Il tema delle diseguaglianze è spesso al centro del dibattito politico, e la campagna elettorale che stiamo attraversando non fa eccezione. L’attenzione viene solitamente posta sulle differenze di reddito, o di ricchezza, misurate tra le persone più ricche e quelle meno abbienti. Tuttavia, concentrarsi solo sulle differenze esistenti in un dato momento storico, in una società, fornisce un’immagine parziale e statica del fenomeno della disuguaglianza.

Le differenze economiche possono essere il frutto di diverse abilità intrinseche tra persone diverse – ad esempio una differente propensione al rischio imprenditoriale – o possono riflettere scelte diverse in ambito della formazione personale. In questi casi, le diseguaglianze economiche sono il risultato di una società che compensa il merito e le competenze.

L'ascensore sociale non c'è più?

Le diseguaglianze possono però anche essere il risultato di una scarsa mobilità intergenerazionale, dove la posizione relativa nella distribuzione della ricchezza viene quasi interamente ereditata da quella dei propri genitori. In questo caso, le diseguaglianze si tramandano in base alle condizioni socio-economiche della propria famiglia, e sono poco influenzate da merito e competenza.

Misurare le differenze di reddito tra persone della stessa generazione è un esercizio relativamente facile, e a fronte di importanti diseguaglianze è altrettanto intuitivo ricorrere ad una tassazione maggiormente progressiva se l’obiettivo è ridurre in maniera rapida quelle differenze. Tuttavia, se la fonte delle diseguaglianze è una scarsa mobilità intergenerazionale, il problema risulta persino più grave di come appare dalla semplice fotografia statica delle divergenze reddituali, e richiede un ventaglio di interventi pubblici che non può fermarsi alla semplice tassazione.

Le tecniche di misurazione

Come si misura la mobilità intergenerazionale? E, soprattutto, quali sono i livelli di mobilità in Italia? Ottenere una stima della mobilità generazionale non è un esercizio semplice, in quanto richiede un’ampia disponibilità di dati nel tempo e la possibilità di ricostruire, con essi, i legami familiari.

Uno degli studi più importanti, e affascinanti, effettuati sul nostro paese riguarda la città di Firenze (Barone e Mocetti, 2016). Utilizzando i dati relativi alla tassazione reddituale, è stato possibile ricostruire i legami familiari – sfruttando il cognome delle persone come una misura imperfetta degli stessi – tra coloro che vivevano nella Firenze del 1427 e del 2011.

Il quadro che emerge è quello di una forte persistenza della ricchezza relativa tra generazioni. Essere un discendente di una famiglia che nel 1427 era nel 10 per cento più ricco della popolazione, in termini reddituali, è associato a salari in media più alti del 5 percento, nel 2011, rispetto all’essere un discendente di una famiglia che era invece nel 10 percento più povero. La stessa differenza percentuale sale al 12 per cento quando si prende in considerazione la diversa ricchezza familiare, invece del reddito.

Fonte: bancaditalia.it / Barone e Mocetti, 2016

I legami familiari

Più recentemente, grazie all’utilizzo dei dati individuali sulla tassazione resi disponibili dal Ministero dell’Economia, è stato possibile ottenere nuova e più dettagliata evidenza empirica sulla mobilità intergenerazionale in Italia (Acciari, Polo e Violante, 2022).

In particolare, sono stati ricostruiti i legami familiari tra un gruppo di persone osservate nel periodo 2016-2018, e i loro genitori, osservati nel periodo 1998-2000.

In base al reddito familiare, genitori e figli sono quindi stati suddivisi in dieci diversi gruppi, per valutare la loro posizione reddituale relativa all’interno della stessa generazione. La correlazione tra la posizione reddituale relativa dei genitori e quella dei figli è risultata essere uguale a 0,22.

In altri termini, se prendiamo in considerazione una famiglia nel gruppo di reddito più elevato e un’altra nel gruppo di reddito più basso, una generazione dopo i discendenti della famiglia più ricca in media si posizioneranno due gruppi reddituali più in alto rispetto al posizionamento dei discendenti appartenenti alla famiglia più povera.

Il calcolo delle probabilità

Lo studio mostra come i figli dei genitori con le posizioni reddituali più sfavorevoli abbiano circa il 17 per cento di probabilità di rimanere anch’essi nel gruppo di reddito più povero, e solo il 4 per cento di probabilità di transitare invece nel gruppo di persone con i redditi più alti. Al contrario, i discendenti delle famiglie più benestanti hanno circa il 26 per cento di probabilità di rimanere anch’essi nella fascia reddituale più alta della popolazione. Una tale persistenza intergenerazionale non si riscontra per nessuno degli altri gruppi di reddito.

In base alle caratteristiche demografiche, emergono due importanti differenze. La prima riguarda il genere. Se prendiamo  una ragazza e un ragazzo entrambi nati in una famiglia appartenente alla fascia reddituale bassa della popolazione, il ragazzo ha circa il doppio delle probabilità di transitare nella parte alta della distribuzione reddituale. La seconda differenza riguarda invece il luogo di nascita. Nel Nord del Paese – in particolare nel Nord-ovest – l’evidenza ci restituisce una mobilità intergenerazionale due volte più alta rispetto alle province del Sud. Tra le provincie più virtuose sotto questo profilo troviamo Bolzano e Treviso; tra quelle con meno opportunità di crescita troviamo invece Ragusa e Brindisi.

Fonte: Acciari, Polo e Violante, 2022 / lavoce.info

Il quadro e il confronto 

Nel complesso, questi dati ci restituiscono un quadro della mobilità intergenerazionale con una forte persistenza dei redditi soprattutto nelle fasce più alte della popolazione. Tuttavia, benché rimangano difficoltà specifiche, legate per esempio al ruolo delle donne o alle regioni di residenza, i numeri smentiscono la narrazione di una società ingessata, con poche opportunità di crescita. In un confronto con altri paesi, in media la mobilità intergenerazionale in Italia risulta più alta di quella misurata negli Stati Uniti e nel Canada, e più bassa, al contrario, di quella stimata per l’Australia e la Scandinavia.

Quali sono i fattori che più di altri si intrecciano con queste dinamiche relative alla mobilità intergenerazionale? I dati evidenziano come l’aspetto con la più alta correlazione con le misure di mobilità intergenerazionale sia la condizione economica del mercato del lavoro locale – il tasso di disoccupazione giovanile, la partecipazione al mercato del lavoro e la presenza di lavoratori qualificati.

Migliori le dinamiche nel mercato del lavoro, più alte le prospettive di mobilità tra diverse generazioni. Il secondo aspetto più rilevante si riscontra invece nella qualità del sistema scolastico – la disponibilità del tempo pieno, la dimensione delle classi, i sistemi di valutazione degli insegnanti e la presenza di servizi scolastici come gli autobus per studenti. Altri fattori, come il tasso di criminalità, sembrano invece avere un minore impatto sulle dinamiche intergenerazionali.

Questi numeri suggeriscono una direzione chiara e netta per gli interventi di politiche pubbliche: scuola e mercato del lavoro.

Altre proposte, come la possibilità di fornire una dote monetaria ai diciottenni, avanzata dal Partito Democratico, non andrebbero ad aggredire in maniera determinante le dinamiche che influenzano la mobilità intergenerazionale. In un contesto di risorse limitate e di chiara evidenza empirica su quali siano i meccanismi più efficaci su cui agire, sarebbe sbagliato continuare con la strategia dei bonus o dei trasferimenti una tantum, che a fronte di costi elevati per i contribuenti portano scarsi benefici rispetto ai problemi che si prefiggono di risolvere.