La pandemia ci ha mostrato che possiamo vivere e bene usando meno l’automobile. Che potremmo pensare di usarla quando ci serve senza possederne una. Che se consumassimo meno carne ridurremmo anche il rischio di salto di specie dei virus. Che se consumassimo meno avremmo una vita migliore.
Meno dati, meno plastica, meno stupidaggini. E più relazioni, più informazione, più democrazia, più speranza.
Dimmi quando quando
La guerra ci mostra che dobbiamo vivere usando meno energia per essere più indipendenti. Quando? Adesso. Ciò che pochi dicono è che in quanto individui consumiamo oggi più energia d’estate per il condizionamento di quanto ne usiamo d’inverno per il riscaldamento. Quindi attenzione: le nostre abitudini devono cambiare oggi, non poi. Se proprio dobbiamo usare l’auto, non accendiamo il condizionatore, e così a casa, usando la capacità di adattarci che ci ha portato nei secoli sino qui, e senza la quale non andremo molto più in là come specie.
Ottawa e gli uffici
Un maggio di vent'anni fa ero in un ufficio a Ottawa, le prime gemme sugli alberi, e a chi mi invitava a mettermi un maglione per contrastare il freddo interno risposi: «Aprite le finestre, questo è un sopruso!». Oggi i nostri uffici spesso non hanno finestre che si possano aprire. E il caldo prodotto dai computer si contrasta con i condizionatori. Sic. Siamo noi a produrre quel calore, usando il web in modo inconsapevole e eccessivo, e poi dobbiamo chiedere a altre macchine di ridurlo. E gli uffici pubblici sono spesso quelli che sprecano più energia, altro che esempio dato dalle istituzioni. Ma vi pare possibile?
Ora
Abbiamo evidenza del cambiamento climatico, abbiamo conosciuto una pandemia, ora una guerra che sentiamo vicina e ci fa paura. Tutte queste crisi indicano le stesse direzioni: il che fare è sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere. Ma non pare che molti capiscano, attaccati alle vecchie abitudini.
Abbiamo bisogno di una terza guerra mondiale per fare la somma e capire che dobbiamo consumare meno combustibili fossili per climatizzare la casa – ora – e muovere meno automobili sempre più pesanti – ora – e consumare molta meno carne rossa, che richiede enormi quantità di foraggi e acqua, per lasciare invece il mais al consumo umano, ora?
Noi e il potere
È peraltro molto difficile capire la storia mentre la stai vivendo. Prete Liprando si sottomise al giudizio di Dio, camminando sui carboni ardenti, per implorare la fine delle crociate. La nota canzone di Enzo Jannacci e Dario Fo, del 1964, di quello che “non ho visto un accidente, son venuto da Como per niente” mi insegnò che è difficile capire la storia mentre la stai vivendo, ma anche che è molto meglio provarci piuttosto che guardare a terra, gli occhi bassi sul social per vedere se Prete Liprando soccombe o meno, perché quello è ciò che il potere vuole che tu faccia per non metterlo in discussione cambiando le tue abitudini.
Draghi e i condizionatori
Pace o condizionatori? Draghi, secondo me, ha ragione. E dolosamente ignorante è chi lo accusa di ridicolo. Adesso, fino da adesso in maggio, possiamo e dobbiamo cambiare i nostri comportamenti individuali per cambiare le cose.
Dobbiamo ridurre i consumi energetici adesso, per salvare le riserve acquistate a prezzi ridotti rispetto agli attuali. È la sfida di adesso, dell’estate. Per con-vivere tra noi e con il pianeta che ci ospita da poco, cambiando molti degli attuali parametri di misura di crescita e progresso.
Non abbiamo tempo fino all’autunno per adeguarci e imparare.
Adesso è ora di cambiare, dimenticare i condizionatori e imparare a con-vivere con il clima del momento, consumare meno carne rossa, riparare gli smartphone e andare a piedi quando possibile, godendoci le città invece di incazzarci ai semafori.
A chi si chiede se è sufficiente possiamo sommessamente dire che forse non lo è, ma è una condizione necessaria. E presto sarà sufficiente: ogni piatto di proteine vegetali che riscopriamo, ogni camminata che ci godiamo, aiuta figli e nipoti a vivere in un mondo che cresce davvero, insieme alla terra, stakeholder per ora muto di cui non vogliamo proprio sentire la voce, perché per noi sarà troppo tardi.
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