1. È curioso il destino della discussione in Italia sui finanziamenti privati alla politica, perché di essi, soprattutto negli ultimi vent’anni, si è parlato poco, benché nella storia repubblicana i finanziamenti privati siano sempre esistiti, come unica fonte di sostentamento dei partiti fino al 1974, poi in accoppiata col finanziamento pubblico (declinato in modi diversi) dal 1974 al 1993 e ancora - malgrado il referendum abrogativo del 18-19 aprile 1993 - sino a oggi.
In altre occasioni mi è capitato di sostenere che per i finanziamenti privati la legislazione vigente è afflitta da due problemi cruciali: il deficit di conoscenza dei dati, in particolare per le campagne elettorali; l’evanescenza dei limiti soggettivi e l’assenza di limiti quantitativi, sicché in definitiva ognuno può dare quanto vuole e ciò che vuole.
È oggi necessario tornare a parlare di soldi privati ai partiti, perché di recente il Governo ha annunciato con una certa enfasi l’approvazione di un disegno di legge con cui si vorrebbe abolire il finanziamento pubblico e privilegiare quello privato: una «rivoluzione copernicana», sostiene il Governo (testo e relazione d’accompagnamento, presentati alla Camera).
Il disegno di legge governativo non pone rimedio al deficit di conoscenza dei dati sui finanziamenti privati.
Limitiamoci alle sole campagne per l’elezione a Camera e Senato: oggi la legge non permette all’opinione pubblica di sapere (su internet e in open data, da un’unica fonte pubblica) chi abbia finanziato un partito o un candidato, e con quanto lo abbia finanziato, né prima, né durante, né dopo la campagna elettorale. Questa oscurità s’afferma malgrado esistano ben tre obblighi di pubblicità.
Anzitutto i partiti devono presentare a Camera e Senato i consuntivi di campagna elettorale (fonti di finanziamento proprie e da privati; spese sostenute: art. 12, l. 515/1993). I consuntivi sono preordinati all’accesso ai rimborsi elettorali pubblici, ma non sono pubblicati in internet; sono controllati dalla Corte dei Conti, con atto pubblicato su internet, il quale però riporta solo i totali: ad esempio, per le elezioni 2008 risultano finanziamenti propri e da privati per il Popolo della Libertà di € 52.673.186 (pag. 70), per il Pd di € 19.787.787 (pag. 126).
Inoltre ogni candidato – anche se non eletto - deve presentare un analogo consuntivo personale a Camera o Senato, nonché al Collegio regionale di garanzia elettorale per un controllo di regolarità (artt. 7-14, l. 515/1993). Questi consuntivi personali devono contenere le dichiarazioni congiunte (erogante e ricevente) sui finanziamenti o contributi da privati (art. 2, l. 441/1982). Sennonché i consuntivi e gli atti di controllo non sono pubblicati in rete (cfr. ad esempio i Collegi piemontese e laziale); le dichiarazioni devono essere pubblicate su bollettino cartaceo della rispettiva camera (art. 9, l. 441/1982) e possono essere pubblicate in rete, ma a discrezione dei singoli deputati.
Infine parlamentari, gruppi e partiti (fra gli altri) devono rendere alla Camera dichiarazioni congiunte, quand’anche il finanziamento o contributo privato non venga erogato per una campagna elettorale (art. 4, l. 659/1981). Neppure queste dichiarazioni sono accessibili in rete.
Talvolta qualche dato trapela, a dimostrazione che oggi – malgrado i generosi finanziamenti pubblici – anche i finanziamenti privati alla politica non sono poca cosa. Ad esempio, la stampa ha reso note le dichiarazioni congiunte della l. 659/1981 nel periodo 1.12.2012-30.04.2013, per un importo complessivo di circa € 40.000.000. Nella stessa relazione del disegno di legge governativo si sostiene che nel 2011 risultano erogazioni liberali da parte delle persone fisiche per «circa» € 37.300.000 e da parte delle società per «circa» € 6.300.000. Queste stime sono però per difetto, perché riguardano solo le erogazioni ammesse a detrazione – all’epoca, quelle comunque inferiori a € 103.291,38 – e non tutte le altre, superiori a questo limite, come precisa la stessa relazione governativa (pagg. 11-12).
