richiesta di bancarotta di Evergrande negli Usa (ex capitolo 15 a tutela di oneri offshore per 31,7 miliardi di dollari tra bond, garanzie e obblighi di riacquisto) ha riportato le tensioni nel settore: il gruppo di Shenzhen ha precisato che l'istanza «è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento» In sostanza, una mossa per difendersi dai creditori in una fase critica. Ma la stessa sorte potrebbe toccare molto presto a Country Garden che ha cominciato a non onorare alcuni pagamenti di bond: e la Borsa di Hong Kong ha deciso di togliere il titolo dall'indice Hang Seng dal prossimo 4 settembre. Segnali non proprio incoraggianti come dimostrano gli andamenti nervosi (e negativi) delle Borse mondiali, le prime a fiutare i cambi di vento. Ma c’è di più. Tra lo yuan ai minimi degli ultimi 16 anni sul dollaro, la brusca contrazione di export e domanda interna, e investimenti esteri diretti in frenata (-4% nei primi sette mesi), la Cina rischia di cadere nella classica trappola della liquidità. Un problema non da poco per Pan Gongsheng, nominato a luglio nuovo segretario del Partito comunista della Pboc, la Banca centrale cinese.e candidato a diventare presto anche governatore, per unificare così le due cariche.
La ricetta di Cai
Cai Fang, stimato economista della Banca centrale cinese, ha sollecitato misure draconiane come una maxi iniezione da 550 miliardi di dollari nell'economia per fermare una psicologia deflazionistica che contagia anche le famiglie.«L'imperativo più urgente ora è stimolare la spesa dei consumatori. È necessario usare tutti i canali ragionevoli, legali ed economicamente fattibili per mettere soldi nelle tasche delle persone» ha scritto Cai su China Finance 40, il forum di opinioni dell'èlite cinese.
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