Solo dodici nazioni al mondo hanno lanciato autonomamente satelliti nello spazio e la Cina è stata la terza potenza a inviare un proprio astronauta, dopo l'ex URSS e gli Stati Uniti.

Che siano stati i cinesi a impiegare nel XIII secolo i primi razzi della storia, realizzati con canne di bambù e caricati a polvere nera, nessuno lo metteva in dubbio; ma pochi avrebbero scommesso che con il loro moderno programma spaziale potessero raggiungere, in meno di 60 anni, la Luna.
Dopo la missione Shenzhou 5 del 2003, che portò il primo cinese nello spazio, le missioni lunari Chang'é 1 e 2 del 2007 e 2010, l'installazione del primo modulo di laboratorio nella stazione spaziale indipendente Tiangong nel 2011 e il successo riscosso dal Chang'é 3, con a bordo il rover lunare Yutu, a fine 2013 l'obiettivo dell'agenzia di stato Sastind di una missione umana sulla Luna entro il prossimo decennio si fa sempre più concreto.
Nonostante il problema di mobilità dovuto ad alcune collisioni, Yutu continua le sue analisi nella piana Sinus iridum sugli elementi geologici lunari alla ricerca di risorse naturali tra le quali titanio, ferro, alluminio e altri elementi rari molto ricercati dall'industria elettronica, ma soprattutto elio-3. Questo isotopo dovrebbe diventare il carburante per le future esplorazioni spaziali e il combustibile "pulito" per i reattori a fusione nucleare.
In linea teorica l'elio-3 potrebbe risolvere i problemi energetici e ambientali del futuro. Quasi inesistente sulla Terra, sulla Luna, invece, le riserve stimate sono di circa 500mila tonnellate. Rispetto agli attuali consumi solo 25 tonnellate potrebbero dare energia al pianeta per un intero anno, motivo per cui la ricerca spaziale riveste un'importanza strategica da cui potrebbero dipendere i futuri assetti geopolitici mondiali.

Ma, il vero obiettivo delle potenze spaziali (Figura 1) è la stabile occupazione dei punti di librazione di Lagrange.
Sono dei particolari punti dello spazio, dove le forze gravitazionali di due corpi si bilanciano annullandosi reciprocamente permettendo, quindi, a un corpo di massa molto più piccola, di restare in posizione fissa non essendo attratto dalla gravitazione né del primo, né del secondo corpo celeste.
Noto anche come "problema ristretto dei tre corpi", spiega che in ogni sistema si creano cinque punti, da L1 a L5, di cui i primi 3 sono di equilibrio instabile, mentre gli altri due, L4 e L5, sono fissi rispetto alla posizione dei due corpi celesti e godono di un equilibrio stabile: cioè, anche dopo una piccola perturbazione, il corpo torna nella posizione L4 o L5. Sono questi i punti che, assieme alle future basi (Figura 2) per i cosmodromi terrestri, interessano gli strateghi militari.
L'arrivo e, soprattutto, la partenza da questi punti consente un enorme risparmio di energia. L'interconnessione di questi particolari punti spaziali dei vari corpi celesti crea quella che viene chiamata interplanetary superhighway, cioè un' autostrada interplanetaria che potrà permettere, in futuro, viaggi a basso costo energetico rispetto agli attuali standard. La Luna, ad esempio, potrebbe diventare, oltre che un laboratorio permanente, (magari occupando le zone più vantaggiose come i poli, dove c'è presenza di acqua e in particolare il polo sud che per il 75% della rivoluzione lunare è assolato), una proficua base di partenza escludendo così le orbite terrestri più basse.
Oltre alla disponibilità di aree equatoriali per i cosmodromi terrestri, anche i punti di Lagrange assurgono a straordinaria importanza come choke points spaziali, similmente agli stretti e al loro controllo nella concezione del potere marittimo di Alfred T. Mahan. La loro importanza strategica può similmente essere equiparata anche al valore della disponibilità e del controllo degli aeroporti formulata nella teoria del dominio dell'aria dal generale Giulio Douhet. Infatti, in chiave interplanetaria i punti L4 e L5 possono essere definiti delle vere e proprie "portaerei spaziali".
«Lo spazio assolve le funzioni che fino al 19° secolo avevano i punti dominanti, da cui il comandante dirigeva le proprie forze in battaglia, e costituisce un enorme moltiplicatore di potenza offensiva e difensiva» scrive Carlo Jean; ed Everett C. Dolman, in Geostrategy in the Space Age: An Astropolitical Analysis del 1999, sostiene questo stesso paradigma della teoria geopolitica classica dividendo il cosmo in quattro regioni astropolitiche e individuando tra queste il nuovo "heartland cosmico".
