Il Canale è il punto cardine dell'economia panamense e il suo impatto da un punto di vista finanziario, nei confronti delle casse dello Stato, è a dir poco stupefacente

Il 15 agosto 2014 si sono concluse le celebrazioni del Centenario di una delle più grandi opere di ingegneria al mondo, il Canale di Panama: proprio cento anni fa, infatti, avvenne ufficialmente l'inaugurazione di tale colossale costruzione, che ha cambiato la storia del Paese centroamericano e che si costituisce come una delle principali rotte di navigazione di tutto il pianeta.
Il ruolo anche simbolico del Canale è stato, nel corso degli anni, ampiamente riconosciuto a livello globale: proprio in virtù di ciò, l'anniversario ha rappresentato l'occasione per lo svolgimento del Gran Gala del Centenario, in cui diverse manifestazioni artistiche, musicali e teatrali e la partecipazione di 150 artisti nazionali hanno scandito l'evento.

Ma qual è la sua storia e quale è stato il suo ruolo nel corso dei suoi cento anni?
Innanzitutto, l'idea della realizzazione di un tracciato che unisse i due Oceani e collegasse il Nord ed il Sud America, consentendo un più agevole flusso dei traffici commerciali, iniziò a prendere corpo fin dal Cinquecento con la dominazione spagnola; in seguito furono i francesi, verso la fine dell'Ottocento, a pensare di poter rendere effettivamente concreta tale idea, ma la completa implementazione del progetto si deve agli Stati Uniti che, appoggiando l'indipendenza della Repubblica di Panama dalla Colombia, ottenuta poi nel 1903, si accordarono con lo Stato centroamericano per garantirsi la realizzazione e la successiva gestione del Canale. L'accordo consentì agli Stati Uniti di poter iniziare a costruire l'opera già a partire dall'anno successivo, portandolo a compimento nel 1914: si trattò del progetto americano più costoso di sempre, valutato allora intorno ai 375 milioni di USD, e l'eco della sua edificazione si ebbe in tutte le parti del globo.



Questo Canale artificiale, che parte da Colòn e arriva a Panama City, lungo 81 km, costruito per evitare alle navi la circumnavigazione di un intero continente, nel tempo ha rivoluzionato le rotte navali e commerciali
(Figura 1): a partire dalla sua inaugurazione, oltre un milione di navi ha solcato le acque interne di Panama, per una media annuale di 14.000 transiti, ovvero il 5% dell'intero traffico commerciale mondiale; ad oggi, è in grado di servire 144 rotte marittime che toccano 160 Paesi su 1.700 porti in tutto il mondo, configurandosi come il secondo canale più lungo al mondo dopo quello di Suez e rivestendo un'importanza strategica cruciale.
Nel 2013, il traffico complessivo si è attestato in termini di tonnellaggio oltre i 117 milioni per quanto riguarda i container ed oltre i 73 milioni per quanto riguarda le merci: si tratta di cifre ancora molto lontane da quelle di Suez, ma se si considera l'accresciuta dipendenza dell'economia statunitense da quella cinese, il sempre più importante ruolo che avrà il Pacifico negli equilibri globali e i lavori di ampliamento a cui è soggetta la struttura, ben si intuisce come tali dati siano destinati ad aumentare vertiginosamente negli anni a venire.

La storia più recente ha testimoniato un importante passaggio di consegne: nel 1999 dopo 85 anni di gestione da parte di Washington, il Canale è passato sotto il controllo diretto di Panama, che attraverso la ACP (Autoridad del Canal de Panamà), ne gestisce da allora l'intero traffico marittimo; tuttavia, gli Stati Uniti, a conferma del fondamentale ruolo geopolitico e geoeconomico dell'opera, continuano a presidiarlo militarmente.

Risulta dunque logico immaginare come il Canale abbia costituito il punto cardine dell'economia panamense ed attualmente, soprattutto dopo che Panama City ne ha assunto il pieno controllo, il suo impatto da un punto di vista finanziario, nei confronti delle casse dello Stato, è a dir poco stupefacente: è stato infatti calcolato che la gestione diretta da parte del Paese centroamericano abbia fruttato circa 8.5 miliardi di USD, cifra di gran lunga superiore agli 1.8 miliardi di USD che l'amministrazione statunitense ha versato, sotto forma di affitti ed imposte, a Panama nel corso degli 85 precedenti anni di gestione; l'ACP versa annualmente allo Stato una cifra che si attesta attorno a 1 miliardo di USD. Complessivamente, la struttura, che dà lavoro a circa 10.000 persone, rappresenta una quota che oscilla tra il 6% e 10% dell'intero PIL panamense.

Non è un caso dunque che l'economia locale, a partire dal 2000 fino ad oggi, abbia fatto registrare una crescita media annua pari al 6.8%. Con una popolazione di 3.6 milioni di abitanti, Panama si configura come il Paese latinoamericano con i più elevati tassi di sviluppo: nel 2013 il PIL locale ha raggiunto un +8.4%, nel 2012 e nel 2011 la crescita si è attestata addirittura sulla doppia cifra, rispettivamente al +10.6% ed al +10.5%
(Figura 2); inoltre, il futuro che si delinea appare alquanto roseo, considerando che l'incremento del PIL, fino al 2020, dovrebbe viaggiare mediamente attorno all'8%. Sono molto positivi anche altri indicatori macroeconomici: il PIL pro-capite locale, a parità di potere d'acquisto, l'anno scorso ha raggiunto una cifra tra i 16.500 USD e i 17.600 USD (dato più alto rispetto a quelli di Brasile, 12.100 USD, Messico, 15.600 USD, e della vicina Colombia, 11.100); il PIL complessivo, sempre a parità di potere d'acquisto, ha toccato quota 61.54 miliardi di USD e – dato che farebbe impallidire diversi Paesi dell'Unione Europea - il tasso di disoccupazione si colloca sotto il 4.5% (Figura 3).