Dal 1997 esiste un ulteriore adempimento per le forze politiche: i rendiconti annuali (art. 8, l. 2/1997). Sinora questi rendiconti – redatti da ciascuna forza politica a suo modo – sono stati pubblicati a cura della Camera sulla Gazzetta Ufficiale in tomi di migliaia di pagine (quello 2011 è di 2064 pagine), su carta e con costi rilevanti (costo del tomo 2011: € 129). Solo dal primo gennaio 2013 questi rendiconti sono reperibili gratis sul sito della Gazzetta Ufficiale (2011).
Nella scorsa legislatura la l. 96/2012 ha previsto che questi rendiconti dovranno essere pubblicati open data in internet, indicando anche l’identità di chi dona, qualunque sia l’importo donato (art. 9, l. 96/2012). La scelta è stata meritoria, benché non sia chiaro se debba essere indicato anche chi dona per un’elezione, o le donazioni di beni e servizi (che hanno pur sempre un valore economico, traducibile in denaro). D’altronde, la l. 96/2012 prevede l’avvio di questo meccanismo dal 2014 ed ex post, dopo il controllo di un nuovo organo (qui il lungo nome e la composizione).
2. Il disegno di legge governativo (cfr. art. 5, co. 2°) non contiene novità sul punto, perché si limita a confermare la scelta della l. 96/2012 (pubblicazione dei rendiconti annuali in open data sui siti dei partiti e del Parlamento).
Addirittura, per altro verso, il disegno di legge governativo sembra ostacolare l’esigenza di una conoscenza in open data su internet, perché con una disposizione dal suono antico (art. 5, co. 3°) si prevede che «tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per l’elezione della Camera dei deputati hanno diritto di conoscere, secondo le modalità stabilite dal Presidente della Camera dei deputati, l’elenco dei soggetti che hanno erogato i predetti finanziamenti o contributi» (quelli della l. 659/1981) «e i relativi importi».
Da tempo (1982) vale un analogo “diritto di conoscenza” di questi dati in favore degli stessi cittadini (cfr. il comma 2° dell’art. 9, l. 441/1982). Soprattutto il disegno di legge governativo rischia di perpetuare lo status quo di nulla o scarsa conoscenza sostanziale, perché lascia al Presidente della Camera la definizione delle “modalità” d’esercizio del diritto (in questo caso davvero la modalità è importante); dunque non si può escludere che lo stesso Presidente continui a ritenere necessaria e sufficiente l’attuale pubblicazione cartacea in bollettino (cfr. il co. 1° dell’art. 9, l. 441/1982).
Occorre riconoscere che oggi non esistono limiti massimi ai finanziamenti o contributi privati (ad esempio, distinti per tipologia di finanziatore, o in base alla fonte, come il patrimonio personale o familiare). Quindi ognuno può dare quanto vuole e ciò che vuole (anche in forma di beni o servizi), salvi gli obblighi di dichiarazione. Altra questione pone il trattamento fiscale delle donazioni in denaro, che oggi sono in parte detraibili secondo percentuali ed entro limiti massimi variabili (artt. 15 e 78, d.p.r. 917/1986). È noto che la definizione di queste percentuali e limiti non è irrilevante, perché comporta comunque una rinuncia (maggiore o minore) a entrate per l’Erario. I limiti soggettivi delle donazioni, poi, sono blandi, perché le amministrazioni e le società pubbliche non possono finanziare o contribuire, ma ogni altra società può farlo con decisione dell’organo competente iscritta a bilancio (art. 7, l. 195/1974), fermo restando che i singoli possono donare senz’altro.