Secondo il diritto spaziale vigente anche i punti di librazione di Lagrange sono da considerare terra nullius, una risorsa, cioè, a disposizione dell'umanità e non occupabile arbitrariamente e militarmente, destinata all'interesse collettivo e per scopi pacifici. Non tutti gli stati, però, hanno ratificato i trattati, ad esempio il Moon agreement del 1984 non è stato ratificato da Cina, Russia e Stati Uniti. Proprio l'assenza di un regime giuridico sovra-nazionale, capace di dirimere le controversie sulle future attività spaziali, potrebbe facilmente spostare il confronto sul piano del rapporto di forza tra le potenze del ristretto club spaziale (Figura 3).
Solo 12 nazioni al mondo hanno lanciato autonomamente satelliti nello spazio (nel 2012 gli Stati Uniti ne avevano 201 operativi, la Cina 47) e la Cina è stata la terza potenza a inviare un proprio astronauta, dopo l'ex URSS e gli Stati Uniti.
Già nel documento "Politica spaziale nazionale degli Stati Uniti" del 2006 la Cina era al centro delle preoccupazioni americane perché considerata l'antagonista più forte per la "full spectrum dominance" a stelle e strisce (Figura 4). L'affermazione della Cina come potenza spaziale e la percezione della proiezione di potenza nello spazio extraatmosferico della propria politica spaziale (shashoujian, arma decisiva) modifica, di fatto, gli equilibri geostrategici destabilizzando lo status quo raggiunto nel mondo post bipolare.
«La Cina ha manifestato un crescente interesse nella costruzione di capabilities di guerra informatica ed è una delle diverse nazioni con un sincero interesse a degradare la superiorità spaziale degli Stati Uniti», spiega Vinicio Pelino in "I(n)varianti di scala (un sistema complesso non è solo una miriade di parti) e la R.A.M.". Non è passata inosservata, infatti, la dimostrazione di potenza militare spaziale cinese, con la distruzione in orbita di un suo obsoleto satellite con un missile balistico nel gennaio 2007. Attualmente sono in corso di sviluppo armi antisatellite, sia a laser sia a energia cinetica, che tecnicamente potrebbero essere installate anche a bordo di stazioni spaziali.
I punti lagrangiani rappresentano, quindi, delle posizioni strategiche funzionali al controllo dell'esplorazione spaziale, dove il traguardo nei prossimi trent'anni sarà Marte.
Nel sistema solare il pianeta rosso è il più simile alla Terra e dopo la scoperta di tracce di acqua e le potenzialità offerte dal sottosuolo, esso concentra, in termini di risorse, le attenzioni delle maggiori potenze, malgrado siano programmi di complessità mai affrontati prima dall'umanità.
In questa sfida si è inserita prepotentemente anche l'India che, con la sonda Mars Orbiter Mission lanciata lo scorso anno, è stata l'unica nazione a riuscire al primo tentativo in una missione marziana.
Gli obiettivi di Mangalyaan sono di verificare la composizione dell'atmosfera e osservare la superficie marziana. L'interesse per Marte è così alto che la sonda americana Maven, che ha preceduto di pochi giorni la sonda indiana, si è aggiunta agli altri 2 orbiter (Mars Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter) della NASA (Figura 5) e a quello dell'ESA (Mars Express), mentre sul suolo marziano sono operativi i due rover della NASA (Curiosity e Opportunity).
L'Indian Space Research Organisation è la quarta agenzia spaziale a raggiungere Marte (Figura 6), dopo la Russia, gli Stati Uniti e l'Unione Europea, ma raccoglie un altro importante record riuscendo a contenere i costi a un decimo rispetto alla sonda americana.
Questo è un fattore fondamentale per quantificare l'efficienza e il livello raggiunto dalla tecnica spaziale indiana. Tali tecnologie sono, infatti, dual use in grado cioè di perseguire contemporaneamente obiettivi civili e militari, ed è anche un elemento per quantificare l'espressione di proiezione di potenza regionale soprattutto come dimostrazione di forza nel Mar cinese meridionale, sia in termini di prestigio (soft power) che più pragmaticamente di ricadute da scoperte e tecnologia (hard power) in campi strategici come il controllo dell'informazione satellitare, le comunicazioni, la navigazione, il telerilevamento e l'early warning.
Dopo il fallimento del lancio della sonda Yinghuo 1, nel 2011, e nell'attesa della prossima finestra di lancio per Marte, a inizio 2016, il programma spaziale cinese continua la sua ascesa al controllo dello spazio con lo sviluppo e l'implementazione della costellazione satellitare del preciso ed economico sistema di posizionamento Bei-Dou1 e 2. Strumento che garantirà al Paese del Dragone non solo il primato rispetto ai vicini asiatici, ma anche l'indipendenza dagli analoghi sistemi americani, europei e russi.