Tale espansione si deve in particolar modo alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali (soprattutto per quanto riguarda trasporti, comunicazioni, ospedali e scuole) che hanno trainato il Paese negli ultimi anni e la crescita avrebbe potuto sperimentare tassi ancora più elevati, se le attività legate al Canale non fossero state rallentate dalla crisi mondiale. Ovviamente la favorevole posizione geografica contribuisce notevolmente nel rendere Panama una zona particolarmente attrattiva per gli investitori internazionali: la presenza di 15 Zone Franche, prima fra tutte quella di Colòn, situata sul lato Atlantico e dotata di buone infrastrutture, e le misure e le agevolazioni intraprese dal Governo per incentivare gli investitori hanno fatto il resto.

Oggi, Panama è un Paese proiettato nel futuro e l'esatta metafora di ciò è rappresentata – e non potrebbe essere altrimenti - proprio dai lavori di ampliamento con cui è alla prese la struttura (Figura 4): il referendum approvato dai panamensi nel 2006 ha dato il via libera ad un progetto che prevede la costruzione di nuove chiuse (ovvero le strutture che trasportano le navi da un estremo all'altro) e che dovrebbe essere in grado di raddoppiare l'afflusso delle navi; nello specifico, mentre le vecchie chiuse saranno utilizzate per le navi più piccole, quelle nuove permetteranno il transito delle cosiddette navi "Post-Panamax", termine con cui si intende una particolare tipologia di imbarcazioni le cui dimensioni non permettono loro di transitare nelle vecchie chiuse del Canale (sono lunghe quasi 400 metri e sono capaci di trasportare 13.000 container, il triplo di quelle attuali). A tal proposito, i lavori sono già iniziati nel 2007 e avrebbero dovuto completarsi entro il mese di ottobre di quest'anno, ma a causa di alcuni problemi sorti successivamente con il consorzio GUPC (Grupo Unidos Por el Canal, cui partecipa con il 38% delle quote anche l'azienda italiana Salini-Impregilo) che si è aggiudicato l'appalto, si prevede che il progetto sarà portato definitivamente a compimento entro dicembre 2015.

L'ambizioso obiettivo dell'Acp è quello di raddoppiare entro il 2025 il tonnellaggio di merci in transito attraverso il Canale, triplicando le entrate per le casse del Tesoro panamense e contribuendo in maniera vigorosa alla crescita di tutto il comparto marittimo e dei servizi ad esso collegati: l'impatto sull'economia locale, ma anche su quella mondiale, sarà di particolare rilevanza e consentirà un enorme aumento del numero di imbarcazioni e di flussi e traffici commerciali tra tutti i player globali, moltiplicando gli sbocchi all'interno del continente americano.

Tuttavia, vi è una sfida cruciale che Panama (ma anche gli Stati Uniti) sarà costretta ad affrontare nei prossimi anni e che potrebbe mettere seriamente a repentaglio la sua leadership in qualità di principale snodo logistico del continente: all'orizzonte, infatti, incombe il maestoso progetto sino-nicaraguense volto alla realizzazione del Canale di Nicaragua, il cui obiettivo dichiarato è quello di fare una agguerrita concorrenza a Panama e di rappresentarsi come valida alternativa ( Figura 5).

La Cina, dunque, dopo aver messo più di un piede nel continente africano, è pronta ad effettuare il proprio ingresso anche all'interno di quello che per lunghissimo tempo è stato considerato "il cortile di casa" degli USA, ovvero l'America Latina: lo scorso 7 luglio, il Presidente nicaraguense, Daniel Ortega, e l'uomo d'affari cinese, Wang Jing, che detiene la Hong Kong Nicaragua Canal Development Investment (HKND), società cinese basata a Hong Kong, hanno annunciato la realizzazione del nuovo Canale, i cui lavori potrebbero partire già a dicembre di quest'anno e concludersi nel 2020.

Si tratta di un mega-progetto dalle cifre iperboliche: sfruttando l'esistenza del lago Nicaragua (Cocibolca in lingua Nahuatl), l'opera, il cui costo complessivo dovrebbe ammontare a 40-50 miliardi di USD, avrà una lunghezza pari a 278 km (tre volte quella del suo competitor), un'ampiezza tra i 230 e i 520 metri e sarà perfettamente in grado di far transitare le grandi navi portacontainer da 400.000 tonnellate, per un traffico annuale di 5.100 imbarcazioni l'anno (Figura 6). L'intero piano, pensato in grande dai cinesi, prevede anche la costruzione di due porti, un aeroporto, una zona di libero commercio e un complesso turistico.

Nonostante le polemiche, le preoccupazioni e le opposizioni da parte di ambientalisti, popolazioni indigene locali e politici centroamericani, Managua, allettata dalla proposta cinese, già si frega le mani: sulla scia dell'esempio panamense, si calcola che il PIL nicaraguense possa fare un balzo considerevole, passando dall'attuale +5% al +15% nel 2016, con la creazione di circa 50.000 posti di lavoro per l'edificazione e di 150.000 nell'indotto. Il Nicaragua cambierebbe così radicalmente i connotati della sua economia.

La concreta implementazione di tale progetto potrebbe effettivamente stravolgere gli equilibri commerciali, politici ed economici di tutto il continente americano. Sarà dunque davvero interessante vedere in che modo reagiranno gli Stati Uniti e come potrebbe cambiare la storia di Panama: il suo centenario Canale riuscirà a conservare la propria posizione di supremazia anche nel XXI secolo, esercitando la stessa influenza?