Può piacere o meno questo status quo (a me non piace); comunque esso rimarrebbe, se fosse approvato il disegno di legge governativo.
Con tale disegno di legge, infatti, l’intervento pubblico cambierebbe, da ‘diretto’ a ‘indiretto’ (artt. 1, 9 e 10), perché si vorrebbero «abolire» gli attuali finanziamenti pubblici, prevedendo: (a) detrazioni fiscali per donazioni fino a € 20.000 da parte delle persone fisiche e fino a € 100.000 da parte delle società, così rimodulando le detrazioni già esistenti (artt. 15 e 78, d.p.r. 917/1986); (b) destinazioni del 2x1000 della propria imposta sul reddito da parte dei contribuenti (vera novità della proposta governativa).
Tuttavia, il disegno di legge governativo non introduce tetti massimi alle donazioni.
Certo, non sarebbero incentivate fiscalmente le donazioni private oltre i € 100.000 (peraltro già oggi è in sostanza così), ma dubito che per questo sparirebbero le grandi donazioni e i grandi donatori (persone fisiche e giuridiche).
Con le detrazioni fiscali per donazioni e il 2x1000 previsti dal disegno di legge governativo lo Stato rinuncerebbe ai corrispondenti introiti fiscali. Secondo la stessa relazione al disegno di legge (pagg. 12-13), il Governo prevede per il 2015 e il 2016 minori introiti derivanti dalle nuove detrazioni fiscali per € 54.600.000 (contro i minori introiti per € 21.800.000 derivanti dalle attuali detrazioni fiscali). Quanto al 2x1000, invece, il Governo prevede che esso possa essere almeno pari € 143.800.000 per il periodo 2014-2017 (cfr. art. 10, co. 4°).
Quindi, totali € 198.400.000 in meno per l’Erario.
Si è detto che col disegno di legge il Governo vorrebbe abolire gli attuali finanziamenti pubblici, che oggi - a seguito dell’ultima legge in materia n. 96/2012 – sono: (a) i cosiddetti rimborsi elettorali; (b) i contributi pubblici per le attività istituzionali dei partiti; (c) i contributi pubblici proporzionali alle quote associative raccolte e ai finanziamenti privati ricevuti.
I primi sono noti da tempo (metà degli anni Novanta), mentre gli altri due sono stati introdotti dalla stessa legge n. 96/2012, la quale però ha ridotto a non più di € 91.000.000 per anno le risorse complessive per queste tre forme di finanziamento pubblico diretto.
Tale riduzione della legge n. 96/2012 si è affermata per andare incontro – in qualche modo – al dubbio (fondato) sull’eccessiva generosità dei rimborsi elettorali, che dal 1994 al 2008 sono stati circa il quadruplo rispetto alle spese sostenute dai partiti. Infatti, nelle elezioni nazionali 2008 (le ultime per le quali si hanno dati ufficiali) i partiti hanno affrontato spese ‘riconosciute’ per € 110.127.757 e hanno ricevuto - in ragione di queste spese - € 503.094.380 di fondi pubblici, nella forma dei rimborsi elettorali. Nel periodo 1994-2008 le spese riconosciute per elezioni nazionali, regionali, europee sono state pari ad € 579.004.393 e i rimborsi elettorali erogati sono stati pari ad € 2.253.612.233 (pag. 18, i dati della Corte dei Conti).
Secondo il disegno di legge governativo (art. 14), l’abolizione non sarebbe immediata ma graduale, perché le tre indicate tipologie di finanziamenti pubblici diretti resterebbero per il 2014, 2015 e 2016 in misura progressivamente ridotta, per poi sparire dal 2017 “a regime”.
La relazione governativa (pag. 15) stima che per il triennio di transizione 2014-2016 le risorse pubbliche ancora a disposizione dei partiti sarebbero pari a € 136.500.000.
