Pubblichiamo un estratto dal libro "L'avvocato nel futuro" di Fulvio Gianaria e Alberto Mittone appena edito da Einaudi per gentile concessione degli Autori e dell'Editore.

 

Non sarà l’atmosfera novecentesca ad accompagnare le giornate di lavoro degli avvocati che verranno. Nuove cadenze della professione del domani si stanno profilando all’orizzonte. Con la liberalizzazione si apriranno gli accessi all’attività e gli avvocati dipenderanno sempre più dalla logica d’impresa. A fianco della cultura del contenzioso si svilupperanno nuove funzioni basate su un modello collaborativo che privilegerà la risoluzione dei conflitti al tavolo degli uffici più che nelle aule dei Tribunali. 

Risulterà ridimensionato lo “status” del penalista che dovrà rinunciare al protagonismo talvolta scapigliato, ereditato dal passato, per adeguarsi alla crescita della giurisdizione “mite”, e cioè ad una giustizia non urlata ma attutita e mediata. Una gamma articolata di sopportabili pene restringerà per fortuna la rozzezza delle sanzioni carcerarie e di conseguenza, come insegnavano i vecchi penalisti, quando lo stato si fa meno cattivo gli avvocati diventano meno importanti. La minacciosa immagine della toga sfumerà per lasciare il campo alle vesti più anonime dei negoziatori, e l’eloquenza spigolosa cederà il passo alla parola asciutta rivolta alla ragione e alle argomentazioni pacate della persuasione. Debole sarà l’avvocato non specializzato, anche perché dovrà confrontarsi con un diritto sempre più sconfinato o, per dirla con il francese Garapon, “despazializzato”.

La tecnologia dominante

Dal canto suo apparirà sempre più dominante la tecnologia, agevolante o dirompente che sia, che fornirà ai professionisti strumenti nuovi producendo nuove opportunità e nuove diseguaglianze. La digitalizzazione delle mansioni toglierà probabilmente centralità allo studio legale così come è, si rafforzerà il lavoro a distanza che renderà più flessibili gli orari, farà diminuire le trasferte e amplierà gli intervalli di tempo libero.  Un elenco disordinato può far immaginare i servizi e le nuove modalità che ne assicureranno la fornitura: revisioni legali, consulenze strategiche, valutazione dei rischi e sostegno dell’attività di “compliance” aziendale, gestione delle fusioni e delle acquisizioni, contrattualistica, “analytics” di ogni genere, assistenza nei precontenziosi sviluppando gli scenari predittivi, organizzazione e conduzione dei contenziosi, sostegno all’intermediazione “online” e all’attività di “e-commerce”, tutela dei diritti d’autore e dei diritti tutelati, sono solo un esempio. 

Sito, banche dati e controllo di gestione

Rilevava il sociologo Prandstraller nel 2012: «L’assetto “protetto” della professione è al tramonto, bisogna gestire con intraprendenza un’opzione acquisitiva da cui possano venire le risorse che agli avvocati ormai mancano”. Costruzione di un sito in proprietà, connessione con banche dati dei settori di competenza, sviluppo di tecnologie collaborative connesse al cliente, sistemi informativi aperti all’utenza, percorsi personalizzati di innovazione digitale adeguati alle specializzazioni offerte dallo studio, collegamenti interdisciplinari preordinati, controllo di gestione delle attività, sono solo un esempio dei nuovi servizi che la professione dovrà assicurare.

Da sinistra: Alberto Mittone e Fulvio Gianaria, avvocati penalisti autori del libro edito da Einaudi

Si ha la sensazione che il diffondersi degli studi connotati da una miriade di competenze specifiche, la crescente aziendalizzazione del loro lavoro e l’evaporazione della clientela fidelizzata appanneranno la veste carismatica che i professionisti del foro hanno a lungo indossato. Sembra profilarsi un ruolo futuro certamente utile ma gregario che assimilerà l’avvocato alla schiera dei fornitori di servizi, esperti preziosi ma perlopiù anonimi. Per altri versi il diffondersi dei percorsi stragiudiziali e delle pratiche negoziali, a scapito dei contenziosi, ne attenueranno l’individualismo, talvolta narcisistico, e ne esalteranno le doti empatiche e raziocinanti.  La necessaria disponibilità al cambiamento e la dovuta sudditanza alle innovazioni incrineranno i tratti di quella figura statica che viveva di autorevolezza acquisita e di solido prestigio incrementato nel tempo. 

