Dalla Montedison a Baghdad, scritto da Lino Cardarelli con la cura di Gianfranco Fabi, è per molti aspetti un’anamnesi del nostro Paese ricomposta attraverso gli incontri e le occasioni di un percorso di vita extra-ordinario, laddove le emozioni e i sentimenti del narratore-protagonista si incrociano con la grande storia, ma anche con la territorialità di una generazione che ha saputo proiettarsi ben oltre i confini dell’ “Italietta”.

Come osserva Roberto Longoni nell’Introduzione, il futuro manager della Montedison, partito dalla periferia di Parma, aveva compiuto il suo apprendistato nel clima eretico di due grandi imprese industriali, Agip e Olivetti, lasciandole presto per navigare nel mare aperto delle grandi scuole internazionali di economia.

Dall'Emilia allo scenario internazionale

Nel 1977 è amministratore delegato di Montedison, un cursus honorum che, dopo la scalata del Gruppo Ferruzzi e l’avvio dell’inchiesta di Mani Pulite, nel 1993, lo avrebbe determinato a rassegnare le dimissioni da una molteplicità di incarichi di livello internazionale. Dall’inchiesta milanese, divenuta popolare con il volto del magistrato Antonio Di Pietro, dopo cinque anni Cardarelli uscì prosciolto “con un limpido non luogo a procedere”, ma i costi morali e materiali erano stati assai elevati.

Lino Cardarelli è nato a Parma nel 1934

La sua esperienza manageriale era iniziata nel 1973, alla Snia Viscosa, che divenne una delle più dinamiche aziende italiane, chiamato dall’allora amministratore delegato Mario Schimberni. Successivamente fu incaricato, con l’approvazione di Enrico Cuccia, padre-padrone di Mediobanca e azionista Montedison, di assumere la guida della MEIHC a Zurigo, holding controllante di tutte le partecipazioni del Gruppo Montedison nel mondo. Cardarelli restò in quella posizione fino al 1981, quando rientrò a Milano a Foro Bonaparte come Chief Financial Officer.

Lino Cardarelli, «Dalla Montedison a Baghdad. Dal ginepraio della finanza alle eterne crisi del Medio Oriente», a cura di Gianfranco Fabi, introduzione di Roberto Longoni, Guerini e Associati, Milano 2022, pagine 378, euro 32.

Tre, secondo Cardarelli, i cardini del successo di mercato nella visione strategica di Schimberni, il manager fautore del capitalismo della public company rispetto al capitalismo relazionale delle grandi famiglie imprenditoriali italiane: risultati tecnologici e scientifici di alto profilo, saper condurre un progetto e meritare l’accettazione dei mercati internazionali, saper creare e mantenere legami internazionali reputazionali a livello mondiale.

Le battaglie del capitalismo italiano

La battaglia di potere fra conservazione e innovazione si protrasse per diversi anni nel capitalismo italiano, allora dominato dalla finanziaria Gemina in cui erano presenti i maggiori imprenditori italiani. In proposito, è illuminante la lapidaria e preoccupata frase pronunciata da Gianni Agnelli a chiosare le scelte del CdA per la governance del grande gruppo chimico, riportata nel libro:” come possiamo avere ai vertici del secondo gruppo industriale italiano un presidente, Schimberni, figlio di un barbiere, e un AD, Cardarelli, figlio di un ex manovale delle ferrovie dello Stato?”.

Finchè la commistione e lo scontro fra interessi di partiti e grandi interessi privati travolse alcune fra le grandi industrie italiane.

Da Palazzo Chigi al Pentagono

Tuttavia, la grande storia attendeva Cardarelli. Dopo un’esperienza nel governo Berlusconi come segretario generale ad interim e poi consigliere economico del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Pietro Lunardi, suo conterraneo, fu chiamato dal Pentagono. In seguito all’invasione dell’Iraq decisa da George W. Bush, in quel quadrante geopolitico si richiedevano persone con esperienze molteplici in settori diversi, capaci di muoversi fra i Paesi mediorientali anche con rapporti paralleli a quelli ufficiali.

A Roma, al Ministero degli Affari Esteri, Cardarelli gestì la Task Force Iraq con il compito di coordinare decine di progetti messi a punto dai gruppi industriali italiani in quella regione. Nel 2010, divenne segretario generale vicario dell’Unione per il Mediterraneo, con sede a Barcellona, che riuniva 43 Paesi. Il rischio è parte imprescindibile del mestiere di manager e di imprenditore ma, osserva Cardarelli, «ho però ben chiaro che, per me, il rischio non è quello fine a se stesso, a un accadimento: è una componente irrinunciabile della vita».

Medio Oriente e Occidente

In Medio Oriente Cardarelli si sarebbe imbattuto in quel processo di “privatizzazione della guerra e della pace” che si è sviluppato con le Private Military Companies e le Private security companies, e che tanti interrogativi continua a porre sul piano della democrazia. Ma, come avvenne in un viaggio a Ebril e Suleimaniya, egli avrebbe anche accolto domande dalla popolazione civile tuttora cruciali per gli equilibri del mondo: «Voi occidentali avete  scelto di aiutarci nel modo sbagliato. Invece di garantire la politica dei visti di emigrazione verso i vostri Paesi, avreste dovuto cercare di farci restare a casa nostra».

Del volume di Lino Cardarelli si discute oggi 20 giugno in un seminario online organizzato dal Centro Einaudi.