Nel disegno di legge governativo è invece nuova la previsione dei benefici non monetari ai partiti, che consisterebbero: (a) nella possibilità per l’Agenzia del Demanio di concedere ai partiti con canone agevolato immobili pubblici per lo svolgimento di attività politiche (art. 11); (b) nella possibilità per la RAI di diffondere gratis «messaggi pubblicitari» dei partiti per «rappresentare alla cittadinanza i loro indirizzi politici» (non più di un minuto), messaggi per i quali i partiti stessi sosterrebbero i costi di ideazione e produzione (art. 12).
La spesa autorizzata nel 2014 per l’attuazione di questi messaggi pubblicitari è pari a € 1.000.000 (art. 12, co. 4°).
Il disegno di legge governativo, invece, non affronta la ridefinizione di tutte le altre forme di sostegno indiretto oggi esistenti per l’attività dei partiti (si pensi ad esempio alle cospicue agevolazioni tariffarie per i servizi postali), rinviando per questo ad un futuro testo unico (art. 13).
Da tempo circola in Italia l’idea – condivisibile – di affiancare la riforma dei finanziamenti a una disciplina legislativa dei partiti, che sinora si sono atteggiati come ‘semplici’ associazioni.
Il disegno di legge governativo va in questo senso, perché prevede che per accedere di volta in volta alle donazioni fiscalmente agevolate, al 2x1000 e ai benefici non monetari i partiti devono dotarsi di uno statuto redatto secondo determinati principi, volti ad assicurare maggiore democraticità, trasparenza e partecipazione degli iscritti (art. 3 e 4).
Non voglio qui discutere questa parte importante della nuova disciplina proposta, ma solo ribadire che i nuovi statuti dovrebbero essere adottati solo dai partiti che intendessero accedere alle indicate misure di favore.
3. Tirando le somme, dunque, il Governo prevede per il periodo 2014-2017 un impegno dello Stato per i partiti pari a € 335.900.000, di cui € 198.400.000 di minori introiti per l’Erario (detrazioni sulle donazioni; 2x1000) ed € 136.500.000 di finanziamenti pubblici diretti in via d’estinzione, più ancora € 1.000.000 per i messaggi pubblicitari gratuiti.
Giudichi il lettore se siano pochi o tanti denari, e se essi costituiscano una “giusta” somma. Giudichi poi il lettore l’eterna eccezione italiana, ove molte democrazie occidentali sono caratterizzate da sistemi di finanziamento pubblico + privato, incluse forme di contribuzione pubblica diretta (un dossier della Camera per alcuni Stati europei). Anche negli Stati Uniti esistono per le elezioni, ad esempio quelle presidenziali, fondi pubblici federali, cui accedono i candidati minori che attraggono meno donazioni (i dati 2012 per Jill Stein), e cui invece rinunciano da tempo i candidati democratici e repubblicani, per non sottostare ai relativi vincoli (i dati 2012 per Obama e Romney). Ancora il lettore giudichi se al lamento di Luca Ricolfi sull’uso dell’espressione “abolizione del finanziamento pubblico diretto” da parte del Governo abbia ben risposto il Governo stesso, per bocca del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Filippo Patroni Griffi.
Resta invece il fatto che proprio quando si vorrebbero far divenire i finanziamenti privati la principale forma di sostentamento dei partiti, non si risolverebbero per gli stessi finanziamenti i problemi che si trascinano da anni, nel silenzio (deficit di conoscenza dei dati; evanescenza dei limiti soggettivi; assenza di limiti quantitativi).
D’altronde, il principale donatore vivente (al partito di cui egli stesso è leader da circa vent’anni), cioè Silvio Berlusconi, ha prontamente avviato il procedimento di ri-organizzazione del partito stesso, in ragione della nuova disciplina che si vorrebbe introdurre col disegno di legge governativo, dando la perfetta dimostrazione di come la legislazione sul finanziamento ai partiti influisca sull’organizzazione di questi ultimi.
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