Da "gentiluomo" a "ibrido"

Sullo sfondo, compare in controluce una nuova figura, l’avvocato “ibrido”, che oscurerà quella dell’avvocato “gentiluomo” e dell’avvocato “umanista forense”. Sarà un alfiere del tecnodiritto, una sorta di “retore digitale” impegnato a dare senso alla molteplicità dei saperi, ad avviare la comunicazione interculturale, a promuovere l’interdisciplinarietà delle conoscenze, a collaborare in ambiente virtuale con la comunità della clientela. 

Ciò non significa che tramonterà la cultura giuridica perché, almeno con le conoscenze attuali, nessun algoritmo potrà calcolare ciò che non può essere calcolato e nessuna macchina potrà sostituire il ragionamento giuridico basato sul sillogismo retorico da sottoporre al contraddittorio. 

Per questo l’esperto legale, per quanto sensibile alla modernità, è e dovrà rimanere ancorato al suo ruolo specifico. Forse migrerà “dalla scrivania alla nuvola” come ha osservato taluno, ma dovrà mantenersi radicato nell’ambito delle conoscenze e competenze professionali senza snaturarsi e immolarsi alla tecnica. Come amava dire Einstein, “Non tutto quello che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato.”

Addio targhe d'ottone

Salvo che per le grandi reti delle aziende legali e per le sartorie di qualità, gli studi legali intesi come appartamenti collocati nei piani nobili dei palazzi del centro, annunciati dalle targhe d’ottone negli androni, saranno destinati a sparire.

I giovani professionisti di domani spezzeranno le loro giornate frequentando centri servizi, palazzi uffici e sedi di coworking, altri lavoreranno in subappalto da casa e altri ancora si impegneranno a progetto presso le aziende. Tutti si recheranno verso la committenza e si diraderanno le riunioni negli studi che non ospiteranno più scrivanie ma postazioni.

Meno tempo sarà dedicato al lavoro e il lavoro sarà più veloce. Nonostante l’enormità di dati a disposizione e il complesso compito di utilizzarli, il tempo della giornata non sarà più speso nel lento studio delle carte ma, piuttosto nel rapido assemblaggio dei risultati forniti dai computer. Si semplificheranno i rituali sociali propri dello “status” di un tempo, si smagrirà la vita associativa, cambierà l’abbigliamento, tramonteranno le cadenze che alternavano le mattine in tribunale e i pomeriggi dedicati agli appuntamenti.

L'etica del servizio

E’ uno scenario ricco di incertezze, in bilico tra l’essere umano centro insostituibile del processo e l’oggettivazione della tecnologia. In esso dovrà avventurarsi la nuova figura dell’avvocato ibrido qualche connotato fondante va mantenuto.

Primo fra tutti l’etica del servizio nei confronti degli assistiti, e cioè il dovere di arricchire con fatica le proprie competenze per metterle generosamente a disposizione di chi ne ha necessità, senza farsi condizionare dalla forza o dall’importanza della committenza.

In secondo luogo dovrà saper assumere con rigore quel ruolo anfibio che consente di tutelare senza riserve le ragioni del singolo mantenendo piena fedeltà ai principi dell’ordinamento. Ed infine dovrà saper accompagnare, forte della propria esperienza, la solitudine di chi chiede giustizia tutelandolo con coraggio dalle opinioni correnti e dai pregiudizi che lo circondano.

La prossima sfida

La sfida che attende i futuri avvocati sarà mantenere fede a questi principi anche in un sistema eventuale nel quale macchine senza volto si insinueranno nelle forme della giurisdizione. Una professione da sempre impegnata ad evitare che i processi si traducano in parodia burocratica della realtà, dovrà dimostrarsi capace di evitare che si trasformino in parodia tecnologica del reale.