Se digito “eredità digitale assicurazione” su un motore di ricerca non trovo, nelle prime pagine, alcun annuncio di banche o assicurazioni italiane. Il primo riferimento è però della ANCP (Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali) che si è occupata della questione con il sottoscritto per un corso di formazione. Da quando i Tribunali hanno iniziato a intervenire ordinando la consegna delle credenziali di defunti a loro eredi – la prima sentenza è del febbraio 2021 a Milano – troviamo anche molti studi legali che propongono la loro consulenza.

L'approccio anglosassone

Se digito, invece, “digital legacy insurance” trovo ai primi posti Sun life, colosso delle assicurazioni che dal 2020 educa i propri clienti a badare alla propria eredità digitale. Anche le banche e i consulenti patrimoniali nei paesi anglosassoni affrontano il tema in modo esplicito, mentre in Italia non lo si fa. Si perde a mio avviso un’ottima occasione per fidelizzare i propri clienti aiutandoli nella gestione delle loro nuove necessità di ordine, igiene e sicurezza digitale, e parlare con loro di successione e di eredità.

Questi sono argomenti difficili in un paese cattolico come il nostro, ma se affrontati dal lato digitale la immaterialità e apparente immortalità del nostro patrimonio digitale li rende meno difficili. Così conversando si interessa, coinvolge e fidelizza la “seconda generazione”, ossigeno indispensabile a chi opera nel ramo.

La prospettiva brutale

Proponendo a una primaria compagnia di assicurazioni italiana di pubblicare almeno alcune pagine di informazione sul patrimonio digitale – quindi di perlomeno copiare i loro competitor meno lenti, mi sono sentito dire “ma non possiamo essere noi i primi” (sic).

La prospettiva secondo me è brutale: se banche e assicurazioni in Italia non si pre/occupano sin da oggi di gestione del patrimonio digitale dei loro clienti presto li perderanno, perché del patrimonio (digitale e non digitale) se ne occuperanno quelli che ci “hanno dato la vita digitale” e la gestiscono con mano ferma: Google, Amazon and company.

Le soluzioni di digital legacy

Trent’anni fa sul mio pc avevo solo materiale di lavoro. Venti anni fa anche ricordi di famiglia. Da dieci anni ho praticamente tutto, quindi gli affetti, i denari, il valore delle memorie di lavoro, e molte tracce che voglio siano disperse con le mie ceneri. Avessi un incidente nessuno saprebbe entrare sui miei conti correnti, proseguire i miei affari, completare questo articolo che sto scrivendo.

L’esigenza cresce per ognuno di noi. Non è un caso se Apple offre da pochi mesi una cosiddetta “soluzione” di digital legacy che non è altro che una serie di contatti di persone cui consegnare il “patrimonio digitale” post mortem, e così molti altri; ogni Big Tech offre qualcosa per consentire il passaggio dei dati depositati presso di loro, con due conseguenze: tutto ciò che ho su un account sarò consegnato a qualcuno, il che non è necessariamente ciò che desidero / che è opportuno; solo una piccola parte del problema è risolto: il mio patrimonio è fatto di beni patrimoniali (non solo criptovalute, ma anche opere di ingegno e altro) di beni affettivi, e di alti elementi che sono talvolta asset positivi, altre volte liabilities, oltre che di una grande mole di dati che per molte ragioni – di immagine e ambientali, tra l’altro – deve essere cancellata dopo la mia morte.

Se tutto è invece consegnato ai miei “contatti” posso infrangere la legge, posso creare imbarazzi non piccoli, dispiacere a molti. Non un granché in quanto gestione dell’eredità e del ricordo, ma essendo Apple a offrirla, la si prende come è.

Password e quadernini

All’estero, dunque, banche e assicurazioni danno istruzioni e consigli, talvolta terrificanti come quello di scrivere su un bel quaderno password e istruzioni per gli eredi: mai, e ripetiamo mai, scrivere password e elenchi di account, l’unico effetto certo è che lasciate qualcosa a occhi indiscreti, e potete solo sperare che ciò che lasciate sia presto del tutto obsoleto, quindi del tutto inutile.

La soluzione peraltro non è banale; in Italia se ne offrono, anche on line, perché abbiamo istituti giuridici – Decreto Legislativo 101/2018 – particolarmente avanzati. Il mio personale auspicio è che in tutta Europa il legislatore intervenga presto in materia, perché così indica la proposta di Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale di imminente approvazione al Parlamento: «Ogni persona dovrebbe essere in grado di determinare la propria eredità digitale e decidere cosa succede, dopo la sua morte, alle informazioni pubblicamente disponibili che la riguardano».

La tendenza in atto

Chi opera nel settore, dunque, tenga conto che la questione sta evolvendo in modo rapido:

  • Nella coscienza dei cittadini, sempre più consapevoli di dover provvedere a una ordinata gestione della propria impronta digitale, per ragioni di sicurezza, di successione, e anche di impatto energetico ambientale. Chiedono igiene digitale, chiedono aiuto. Nel contempo, investono sempre più tramite strumenti digitali e in beni digitali quali criptovalute, e usano sistemi di pagamento sui quali alla morte rimangono somme disperse di non poco conto, nel complesso.
  • Nella prospettiva normativa; il legislatore italiano è intervenuto, sta muovendosi quello europeo, si moltiplicano i casi, le sentenze, e si amplia la giurisprudenza in ogni paese, come è inevitabile che sia.
  • Nella prospettiva industriale: le Big Tech dominando il mondo dominano anche, progressivamente, ogni altra industria, e offrono già non pochi servizi di natura bancaria o assicurativa.

La transizione

Si tratta, anche in questo caso, di pianificare la transizione digitale non come un male necessario cui resistere con medicinali palliativi, ma come l’opportunità di evolvere e raggiungere i primi. Si tratta di adottare politiche di corporate digital responsibility basate su un’attenta analisi dei propri doveri e dei diritti emergenti per i cittadini del mondo digitale globale.

Se non si offrono oggi servizi per l’ordine, l’igiene digitale e la successione digitale, si potrebbe essere travolti. Siamo a riva, sentiamo un tuono là al largo, prepariamoci perché lo tsunami è già in corso, proteggiamo le nostre aziende affrontando le opportunità che il digitale, con l’emersione di nuovi diritti ed eccitanti complessità, ci porta.

E se abbiamo la fortuna di essere i primi, quale occasione migliore?