Carlo Cimbri, classe 1965, cagliaritano, festeggerà nel 2023 i primi dieci anni al vertice di UnipolSai, gruppo assicurativo con più di diecimila dipendenti, 15 milioni e mezzo di clienti e quasi ottomila agenzie sparse per l’Italia. In realtà la sua storia nella società di assicurazioni che ha a Bologna la sede centrale è cominciata nel 1990. Da allora ha scalato il vertice dell’azienda. Fino a diventarne il presidente. Una carriera che ne fa l’interlocutore giusto per fare il punto sul pianeta assicurazioni, un settore in continua evoluzione di cui però le polizze restano un perno.
Presidente Cimbri, il gruppo Unipol è in prima linea per costruire la mobilità del futuro: come la immaginate?
«Tecnologia, costi mutevoli, esigenze volatili stanno profondamente modificando il concetto di mobilità. Ed è proprio per guidare gli italiani a interpretare questo nuovo paradigma che abbiamo varato l’espressione ecosistema con l’idea di accompagnare il cliente in tutte le esigenze: servizi di micromobilità elettrica e di ricarica, flotte aziendali, telepedaggio, noleggio a lungo termine, auto usate, riparazioni. Non solo, quindi, il tradizionale spostamento in auto».
Con Unipolmove siete entrati nel mercato del pedaggio telematico, sfidando un monopolio che resisteva da oltre trent’anni. Che cosa vi ha spinti a far concorrenza a Telepass?
«È stata un’opportunità che si è presentata con la fine del monopolio per i pedaggi autostradali e credo sia un dato positivo per il mercato perché la concorrenza comporta indubbiamente benefici ai clienti. Si tratta di servizi utili quando si guida un’auto non solo per pagare al casello ma anche il bollo, ingresso nelle aree Ztl o le multe. Con UnipolMove sarà possibile fare tutto e comprare direttamente sull’App un biglietto del treno e noleggiare un’auto. Dall’anno prossimo tutti i servizi del Gruppo collegati all’auto saranno accessibili a chi non è cliente Unipol, comprese le carrozzerie, che offriranno tariffe agevolate. La risposta dei clienti nei primi mesi è stata particolarmente confortante con oltre 300mila dispositivi distribuiti e puntiamo ad arrivare a 2 milioni entro il 2024».
Oltre quattro milioni di scatole nere installate sulle auto degli italiani vi rende la compagnia leader in Europa in questo servizio. A che cosa si deve il successo?
«Unipol ha iniziato oltre 15 anni fa e oggi è il principale operatore europeo nel settore. Lo studio dei dati che ricaviamo dalle scatole nere, corrispondente a circa 70 miliardi di chilometri l’anno, ci consente di creare tariffe più puntuali in base al profilo di rischio degli automobilisti. Ma siamo andati oltre: abbiamo allestito una rete di 2.500 carrozzerie convenzionate e 1.000 officine. Poi siamo entrati nel settore del noleggio a lungo termine con Unipol Rental e della vendita di auto con Cambiomarcia.com. Mentre la piattaforma Autostimo offre una quotazione del prezzo delle vetture in tempo reale».
Quanto vale ancora oggi la vecchia cara polizza Rc auto nel vostro portafoglio?
«Unipol è leader di mercato in Italia nel Rc Auto. Un italiano su quattro assicura la propria auto con una compagnia del Gruppo. Complessivamente l’RC Auto vale circa un 30% del totale della raccolta diretta».
Quali altri settori oltre a quello della mobilità vedete con ampi margini di crescita nei prossimi anni?
«Il piano industriale di Unipol punta ad affermare la leadership del Gruppo sulla bancassurance e su 3 ecosistemi: mobilità, casa e salute. Nel settore casa abbiamo rilevato il primo operatore di gestione di condomini a Milano e proseguiremo su questa strada in un mercato che è molto frammentato. Anche in questo caso l’obiettivo è creare una società che possa fornire servizi a chi ha un’abitazione, dalla certificazione della caldaia all’invio di un artigiano in caso di necessità, grazie a una rete convenzionata di un migliaio di aziende. Sul fronte della salute siamo partiti da una posizione privilegiata avendo Unisalute che è operatore leader nelle polizze collettive. L’obiettivo è arrivare a detenere direttamente poliambulatori in circa 12-15 città per arrivare a un totale di 70-100 centri entro la fine del 2024. A questa rete potremmo poi aggiungere una società di digital health per affiancare al canale fisico il video consulto e la telemedicina».
