Il mondo degli assistenti familiari è in crescita e nel 2022 – i dati dell’Inps verranno diffusi il prossimo 21 giugno a Roma in occasione del convegno dal titolo «Tutto regolare? Colf, badanti e baby sitter in Italia» – potrebbe aver raggiunto quota un milione, con una percentuale di lavoratori italiani in netto aumento. Ma non è ancora detto, perché i contratti regolari sono onerosi e spesso le famiglie preferiscono il "nero", perché più conveniente, anche se espone a rischi elevati di contenzioso.
Per sostenere il mercato occorre defiscalizzare il costo del lavoro e garantire più presenze grazie al decreto flussi.
Sono queste le richieste di Nuova Collaborazione, la più antica associazione nazionale di datori di lavoro domestici che opera in Italia dal 1969 e attualmente associa oltre 20mila datori. Nuova Collaborazione - che per la prima volta organizza insieme all'Inps la presentazione dell'Osservatorio statistico il 21 giugno con il ministro del Lavoro Calderone - è nata dall’idea di Niccoletta Rossi di Montelera, toscana di nascita e torinese d’adozione, che alla fine degli anni Sessanta, decise di adoperarsi per un Contratto collettivo nazionale per il lavoro domestico che allora in Italia non esisteva. Uno strumento per dare dignità e riconoscimento al lavoro domestico e un’opportunità per rendere le famiglie consapevoli e più responsabili nell’offrire un’occupazione. Fu così che il 18 novembre 1969 nacque Nuova Collaborazione, che negli anni a seguire fu protagonista, insieme alle altre organizzazioni presenti, delle trattative per la definizione del primo contratto collettivo nazionale sulla disciplina del lavoro domestico che fu firmato il 22 maggio 1974 e di tutti i successivi rinnovi, compreso l’attuale la cui firma è avvenuta l’8 settembre 2020 a Roma con le parti sociali. Ora guida l’associazione l’avvocato torinese Alfredo Savia, 75 anni.
Presidente Savia, quali sono le principali problematiche del mondo del lavoro domestico?
«Sicuramente, a oggi, il problema maggiore è quello del reperimento del personale: infatti la domanda resta forte e la disponibilità di manodopera è limitata. A fine 2021 i lavoratori iscritti all’Inps erano 961.358 in leggera crescita (+1,9%) rispetto al 2020 quando si era registrato un +7,5% rispetto al 2019, anche in ragione dell’ondata di pandemia, quando il livello era sceso a quota 856.193. Nel 2022 vedremo quale sarà stata la tendenza».
Si tratta di numeri che fotografano il reale mondo dell’assistenza e del lavoro familiare?
«Assolutamente no. Noi stimiamo che in realtà il numero di lavoratori familiari sia almeno il doppio e quindi saremmo intorno ai 2 milioni reali».
Quindi il lavoro in nero interessa circa la metà delle posizioni…
«Temiamo che sia così. Soprattutto il mondo delle colf sta scivolando sempre più nel nero, specie per quei rapporti di lavoro che si sostanziano in poche ore settimanali».
Con gravi rischi da parte del datore di lavoro…
«In parte il problema si attenua stipulando delle polizza assicurative. Il fatto è che poi far lavorare in nero alla fine non conviene. Sia perché il costo orario aumenta rispetto alla paga “regolare”, sia perché il rischio che il lavoratore avvii una vertenza che solitamente vince. E nei rapporti a lungo termine l’esborso sul Tfr potrebbe essere elevato, anche perché il conteggio parte dalla base retributiva reale che solitamente è più alta di quella prevista dal contratto».
Però si risparmia sui contributi tenendo a nero…
«È vero ma i contributi non sono particolarmente elevati e infatti i lavoratori domestici hanno un trattamento peggiore di altre categorie sia per la maternità sia per gli infortuni».
Sta cambiando la geografia dei lavoratori?
«Si. Gli italiani stanno rimontando velocemente anche se i lavoratori provenienti dalla Romania sono ancora al vertice. Complessivamente, le provenienze dall’Europa dell’Est valgono il 35,8% della platea; seguono gli italiani, e tra i collaboratori familiari la quota maschile è in aumento, e a molta distanza sud americani e filippini. Complessivamente il 53% dei contratti riguarda le colf e il 47% le badanti».
Badanti che sono sempre più difficili da reperire…
«È molto difficile reperire le cosiddette “badanti conviventi”, quelle che abitano a casa con l’anziano. Le persone che sono qui da più tempo, infatti, si sono fatte una famiglia e vivono per conto loro. Il problema, che poi si traduce in un forte aumento dei costi, è coprire la notte. La speranza è che con il patto per l’autosufficienza si aiuti la domiciliarità. Ma resta il fatto che se non si mantengono elevati flussi di immigrazione aperti, sia comunitari che extracomunitari, il mondo dell’assistenza domiciliare andrà in pesante difficoltà. Ogni anno servono circa 20mila nuovi ingressi e poi serve anche molta formazione».
Infine c’è il problema del costo del lavoro…
«Si. La nostra proposta è quella di defiscalizzare il costo del lavoro. Si potrebbe pensare a una deduzione integrale della spesa laddove oggi la somma deducibile si ferma a 1.549,37 euro. Una mossa che faciliterebbe l’emersione dal nero con importanti vantaggi anche per le casse dello Stato oltre che per la regolarità del lavoro e l’eliminazione del rischio che il datore accetta tenendo il lavoratore non in regola».
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