La European Banking Authority ha di recente pubblicato i risultati del Transparency Exercise indirizzato, per l’appunto, a “fare trasparenza” sullo stato di salute di 105 gruppi bancari su 21 paesi europei, per un totale di 30 trilioni di euro di asset, pari al 67% degli attivi del settore a livello europeo.
Lo stato di salute delle banche migliora ma permangono elementi di criticità
Per valutare lo stato di salute delle banche europee, l’anno scorso si sono effettuati veri e propri “stress test”, mirati a comprendere quanto sarebbero state in grado di resistere a shock dell’ambiente macro-economico di riferimento; simili esercizi di stress verranno ripetuti, sulle principali banche europee, l’anno prossimo. Di recente, invece, la European Banking Authority (EBA) ha pubblicato i risultati di un Transparency Exercise condotto su 105 gruppi bancari di 21 paesi europei. Rispetto agli stress test, il transparency exercise è un esercizio più semplice, che prevede “solamente” la raccolta, l’analisi e la pubblicazione di una serie di dati (riferiti al 30 giugno 2015) utili ai policy maker per individuare le debolezze dei sistemi finanziari nazionali e agli analisti per avere dettagli sulla situazione economico-patrimoniale delle banche interessate.
L’esercizio della EBA*, che complessivamente ha riguardato 30 trilioni di euro di asset, pari al 67% degli attivi del settore a livello europeo, è stato focalizzato soprattutto su quattro aree di analisi: i ratio patrimoniali, la qualità degli attivi, la profittabilità e l’esposizione in titoli pubblici delle banche.
Nel complesso, i dati mostrano un generale miglioramento della capitalizzazione delle banche europee, con un CET1 ratio (rapporto tra capitale di qualità primaria e totale attivi ponderati per il rischio) che raggiunge un livello medio pari al 12%, al di sopra dei minimi regolamentari. Questa maggiore capitalizzazione ha permesso alle banche di avere le spalle sufficientemente robuste per riprendere a erogare credito all’economia, con un incremento dei prestiti erogati verso clienti retail e corporate nel primo semestre 2015. E questo è un buon segnale, perché un ritorno al fluire del credito verso l’economia è allo stesso tempo un segnale e un motore della ripresa economica.
Rimangono però alcuni dei punti di debolezza già evidenziati dalla crisi: la (scarsa) qualità degli asset e la (poca) redditività del sistema bancario.
Per quanto riguarda gli asset si osserva un, per quanto graduale, miglioramento della qualità degli attivi, ma permangono un 6% di esposizioni cosiddette “non performing” (ossia verso creditori in difficoltà finanziarie o in stato di insolvenza).
La redditività, dall’altro lato, rimane debole in confronto a quanto storicamente osservato e rispetto al costo dell’equity delle banche. Si osserva però un segnale di miglioramento nel primo semestre del 2015, con un incremento degli utili riconducibile principalmente alle attività di trading e alla diminuzione delle svalutazioni sui crediti (grazie anche all’allentarsi della crisi economica).
Infine, l’esposizione al rischio sovrano rimane rilevante, ma in diminuzione. In alcuni paesi, più del 70% del debito pubblico in circolazione rimane in capo alle banche nazionali.
Permane un quadro relativamente disomogeneo a livello europeo
Analizzando più in dettaglio i dati del transparency exercise, emerge che il quadro è tutt’altro che omogeneo sia tra paesi sia tra istituzioni bancarie.
Le banche del nord Europa sono generalmente più capitalizzate (Finlandia e Svezia in primis), hanno attivi di qualità superiore (Norvegia e di nuovo Svezia e Finlandia sono i tre paesi con meno crediti anomali) e sono mediamente più redditizie. La Germania presenta banche poco redditizie ma con una qualità degli attivi relativamente buona e più capitalizzate della media. Il Regno Unito ha banche con buona qualità degli attivi (probabilmente anche per modelli di business meno commerciali) ma con redditività e capitalizzazione relativamente bassa.
In generale, sono maggiormente capitalizzate le banche piccole rispetto a quelle medie e grandi, che però hanno una migliore qualità degli attivi: il 17,7% dei crediti delle banche piccole è “problematico” contro un 8,8% per le banche medie e appena un 4,3% per quelle di dimensioni maggiori. Anche la redditività è direttamente proporzionale alla dimensione, con le banche maggiori che producono più utili rispetto a quelle medio-piccole.
Ventidue banche hanno una quantità di attività deteriorate superiore al 15%, e di queste otto sono italiane.
In Italia permangono alcuni elementi di criticità
Sempre a proposito di Italia, cosa si può evincere dai dati pubblicati?
Il nostro Paese si colloca al quartultimo posto per capitalizzazione media delle proprie banche (11,5% di CET1 medio contro un 12,8% registrato a livello europeo) e al quintultimo per quanto riguarda l’incidenza dei crediti anomali sul totale (16,7% contro una media del 5,6%). Anche guardando alla redditività non si può essere molto più ottimisti: con un 5,2% di return on regulatory capital, l’Italia si colloca al penultimo posto tra i paesi oggetto di indagine.
L’esposizione verso il debito sovrano è ancora piuttosto elevata: le nostre banche detengono circa 370 milioni di euro di titoli di debito pubblico, due terzi dei quali emessi dallo Stato italiano.
Quali messaggi per il futuro del sistema bancario
Emergono, dall’analisi dei risultati, alcuni messaggi chiave. Più che altro si tratta di conferme di fatti già noti agli addetti ai lavori.
In primis, il problema dei crediti anomali non è stato affrontato e risolto in modo omogeneo nei diversi paesi, e sarà importante indirizzare la questione per permettere a tutti i sistemi bancari di svolgere efficacemente il proprio ruolo di concessione di credito e risorse finanziarie all’economia reale.
In secondo luogo, i risultati in termini di maggiore capitalizzazione delle banche europee, risultato di regolamentazioni più stringenti e azioni di “pushing” da parte delle authority, è un buon segnale in termini di robustezza delle banche europee.
Robustezza che, però, dovrà essere rafforzata riportando le banche ad avere livelli di redditività accettabili, che permettano di remunerare e generare organicamente capitale attraverso l’accumulazione di utili. Con tassi di interesse prossimi allo zero, costi del credito ancora relativamente elevati e costi imposti da regolamentazioni sempre più stringenti, un ritorno ad elevate redditività non sarà facile. La revisione dei modelli di business delle banche e un’attenta valutazione delle strategie sarà pertanto fondamentale nel prossimo futuro, al fine di garantire veramente una sana ripresa del comparto e allontanare quanto più possibile il rischio di future crisi nel settore bancario.
* European Banking Authority, “Report – 2015 EU-wide transparency exercise”, 25 Novembre 2015
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