Il rischio che in futuro le pensioni non siano più in grado di assicurare un reddito tale per viverci sta spingendo di più gli italiani verso forme assicurative?
«La previdenza complementare denota ancora un basso tasso di adesioni. Penso che se si voglia cercare di dare una risposta al problema, una parte della soluzione sia in capo al legislatore che dovrebbe rendere conveniente questo differimento del reddito tramite un vantaggio fiscale o introducendo qualche forma di obbligatorietà. Accanto a questo, servirebbe una comunicazione più coraggiosa che dicesse in modo chiaro che senza una previdenza complementare in futuro ci saranno prestazioni pensionistiche inadeguate. Occorre poi una responsabilizzazione del singolo. Anche se nella cultura italiana c’è un forte ruolo dello Stato di cui non è possibile non tenere conto. Non credo che saremo mai il Paese delle scelte individuali nel welfare. Anzi, mi auguro che si sviluppino sempre più le forme di protezione sociale, che oggi vediamo nel Terzo settore. Il “privato sociale” deve avere più spazio e più considerazione. Dal privato sociale può venire un aiuto all’integrazione di pubblico e privato».
Il Covid ha cambiato l’approccio degli italiani alle assicurazioni?
«Il Covid, insieme con le trasformazioni sociali e la crisi energetica e ambientale, ha contribuito a modificare profondamente le abitudini. Penso in particolare alle abitudini abitative che hanno portato gli italiani a riscoprire la propria casa o a una accresciuta sensibilità verso la salute. Come assicurazione è nostro dovere saper interpretare queste tematiche e offrire una risposta concreta a queste richieste di protezione».
Dieci anni fa c’è stata l’acquisizione di Fonsai. Integrazione ormai completata. C’è spazio per nuove fusioni?
«L’acquisizione di Fondiaria-Sai è l’operazione che ha cambiato il corso della storia di Unipol. Dall’integrazione tra 4 società - Premafin, Milano Assicurazioni, Unipol Assicurazioni e Fondiaria-Sai – e ben 8 categorie di azioni nacque UnipolSai, società fin da subito leader nazionale nel ramo danni. Oggi il Gruppo ha raggiunto una dimensione tale per cui è difficile pensare a nuove fusioni di quella taglia, anche per limiti Antitrust. Il percorso di crescita al 2024 prevede di rafforzare la leadership negli ecosistemi Mobility, Welfare e Property oltre che nella bancassicurazione».
Il prossimo anno festeggerete i primi sessant’anni nel mondo delle polizze. Com’è cambiato il mondo delle assicurazioni?
«L’avvento del digitale ha reso molto più trasversali i diversi mercati in cui operiamo portando a una ibridizzazione dei business e a trasformazioni sempre più veloci e radicali. La nostra interpretazione di questo scenario è stata quella di mantenere al centro la polizza e di costruirci intorno dei servizi a valore aggiunto per i nostri clienti creando ecosistemi di società su specifiche tematiche: mobilità, welfare e casa».
Lei ha definito una volta il risparmio come il petrolio di carta degli italiani. Eppure, non riesce a trasformarsi in un atout per il Paese. Perché?
«Qualsiasi riflessione sul risparmio e sul suo utilizzo deve partire dal rinnovato bisogno di sicurezza e di certezze nel futuro manifestato da famiglie e imprese. Mai come oggi occorre uno Stato credibile che, unitamente ad istituzioni finanziarie, pubbliche e private, solide, sappia meritarsi la fiducia dei nostri concittadini. Il risparmio può rappresentare il motore della stabilità e della crescita senza generalizzare, ma con un approccio professionale e responsabile. Ad esempio, le infrastrutture, fisiche e digitali, potrebbero essere finanziate in parte con il risparmio privato che affiancherebbe gli investimenti pubblici».
