Il Dopoguerra ha visto cambiare in modo radicale gli equilibri politici mondiali. Fino al 1989 c’erano due big players, gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. La caduta del muro di Berlino ha confermato il tramonto di quest’ultima come potenza mondiale. Confermato, perché con il senno di poi, lo strumento più importante dello storico (dixit M.I. Finley), abbiamo potuto constatare che già molto prima l’impero sovietico non era l’avversario temibile che il mondo libero pensava di affrontare.
Dal Reaganomics all'Iraq
Il Presidente Reagan aveva ben capito che la sua Guerra Stellare non si sarebbe combattuta nello spazio extraterrestre ma invece in quello economico sovietico tramite la deviazione verso l’industria bellica delle risorse necessarie per soddisfare persino i bisogni più modesti dei suoi cittadini. Poi, gli USA occuparono la posizione di egemone mondiale almeno fino a quando non capirono che la loro presenza nell’Afghanistan, costosa anche in termini di vite americane, non sarebbe riuscita ad installare una democrazia secondo il modello americano.
Anche se il Paese era molto lento ad imparare dai suoi errori, come dimostra il suo coinvolgimento nell’Iraq, queste delusioni avviarono uno sviluppo in cui gli USA cominciarono a ritirarsi dalla scena mondiale. Le sconfitte americane nella lotta contro i movimenti radical-islamici consolidarono la convinzione che il Paese non poteva continuare a svolgere il ruolo di vigile mondiale.
Pechino e lo czar
Nel frattempo, la Cina si stava trasformando in una potenza economica globale. Sulla base dei suoi successi commerciali, realizzati al costo di grandi sacrifici umani, la Repubblica Popolare Cinese sotto la guida del Presidente Xi adottò delle ambizioni imperiali aggressive. In un processo parallelo il Presidente russo Putin stava rispolverando le ambizioni dell’Impero russo degli czar e del Partito Comunista.
La conseguenza è che oggi esistono tre poteri politici mondiali, uno molto indebolito, gli altri due con intenzioni espansive poco pacifiche. Paradossalmente, uno di loro non raggiunge neanche il 2% del PIL mondiale e occupa nella graduatoria economica la posizione tra la Croazia e il Cile. Un altro paradosso è che l’Unione Europea come secondo potere economico del mondo (21% del PIL globale) non è stata capace di trovare la risposta alle recenti intrusioni russe nella Georgia, nella Crimea e in Donetsk e Lugansk. Non è scontato però che non ci riesca nel caso della terza provocazione di Putin.
Che cosa potrebbe fare Bruxelles?
L’esempio di Star Wars insegna che una reazione efficace alle azioni espansive consiste nell’alzarne il prezzo. Gli USA e l’UE stanno già minacciando la Russia con sanzioni che ne alzerebbero il prezzo economico. Il problema è che colpiscono anche l’economia dei sanzionatori e che tanti degli effetti si fanno sentire solo con il tempo. Perciò, bisogna aumentare anche il prezzo non economico.
La presenza dell’esercito russo nell’Afghanistan e nella Cecenia ha dimostrato che persino un dittatore come Putin (l’epiteto, più onesto che diplomatico, è di Draghi) non può continuare a trascurare i sentimenti del popolo russo nel caso vedesse impennarsi i numeri dei militari morti e feriti in una guerra non difensiva.
Ucraina e Patto Atlantico
Ora, l’Ucraina è un paese autonomo che ha il pieno diritto di difendersi dalle aggressioni estere. Ha anche il diritto di farsi aiutare da consulenti militari per migliorare le sue capacità difensive. Andrebbero ad aggiungersi alle armi che alcuni Paesi europei le stanno già fornendo. L’importante è che l’impiego di questi istruttori avvenga alla luce del sole. Inoltre, per non alimentare la fandonia putiniana della Russia vittima dell’aggressione della NATO, ciò dovrebbe svolgersi rigorosamente al di fuori del quadro del Patto Atlantico.
Nel caso i consulenti finissero nel mezzo di atti bellici, i paesi che li hanno inviati hanno il diritto e persino l’obbligo di garantire la loro incolumità. Così Putin, se invadesse l’Ucraina, rischierebbe di trovarsi davanti non solo i soldati ucraini ma anche quelli di altri paesi europei.
Nel passato, questa procedura è spesso finita per coinvolgere il Paese che prestava i suoi tecnici in una guerra contro la sua voglia. In questo caso invece potrebbe servire per evitare una guerra non voluta da nessuno.
Se questo ragionamento sta in piedi, l’UE potrebbe svolgere un ruolo determinante nel conflitto con la Russia. Allo stesso tempo, trasformerebbe il problema delle ambizioni imperiali di Putin in un’opportunità per diventare il quarto big player politico a livello mondiale.
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