1. Avete mai notato come le automobili effettivamente commercializzate siano alla fine molto meno eccitanti delle concept cars da cui traggono ispirazione?
Il motivo è semplice quanto istruttivo. Prima di immettere un nuovo veicolo sul mercato, ogni aspetto del prodotto è sottoposto ad un focus group composto da potenziali acquirenti. È a questo punto che scende la penombra in cui tutte le cose divengono grigie e indistinguibili.
Lo stesso accade in politica. È raro che un politico sia una persona di poche e scandite parole. Se parla in questo modo è perché qualcuno l'ha convinto che l’unica maniera di raggiungere gli elettori sia di dir loro - con poche e scandite parole - quello che vogliono sentirsi dire.
2. Quest'autunno i repubblicani sanno che la maggioranza di chi voterà per Mitt Romney sarà di sesso maschile, di razza bianca, di istruzione media (non universitaria) e capace di capire solo poche e scandite parole. Costui non è uno sconosciuto ai repubblicani. E' il loro elettore abituale. Il problema è che questo signore incontra sempre più problemi a relazionarsi con le persone di istruzione universitaria (specialmente se donne), le persone di razze ed etnie diverse dalla sua (in particolare se donne), le persone che guadagnano meno di lui (soprattutto se donne) e più giovani di lui (a maggior ragione se donne).
Ovvero, l'elettore repubblicano di riferimento pare incontrare difficoltà ad attrarre importanti settori della società americana, soprattutto le donne.
È per questo che risulta incomprensibile la scelta dello slogan per la Convention repubblicana di Tampa, in Florida: "We Built It", l'abbiamo costruita noi.
3. Prima di venire al problema che la scelta dello slogan comporta, occorre fare un passo indietro e spiegare come si è giunti a "We Built It". Il contesto è fondamentale.
La frase intende stigmatizzare una dichiarazione di Obama del 13 luglio scorso. Parlando ad un gruppo di simpatizzanti a Roanoke, in Virginia, Obama disse che se un imprenditore pensasse di essersi fatto con le sue mani penserebbe il falso. Se ha potuto costruire (verbo 'to build') qualcosa è perché qualcun'altro nel frattempo ha approntato strade, gettato ponti e allacciato linee elettriche.
"Look, if you've been successful, you didn't get there on your own. You didn't get there on your own. I'm always struck by people who think, well, it must be because I was just so smart. There are a lot of smart people out there. It must be because I worked harder than everybody else. Let me tell you something -- there are a whole bunch of hardworking people out there.
"If you were successful, somebody along the line gave you some help. There was a great teacher somewhere in your life. Somebody helped to create this unbelievable American system that we have that allowed you to thrive. Somebody invested in roads and bridges.
"If you've got a business -- you didn't build that," he continued. "Somebody else made that happen. The Internet didn't get invented on its own. Government research created the Internet so that all the companies could make money off the internet. The point is, is that when we succeed, we succeed because of our individual initiative, but also because we do things together. There are some things, just like fighting fires, we don't do on our own."
L'attacco all'anti-statalismo repubblicano è evidente ed è condotto in modo radicale: va alla radice del problema. Chi si fa da sé si fa con l'aiuto di tutti e non da solo. Chi ha costruito (verbo 'to build') un'azienda, l'ha potuto fare perché è parte di una società, e non in virtù dell'unicità del proprio essere.
La cosa è semplice ma va a toccare la differenza fondamentale fra democratici e repubblicani. I primi si sentono parte di una nazione e la vorrebbero solidale. I secondi si sentono individui in concorrenza tra loro e vorrebbero che ognuno potesse tenere per sé il massimo della ricchezza prodotta. “More jobs and more take-home pay” recita lo slogan generale della campagna di Romney, più lavoro e meno tasse.
Quindi l’adozione dello slogan "We Built It" all Convention di Tampa dovrebbe passare per una scelta intelligente, tale da generare l'entusiasmo della propria base, ed è così.
Ma a che prezzo?
4. Se partiamo dal problema con l'elettorato femminile dovremo dire che la scelta del verbo 'to build' è infelice. Si tratta di una azione discorsiva che raramente implica una donna. Le donne in genere non 'costruiscono' ma usano altri verbi per descrivere il loro lavoro. Il verbo è particolarmente sbagliato negli Stati Uniti dove la conquista del diritto al lavoro per le donne è passata per le fabbriche di armamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Non essendovi più uomini da assumere per costruire navi, bombardieri, carri armati, il governo decise di impiegare eccezionalmente le donne nelle industrie. La frustrazione derivante dal ritorno forzato di quelle donne ai lavori di casa fu uno dei pilastri del femminismo per almeno due generazioni. Ancor oggi, l'immagine di una di loro, 'Rosy the Riveter' (Rosetta l'imbullonatrice), è una icona fra le più amate.
Dire 'we built it' crea dunque frizione e ambivalenza nell’immaginario femminile americano.