Quale ruolo possono avere le compagnie di assicurazione nel gestire questa mole di denaro?
«Le assicurazioni sono entità che guardano al lungo periodo e, quindi, ben sostengono gli investimenti che servono in una fase di rilancio dell’economia. Nel dettaglio andrebbe implementato un piano finalizzato a sviluppare le infrastrutture del Paese, quelle fisiche e quelle digitali. Ad esempio, sulla carta, il porto di Genova potrebbe essere il più efficiente del Mediterraneo, ma se poi, in concreto, non ci sono le strade per portare le merci in Europa, i broker cinesi opteranno per il porto di Valencia. Lo stesso discorso vale per il digitale: serve informatizzare e digitalizzare per favorire il lavoro a distanza e garantire l’efficienza del nostro sistema sanitario».
L’inflazione rappresenta un nemico per i risparmiatori. Il mondo delle assicurazioni quali protezioni può offrire?
«A livello macroeconomico l’inflazione deve essere riportata al livello obiettivo della Bce, intorno al 2%, e i tassi si adegueranno di conseguenza. I livelli di inflazione raggiunti in queste settimane non si vedevano da quasi 40 anni dopo aver avuto molti anni di tassi negativi. In questa direzione, l’idea di realizzare un portafoglio antinflazione avanzata, nei mesi scorsi, dal Presidente della Consob Paolo Savona rappresenta una proposta interessante».
E contro il caro bollette che rischia di assottigliare i risparmi delle famiglie e di far chiudere più di una piccola impresa?
«La soluzione è la crescita. Si parte sempre da lì. E questo significa rilanciare la cultura d’impresa, assicurare le migliori condizioni perché le imprese crescano, producano, creino posti di lavoro. Solo se c’è crescita economica si può assicurare un nuovo welfare, per integrare con il privato l’offerta del pubblico, le cui risorse sono sempre meno ricche. Per rispondere alla domanda: per contrastare il caro bollette servono politiche sociali per i cittadini meno abbienti e di sostegno per le Pmi. Ma per farlo sono necessarie risorse economiche e queste si ottengono solo attraverso la crescita».
Le sinergie tra banche e compagnie di assicurazione saranno un tratto distintivo del futuro?
«Certamente, perché quello bancario è uno dei canali fondamentali da presidiare per la vendita delle polizze. Unipol ha investito nel capitale delle banche che distribuiscono i prodotti del Gruppo e da esse si aspetta, innanzitutto, qualità, collaborazione e convinta condivisione strategica, oltre che, ovviamente, ritorni sia come investitore che come assicuratore».
Siete i primi azionisti di Bper che ormai è il terzo polo bancario italiano. Quali strategie immaginate per il futuro?
«Bper è stata aiutata a crescere nelle dimensioni, ma ora deve stabilizzarsi, amalgamare un gruppo dirigente che sia coeso e capace di collaborare efficacemente con i propri stakeholder, generando valore per tutti gli azionisti. Nel dettaglio, Bper, grazie anche al nostro supporto, sta portando avanti un importante percorso di crescita che negli ultimi anni l’ha vista rilevare Unipol Banca, gli asset di Ubi derivanti dall’operazione Intesa e Carige».
E per Banca di Sondrio, dove pure con il nove per cento, siete il primo socio?
«Per Sondrio il discorso è diverso. È una banca matura, stabile, con una lunga storia di qualità e risultati. Ha un management consolidato con cui Unipol ha rapporti eccellenti. Lo affiancheremo per garantire la stabilità della banca».
Siete soddisfatti dell’andamento in Borsa?
«Il primo semestre si è chiuso con performance superiori alle attese, in particolare per quanto riguarda il ramo danni. Nonostante ciò, ritengo che il titolo Unipol abbia forti margini di crescita perché ad oggi tratta a uno sconto sul Nav che riteniamo immotivato».
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