Sono corsi fiumi di inchiostro e miriadi di parole sull’iter parlamentare del disegno di legge Zan contro l’omofobia. Per fare il riassunto delle puntate precedenti ci sarebbe bisogno di un’enciclopedia. Diamo quindi per scontato che si possa partire dai fatti così come non ci sia bisogno di illustrare il testo e le motivazioni ufficiali di quella che è ancora una proposta.

C’è stata un’approvazione in prima lettura alla Camera, un controverso avvio della seconda lettura al Senato, la “nota verbale” del Vaticano in cui si sottolinea la potenziale violazione del Concordato e della libertà di espressione dei cattolici, in particolare nelle scuole.

Permettetemi alcune annotazioni

In primo luogo, il confronto politico ha preso, come spesso accade, la strada delle posizioni manichee. Chi non è con noi è contro di noi. Le ingerenze esterne vanno respinte a prescindere dai contenuti. Il ddl va approvato così com’è perché cambiare anche una virgola vorrebbe dire allungare i tempi parlamentari. Il Paese ha urgente bisogno di uscire dall’emergenza dell’omofobia.

Bene, anzi no. La politica dovrebbe essere il luogo del confronto, se necessario del compromesso, comunque del dialogo e della tolleranza.

Giustamente il presidente del Consiglio Mario Draghi, chiamato a riferire in Parlamento, ha ricordato che l’Italia è uno Stato laico e che lo stesso Parlamento è sovrano ed è pienamente in grado di deliberare rispettando la Costituzione e gli accordi internazionali. Uno Stato laico quindi, uno Stato che giustamente non sposa una visione religiosa, che non obbliga i suoi cittadini ad avere una particolare posizione etica, che rispetta i diritti di tutti e di ciascuno.

L'dentità di genere

Bene, anzi no.  Perchè il ddl Zan introduce l’obbligo di rispettare l’identità di genere definita come «l’identificazione percepita e manifesta di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso». Ha commentato un filosofo e matematico manifestamente e dichiaratamente ateo come Piergiorgio Odifreddi: «La legge decreterebbe in tal modo una cesura tra la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima deve essere tutelata e difesa, perché ciascuno ha il diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può essere semplicemente negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti».

Uno dei nodi di fondo è proprio questo: introdurre il valore dell’identità di genere, che lo stesso Odifreddi definisce «ideologia sociologica post-moderna», è compiere una scelta etica, una scelta che uno Stato veramente laico non dovrebbe fare.
La libertà di espressione e di pensiero

I difensori del disegno di legge mettono poi in primo piano il fatto che verrebbe esplicitamente garantita la libertà di espressione e di pensiero. Forse vale la pena di citare il commento di un altro esponente politico sicuramente laico, già ministro della Giustizia in quota socialista come Claudio Martelli, che ha osservato: «L’articolo 4 in conclusione così recita: ”… ai fini della presente legge sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.  Ebbene, queste frasi sono auto contraddittorie: opinioni e condotte non possono essere contemporaneamente “legittime” e però “idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Questa contraddizione logica – sottolinea Martelli - consegnerebbe ai giudici un’abnorme discrezionalità, quella di sentenziare in base a una norma che fa a pugni con se stessa».

Allora, se un disegno di legge nega l’evidenza dei fatti e della realtà (Odifreddi) ed è intrinsecamente contraddittorio (Martelli) qualche piccolo aggiustamento forse si potrebbe anche discutere. E non sarebbe la fine del mondo se questo aggiustamento tenesse conto anche di qualche osservazione da parte cattolica nell’ottica della libertà di pensiero, di parola e di educazione.