5. La stessa cosa vale con l'elettore di razza ed etnia diversa da quella bianca ed europea. Il problema qui è il pronome 'it'. A che cosa si riferisce l'It di 'We Built It'? All'azienda, se rimaniamo nel contesto originale. Ma è altrettanto chiaro che nel più ampio contesto di una elezione presidenziale si riferisce anche e soprattutto alla nazione. A quel punto, ad un 'We Built It' pronunciato dell'elettore repubblicano di riferimento non può che seguire un fremito di rabbia in tutti gli altri. Se ci si riferisce al paese, anche gli afro-americani l'hanno costruito - ma in catene come schiavi. In un paese dove i lavori pesanti vengono svolti per la stragrande maggioranza da afroamericani e latinos, il 'we' usato dai repubblicani suona un tantino fuori luogo.
6. Ma 'We Built it' suna stonato anche all'orecchio di chi si è appena laureato e non trova lavoro. Anche questi elettori vorrebbero fare qualcosa della loro vita. Si tratta di un elettorato potenzialmente incline al voto di protesta o all'astensione e proprio per questo da coltivare. Ma anche in questo caso 'We Built It' non pare funzionare perché eccessivamente assertivo e rivolto al passato. Perché scaldarsi al grido di 'l'abbiamo costruito' quando dopo una laurea non si trova lavoro? Lo stesso vale per chi non è andato all'università e svolge mansioni d'ufficio. Perché un commesso, un impiegato, un addetto alla manutenzione, dovrebbe scaldarsi per uno slogan che calza a pennello solo alla punta della piramide aziendale?
Quanti possono dire 'We Built It' non avendo nessuno sopra di sé? Quanti si sono fatti da soli? Quanti lavorano in proprio? Non molti, pare sensato dire.
7. E' stata quindi una scelta azzeccata fare di 'We Built It' lo slogan della Convention repubblicana?
Così non pare - se l'obiettivo era di raggiungere il più vasto numero di americani possibile.
Si potrebbe ribattere che la frase è comunque ben scelta perché punta dritto al dunque: desideri che lo stato intervenga di più o di meno nella vita della società? Ma anche in questo caso la risposta data al problema non pare tale da muovere gli indecisi in un senso o nell'altro. Se uno (stento a dire una) era già dell'opinione prima, lo rimarrà anche dopo. Altrimenti lo slogan non sembra suggerire alcun contenuto di verità tale da far cambiare opinione a chi non la pensa come i repubblicani su questo punto.
8. Anche volendo prendere lo slogan seriamente, non reputo credibile la refutazione del discorso di Roanoke, e questo per tre ordini di motivi, il primo storico, il secondo cognitivo e il terzo filosofico.
Partiamo da quello storico, citando solo alcuni esempi macroscopici. Il mito dell'uomo che si fa da solo nel nuovo mondo è esattamente quello, un mito. Senza il nazionalismo operoso dei primi cinquant'anni della repubblica non ci sarebbero state le stare, i ponti e le ferrovie necessarie al decollo industriale della nazione. Fu il governo federale a produrre la mappe che aprirono il Far West e senza l'intervento del governo il paese non sarebbe sopravvissuto alla Grande Depressione.
Se è pur vero che ci sono cognitivisti che ancora cercano nel cervello le categorie innate con cui affrontiamo il ragionamento, paiono più convincenti quelli che ritengono, come Alva Noe, che il pensiero avviene nell'interrelazione del cervello con il mondo circostante. Un cervello chiuso in una stanza ben poco potrebbe. Da cui per estensione logica deriva che un individuo isolato ben poco costruirebbe senza le relazioni che lo legano all'ambiente sociale che lo circonda.
Posizione questa già presa dal pragmatismo classico americano ed in particolare da Charles Sanders Pierce. Sulla teoria di Pierce edificò il suo modello di paradigma Thomas Kuhn. E' a Kuhn che si deve la moderna teoria secondo cui le scoperte non sono mai attribuibili ad un solo scienziato ma all'operare della comunità scientifica nel suo insieme.
In altre parole, 'we built it' funziona solo se il soggetto 'we' include tutti gli americani, tutti gli scienziati, tutti i soggetti pensanti.
9. L'idea che chi fa tanti soldi si è fatto da solo e quindi ha diritto a tenere per sé quanto più può è umanamente comprensibile, ma non è gran che come visione del mondo.
Viviamo sempre immersi in reti di relazioni e riceviamo quanto diamo al prossimo, sia in beni materiali che immateriali. Credere il contrario porta ad arroccarsi nell'illusione dell'autosufficienza.
Come capitò ai primi coloni inglesi che sbarcarono a Roanoke.
Potendo contare solo sugli approvvigionamenti portati via nave dalla madrepatria, in poco tempo perirono, tanto che oggi negli annali di storia si parla della 'Lost Colony of Roanoke', la colonia perduta di Roanoke. Ben altro destino toccò al capitano John Smith e ai coloni che fondarono Jamestown. Furono aiutati dagli indiani e quindi riuscirono a sopravvivere.
Se la storia americana inizia nel 1607 a Jamestown, allora la radice più vera di questo paese poggia sulla solidarietà, non sull'autosufficienza dell'individuo-imprenditore. Solidarietà subito tradita visto cosa ebbero in cambio gli indiani. Ma non è mai troppo tardi per tornare alle origini e correggere gli errori commessi in seguito. C'è sempre speranza. Hope, appunto. È questa parola - sosteneva il filosofo Richard Rorty - che distingue la destra dalla sinistra americana. E i fatti della recente politica americana paiono dargli ragione.
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