1. Quando si legge di Cina e in particolare di economia cinese, si percepisce un ampio consenso sul fatto che la forte dipendenza economica dalle esportazioni estere degli ultimi vent’anni non è dovuta alla contingenza ma è il riflesso di un problema strutturale: una scarsa propensione dei cinesi ai consumi che genera una domanda interna insufficiente.

Nell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle, un piccolo passo in avanti verso un modello di crescita economica più sostenibile è stato compiuto: il 18 ottobre 2012 il National Bureau of Statistics cinese ha dichiarato che nei primi nove mesi del 2012, il consumo (Government Consumption e Household Consumption) ha contribuito per circa il 55 % alla crescita economica cinese, portando così a concludere che, per l’anno in corso, la crescita economica cinese non sarà più investment-led.

Si tratta di un dato poco commentato e passato per lo più inosservato, degno tuttavia di menzione. Segna infatti un cambio di passo cruciale per un paese la cui economia da circa una decade è cresciuta su fondamenta poco solide: gli investimenti. Diverse fonti riportano come le stime riviste dall’Ufficio Statistico cinese per l’anno 2011 mostrassero già questo trend: per l’anno 2011, il contributo alla crescita del PIL è stato per il 55,5 % dovuto ai consumi, il 48,8 % agli investimenti; contributo negativo invece delle Net Export (-4,3 %).

2. Alla radice dell’inconsistenza della domanda domestica, s’individua il basso livello di reddito della popolazione rurale e dei lavoratori immigrati nelle aree urbane. Entrambe le cose sono legate da un doppio filo al sistema hukou.

Hukou 3
Hukou 3

Ideato oltre duemila anni fa principalmente al fine di rendere efficiente la riscossione dei tributi sull’ampio territorio cinese e garantire l’esercizio del potere imperiale e la stabilità politica, il sistema hukou si è affermato come uno strumento istituzionale proprio della società cinese che, nonostante le evoluzioni che l’hanno interessato nei secoli, è sopravvissuto alle fine dell’Impero fino ad essere adottato e rafforzato dalla Repubblica Popolare Cinese.

Nella Cina moderna il sistema hukou divide e organizza la popolazione in base a criteri geografici quali il luogo di nascita e/o le origini della propria famiglia di appartenenza.

L’hukou è uno strumento amministrativo, le cui attuali basi legali sono la Regulation on Household (Hukou) Registration (1958) e la Regulation on Resident’s Personal Identity Card (1985). Lo strumento è stato concepito al fine di raccogliere informazioni sensibili sui cittadini quali il luogo di residenza, il luogo di provenienza della famiglia e la propria parentela.

Ogni cittadino deve registrarsi presso le autorità competenti del proprio luogo di origine e acquisire un certificato hukou, certificato che Fei Ling Wang, uno tra i più autorevoli studiosi del sistema di registrazione cinese, descrive come indispensabile in ogni ambito della vita di un cinese: in ambito lavorativo, ma anche in quello personale (per potersi sposare e richiedere la propria birth quota), in ambito educativo (iscrizione all’università) e perfino per richiedere l’attivazione di una linea telefonica.

Fino al 1998, l’hukou lo si ereditava dalla madre; dal 1998 in avanti o dalla madre o dal padre. Sulla base del loro luogo di residenza registrato, il nuovo nato avrà un hukou rurale (non-agricolo) o urbano. La mobilità in ascesa (dalle campagne alle città) è permessa de jure solo in caso di autorizzazione da parte delle autorità, anche se, de facto, in anni recenti si è registrata una maggior apertura e flessibilità, soprattutto per ragioni economiche quali la necessità di manodopera.

Chiunque desideri trasferirsi in modo permanente dovrà richiedere un hukou qianyi zheng (Migrant Hukou Certificate), concesso sotto alcune stringenti condizioni: rilascio di un certificato di impiego da parte del proprio datore di lavoro, la presentazione di una prova di ammissione ad una scuola (accreditata dallo Stato), oppure la concessione di un permesso speciale da parte della autorità (hukou zhunqian zheng). Qualsiasi persona che vive al di fuori del proprio hukou per più di tre giorni dovrà registrarsi presso l’ufficio di polizia locale e richiedere un certificato di hukou temporaneo (zanshuzheng) in caso di permanenza superiore ai tre mesi (fino ai sei mesi) con possibilità di rinnovo.

Adottato nel 1958, salvo alcuni tentativi d’innovazione a livello locale portati avanti con il bene placito del governo centrale (Chongqing, Guangzhou; per una panoramica sulle riforme finora avviate http://hukoureform.wordpress.com/), nella sostanza il sistema hukou non è stato riformato a livello nazionale.

Esso è funzionale a tre esigenze del Partito Comunista Cinese:

1) efficiente allocazione di risorse;

2) controllo e regolazione della migrazione interna;

3) monitoraggio dei così detti zhongdian renkou (targeted people), individui considerati “pericolosi” dal partito.

