Uno dei Paesi più poveri al mondo ancora molto lontano dalla pace sociale 

Pare lapalissiano dire che sia una terra impervia e pericolosa. Ce lo ricorda il triste fatto di cronaca nera recente: prima l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, successivamente il magistrato che indagava sulla loro morte, sono stati uccisi brutalmente.
Questo episodio conferma una volta ancora che la Repubblica Democratica del Congo (Figura 1) è una nazione a dir poco insicura, dove diverse decine di milizie e gruppi armati (Figura 2) “sfruttano” le risorse naturali, fanno scorribande, rapimenti e minacciano la popolazione locale mettendola sotto assedio con saccheggi e rapine.

I gruppi armati sono molti: le milizie di autodifesa autoctone, i Mai-Mai, le forze degli autori del genocidio in Ruanda, FDLR, i gruppi che sono spalleggiati da Ruanda, Burundi, Uganda, le milizie jihadiste. Ognuno di questi combatte per il proprio ideale, molti se non tutti, di fatto, sono mini-imprese che spesso trovano il proprio sostentamento nelle risorse naturali (Figura 3) di cui il Paese è ricco. Si autofinanziano con rame, cobalto, coltan, diamanti, oro, zinco, uranio, stagno, argento, carbone, e cosi via. Tra questi in particolare il cobalto ed il coltan - da cui si ottiene il tantalio - sono molto “attuali” essendo utilizzati sia nell’Industria dei telefoni cellulari che delle auto elettriche e hanno causato migliaia di morti nel tempo.
Tali lotte insistono su un tessuto sociale dilaniato e molto “variegato”: la Repubblica Democratica del Congo è il quarto Paese più popoloso in Africa con 105 milioni di abitanti, dopo Nigeria (con 214 milioni di abitanti), Etiopia ed Egitto, ed è uno tra i più etnicamente diversi al mondo. La Repubblica Democratica del Congo è un crocevia di rifugiati essendo base di partenza e di arrivo per centinaia di migliaia di persone, provenienti da Paesi Africani quali Ruanda, Repubblica Centroafricana e Burundi. La cornice etnica quindi è estremamente diversificata: nel Paese sono parlati circa duecentosettanta idiomi bantu e cinquanta sudanesi più diverse altre lingue di origine diversa.

Il Paese è poverissimo: i dati della Banca Mondiale sottolineano che la Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più poveri al mondo con il 72% della popolazione, specialmente nel Nord Ovest e nella grande regione del Kasai, che vive con meno di due dollari al giorno. Il dato è incredibile ed è bene soffermarsi un attimo per fissarlo: tre persone su quattro vivono con due dollari al giorno, sessanta dollari al mese, circa seicento dollari all’anno.

Questa situazione diffusa ha causato la nascita ed il proliferare della cosiddetta “generazione kalashnikov”, bambini-soldato che grazie all’arruolamento cercano di sottrarsi alla condizione di esclusione sociale e alla povertà a cui invece sarebbero condannati. Scuola? Troppo cara, mancano i soldi per mangiare. Lavoro? Pochissimo. Ascesa sociale? Molti, anche i giovanissimi, pensano di riuscirvi grazie all’arruolamento. E il bacino umano da cui attingere è molto ampio. Basti pensare che il 46% della popolazione del Paese ha tra zero e quattordici anni (Figura 4). Uno su due. L’età media della popolazione è 16.7 anni (in Italia 46.5 anni), una delle più basse al mondo e la prospettiva è di ridurla ancora poiché la fertilità rimane molto alta, circa sei bambini per donna, per via dello scarso uso di contraccettivi e della preferenza per famiglie più ampie.

Se la popolazione non ce la fa a fare fronte alle proprie necessità e/o desideri, decide di “strapparli” agli altri concittadini. Proprio come accade spesso nella Repubblica Democratica del Congo. È l’“homo homini lupus” del filosofo e matematico britannico Thomas Hobbes (“l’uomo è lupo per l’uomo”) che sta a sottolineare una visione pessimistica dell’uomo, la cui azione è basata esclusivamente sull’istinto di sopravvivenza.
Da un lato i saccheggi e la speranza di una vita “più ricca” ottenuta con la pistola, il kalashnikov, dall’altro molto poco, quasi nulla. Quale scegliere? Molti, i più “affamati” e “spietati” non hanno dubbi.
Una popolazione tanto giovane, soprattutto di questi tempi, ha un risvolto positivo (Figura 5): sono davvero in pochi in valore assoluto (circa 28.000) i malati d covid-19, se confrontati con quanto accade nel Mondo e poche centinaia i morti (726). Almeno stando ai dati ufficiali. L’altra epidemia che ha colpito ben undici volte il Paese è l’Ebola, che continua a fare paura con circa 3.500 casi e 2.200 morti registrati dal primo focolaio nel 1976 nei pressi del omonimo fiume Ebola.

I dati del Fondo Monetario Internazionale ci mostrano la variazione del Pil anno su anno (Figura 6) in linea con le altre Nazioni africane. In realtà, il problema è il punto di partenza. È evidente che la variazione positiva prevista per il 2021 pari a +3.6%, è da leggersi insieme al dato del valore assoluto che ci riporta ad un Pil molto basso, ed un Pil pro capite – ricordiamolo – di due dollari USA al giorno per i tre quarti della popolazione.
Nell’economia del Paese ha un ruolo molto importante l’estrazione mineraria. Basti pensare che le esportazioni si fondano prevalentemente sul rame con quasi il 60% del valore esportato tra raffinato e non (Figura 7). È una economia evidentemente influenzata dalla dinamica del prezzo del rame (Figura 8) che si è apprezzato nel corso dell’ultimo anno di quasi il 100%. E fare business (Figura 9) non è per nulla facile: l’instabilità sociale, il sistema fiscale, la difficoltà nel fare rispettare i contratti pongono la Repubblica Democratica del Congo alla posizione 183 su 190 Paesi al mondo.

Tornando, in conclusione, a fare un parallelismo con quanto scriveva Hobbes, se gli uomini sono portati per loro natura a combattere l’uno contro l’altro per la sopravvivenza, ora come allora (specialmente nella RDC) sembra ci sia l’assoluta necessità di un “gigante”, una figura che stabilisca e faccia rispettare le leggi con uno spirito di “pacificazione sociale”. Anche senza Leviatani di hobbesiana memoria, basterebbe intanto riuscire a concludere la delicata transizione politica tra Joseph Kabila e l’attuale leader Tshiskedi. La famiglia Kabila ha governato per più di vent’anni: prima il padre Laurent tra il 1997 e il 2001 quando fu ucciso in un colpo di Stato, poi il citato Joseph, Presidente tra il 2001 e il 2019 e che ancora esercita influenza economica e politica nel Paese.
Riportare la pace nel Paese è una priorità del nuovo Presidente. L’esito delle indagini relative alle uccisioni dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci ci potrebbero dare un segnale e dire a che punto siamo.