Sotto la spinta di una domanda mondiale crescente, la produzione del settore ittico, di cattura e di allevamento, è aumentata considerevolmente, ma le ombre sul futuro della pesca sono molte.
Il pesce è un alimento sempre più presente nelle diete dei consumatori dei paesi industrializzati. Complici la ricerca di uno stile di vita più sano (il pesce, ricco di proteine e di grassi insaturi, ha proprietà nutrizionali che lo rendono un alimento raccomandato per una dieta bilanciata) e l'aumento dei prezzi dei cereali, che hanno determinato un aumento dei prezzi dei mangimi animali, la carne è diventata meno competitiva e ricercata.
Sotto la spinta di una domanda mondiale crescente, la produzione del settore ittico è aumentata, tanto che in anni recenti la produzione di pesce da allevamento ha superato quella di carne bovina. Nel 2012 sono state prodotte nel mondo 66 milioni di tonnellate di pesce in cattività, mentre la produzione di carne si è fermata alla pur consistente quota di 63 milioni di tonnellate.
Di fronte a questi numeri, viene spontaneo chiedersi da dove arriva il pesce che oggi abbonda sulle nostre tavole, che non è solo pesce allevato, ma anche pesce catturato mentre nuotava libero in natura.
Il pesce che consumiamo è in parte pescato in mare aperto o nell'acqua di fiumi e laghi, la pesca "da cattura"; in parte è allevato in bacini marini o di acqua dolce, e quindi un prodotto dell'industria dell'acquacoltura. Come mostra la Figura 1, nel 2012 sono state prodotte più di 181 milioni di tonnellate di pesce e altri prodotti ittici. Una cifra equamente divisa tra pesca da cattura e acquacoltura. Il pesce non di allevamento proviene per lo più dalla pesca in mare (quasi 80 milioni di tonnellate), e in misura minore dalla pesca nelle acque continentali, le cosiddette acque dolci, dalle quali provengono circa 11,6 milioni di tonnellate di pesce.
Sono molte le specie ittiche allevate in mare o in acqua dolce. L'acquacoltura fornisce sia pesce (per quasi due terzi allevato in acque continentali) sia alghe, la cui produzione nel 2012 ha sfiorato i 24 milioni di tonnellate, e altri prodotti, quali perle e conchiglie, che sono utilizzati per finalità non alimentari e che pesano poco sul totale della produzione del settore.
E' interessante notare che le quote di produzione da pesca da cattura e da acquacoltura non sono mai state così vicine come negli ultimi tre anni. Le serie storiche rappresentate in Figura 2 mostrano l'aumento della produzione di pesce registrato a partire dalla metà del XX secolo, escludendo l'apporto di alghe e altri prodotti. Nel pannello superiore, la produzione comprende sia pesce da cattura che prodotti dell'acquacoltura, mentre nel pannello inferiore si riporta solo la crescita della produzione da cattura.
Osservando l'andamento dell'area azzurra si nota che, dagli anni Cinquanta a oggi, la produzione da pesca da cattura è più che quadruplicata. Questa crescita, inizialmente vertiginosa, ha però subito un notevole rallentamento a partire dalla fine degli anni Novanta, per interrompersi sostanzialmente in anni più recenti. A sostenere l'aumento della produzione ittica totale (rappresentato dall'area blu in Figura 2) negli ultimi decenni è stata l'acquacoltura. La produzione di pesce da allevamento è quintuplicata tra il 1990, quando si attestava sui 13 milioni di tonnellate, e il 2012, quando ha superato i 66 milioni di tonnellate.
Come nel caso della pesca da cattura, tuttavia, anche i tassi di crescita dell'acquacoltura stanno rallentando. E le quote di produzione stanno cambiando: paesi che fino a qualche decennio fa erano produttori importanti, come la Francia, il Giappone, e la Spagna, stanno diminuendo la produzione, mentre a occupare quote di mercato sempre più rilevanti sono la Cina, i paesi dell'America Latina e dei Caraibi, e l'Africa. Scendendo più nei dettagli, la Figura 3 riporta la classifica dei primi quindici produttori di pesce a livello mondiale, distinguendo tra pesca da cattura in mare, pesca da cattura in acqua dolce, e allevamento.
Al primo posto in ogni classifica svetta la Cina, che con i suoi allevamenti di carpe, pesci gatto, molluschi filtratori (cozze, vongole, e simili) produce più del 60% del pesce allevato al mondo e fornisce quasi un quinto del pesce da cattura che raggiunge le nostre tavole. Tra i primi quindici produttori compaiono per lo più paesi asiatici, mentre a rappresentare l'Europa troviamo la Russia, per la pesca da cattura, e la Norvegia, sia per la pesca in mare che per l'allevamento (soprattutto di salmoni). Come si nota soffermandosi sull'ultima riga delle classifiche, la produzione è molto concentrata a livello mondiale: più del 70 per cento della pesca da cattura e più del 90 per cento del pesce allevato sono prodotti da un numero ristretto di paesi.
Concentrandoci sulla pesca in mare, la Figura 4 mostra i mari nei quali si pescano più di 2 milioni di tonnellate di pesce all'anno. Tra le acque marine più produttive compaiono quelle dell'Oceano Pacifico e dell'Oceano Indiano, sui quali si affacciano i paesi asiatici che appaiono tra i principali produttori di pesca da cattura nelle classifiche riportate nella Figura 3. La produzione mondiale di pesce da cattura tra il 2008 e il 2012 è rimasta piuttosto stabile, diminuendo significativamente in alcune aree come il Pacifico sud-orientale e i mari a noi più vicini. Nel Mediterraneo e nel Mar Nero, infatti, la produzione, che nel 2011 era pari a 1,4 milioni di tonnellate, è scesa di quasi l'11% tra il 2011 e il 2012. Segnali di allarme che portano a riflettere sulla sostenibilità della pesca intensiva, che oggi è praticata un po' ovunque con metodi che rischiano di intaccare il patrimonio ittico mondiale.
A rischio è il futuro di un settore che, secondo la FAO, fornisce i mezzi di sussistenza a più del dieci per cento della popolazione mondiale, e lavoro a circa il 4,4 per cento dei lavoratori occupati nel settore primario, vale a dire a più di 58 milioni di persone, per lo più provenienti da paesi in via di sviluppo. Come mostra la Figura 5, infatti, l'84 per cento di questi lavoratori è concentrata in Asia, il 10 per cento in Africa, il 2 per cento in America Latina e nei Caraibi, mentre meno del 2 per cento restante è occupato nelle aree più avanzate del pianeta: Europa, Nord America, e Oceania.
Le ombre che si stendono sul futuro della pesca mondiale sono molte. Alle conseguenze di processi produttivi a forte impatto ambientale, si devono unire le incognite poste da mutamenti in fattori esterni quali il clima, che incide fortemente sugli ecosistemi marini e continentali, e che potrebbe portare a variazioni nella produttività delle aree di produzione, con conseguenze importanti per le economie dei paesi coinvolti.
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