L’obiettivo è di garantire la stabilità socio-politica della Repubblica Popolare Cinese in modo che possa verificarsi la crescita economica, fondamento del “contratto sociale” tra il partito e i cittadini cinesi.

La prima funzione si pone come uno strumento in un’economia pianificata volto a regolare la mobilità dei lavoratori tra zone rurali e urbane e assicurare la soddisfazione del fabbisogno alimentare della popolazione non-agricola.

La seconda funzione, intimamente legata alla prima, vuole regolare lo sviluppo urbano e l’immigrazione dalle campagne alle città al fine di evitare, durante un periodo di massiccia industrializzazione, un esodo della popolazione rurale e l’emergere di baraccopoli.

Hukou 2
Hukou 2
L’ultima funzione sposa il requisito, proprio di un regime autoritario quale quello cinese, di mantenere la stabilità prima di tutto (Wending yadao yiqie).

Parallelamente alle implicazioni etiche che tale sistema solleva, la discriminazione e la disparità nelle opportunità su base geografica, si materializzano, in modo sempre più evidente a seguito della crisi finanziaria del 2008, nella veste di costi in termini di mobilità sociale. Ciò nonostante, tale sistema conosce ancora oggi un buon grado di legittimità e di applicazione. Una delle ragioni di tale legittimità, argomenta Fei Ling Wang, è riconducibile al fatto che quasi tutte le dinastie a partire dai Qin (III secolo a.C.) hanno adottato varianti del sistema hukou, con differenti gradi di effettività ed efficacia. Nel 1949 quando il Partito Comunista Cinese è salito al potere, mantenere il sistema hukou è apparsa come una scelta naturale, in risposta al bisogno di controllo che il Partito aveva sulla società e all’esigenze proprie di un’economia pianificata. Sotto l’egida comunista, il sistema hukou è stato rafforzato nei suoi meccanismi discriminatori e notevolmente irrigidito, nonostante le sue radici siano piuttosto antiche.

Ciò che è in atto, è un sistema che struttura la società cinese su un principio di esclusione istituzionale dove i diritti e i benefici sono connessi al proprio luogo di residenza. In altre parole, guardando il fenomeno da una prospettiva squisitamente economica, il sistema hukou si presenta come una barriera istituzionale alla sostenibilità economica di lungo periodo del Regno di Mezzo.

3. Durante la cerimonia di consegna del premio Nobel per l’economia del 9 dicembre 1993, Douglas North affermò che le istituzioni contano in un’economia. Le istituzioni sono le costrizioni ideate e concepite dall’uomo che strutturano l’interazione politica, economica e sociale. Coincidono sia con le regole formali, quali la costituzione, le leggi, le norme sia con le costrizioni informali quali la prassi, la tradizione, i taboos e i codici di
condotta.

Il sistema hukou cinese è un perfetto esempio di tutto questo. Si presenta, infatti, come un estensivo, capillare e potente mezzo di esclusione istituzionale. Fondamentalmente, tale barriera conferisce alla Cina una struttura
duale, urbano-rurale, in cui i cittadini aventi hukou-rurale sono gli esclusi. Segmentando la popolazione al fine di controllarla, il sistema hukou disegna una gerarchia socio-politica del territorio cinese, dalle città metropolitane alle remote zone rurali, passando per centri urbani grandi, medi e piccoli, piccole città e villaggi suburbani.

Inoltre, da un punto di vista economico, nonostante le riforme avviate negli anni ’80 che hanno limitato i molti privilegi del cittadino urbano, ad oggi il sistema hukou mantiene e perpetua una distribuzione delle risorse e un accesso alle opportunità diseguale.

I benefici sociali disposti dallo Stato (sussidi per l’acquisto di un’abitazione, assistenza sanitaria, supporto in ambito educativo, sistema pensionistico) sono legati al luogo di residenza. In tale sistema, coloro che detengono un hukou rurale hanno netti svantaggi: non solo il welfare state nelle campagna è poco strutturato e scarsamente presente, ma le prospettive lavorative nelle campagne sono notevolmente inferiori. Tale condizione è aggravata dalla normativa in merito ai diritti di proprietà che conferisce ai contadini il diritto di usufrutto della terra, bene che tuttavia è di proprietà statale, e dei diffusi casi di esproprio senza giusta compensazione da parte di funzionari di partito che alimentano il disagio sociale.

Allo stesso tempo, i migranti aventi hukou rurale che lasciano le campagne trasferendosi in centri urbani vedono la loro capacità di consumo notevolmente limitata dalle spese che sono tenuti a sostenere non usufruendo dei benefici e non accedendo ai servizi forniti dallo Stato, garantiti invece ai detentori di hukou
urbano.

In conclusione, i rural-hukou holders, presentando un vincolo di bilancio molto più stringente rispetto agli urban-hukou holders, sono istituzionalmente esclusi e impossibilitati a contribuire alla formazione di una domanda domestica consistente, condizione necessaria al ri-bilanciamento dell’economia del Regno di Mezzo
verso il mercato interno.