Un settore in affanno, con ricavi che in Italia sembrano sempre di più sprofondati in una spirale al ribasso da cui non si riesce a uscire; una lotta interna alla società, con l’azionista Vivendi intenzionato a dar battaglia; la consapevolezza della strategicità e del valore intrinseco di una società che ha in pancia asset infrastrutturali “di sistema”.

C’è tutto questo mix ingredienti nella miscela esplosiva da cui è emerso quello che rappresenta ora uno snodo cruciale la storia di Tim. L’ennesimo per l’ex monopolista delle Tlc italiane, vessillifero di un settore in passato popolato da sole galline dalle uova d’oro e ora alle prese con una transizione da vecchi a nuovi modelli di business in cui, per grandissima parte, i player stanno soffrendo. Questo in tutto il Vecchio Continente dove, peraltro, le compagnie proliferano al cospetto di quel che accade negli Usa dove si contano sulle dita di una mano (o meno).

Tim è dunque ufficialmente oggetto dell'offerta pubblica di acquisto "amichevole" del fondo Usa Kkr, per l'acquisizione del 100% delle azioni ordinarie e di risparmio di Tim. Le intenzioni saranno pure “amichevoli", ma in cda i rappresentanti di Vivendi, primo azionista con il 23,9%, non l’hanno presa bene e si preannuncia battaglia.

Lo scacchiere e il colpo di coda di Gubitosi

Questa considerazione è il primo punto da tenere sempre bene a mente per cercare se non proprio di comprendere a fondo, quantomeno di orientarsi nella partita. L'offerta a sorpresa del fondo americano Kkr viene vista Oltralpe – anche se non ci sono dichiarazioni ufficiali in tal senso, va detto – come un “colpo di coda” dell'ad Luigi Gubitosi, nelle ultime settimane messo alle strette dal suo primo socio Vivendi.

Che l’ad sia finito nel mirino dei francesi è fin troppo evidente. Contro un manager di lunghissimo corso come Gubitosi remano i due profit warning lanciati durante le conference call di quest’anno sui conti e un investimento sul calcio (1 miliardo in tre anni) che non sta dando i risultati sperati tant’è che Tim vuole ridiscutere con Dazn i termini dell’accordo (e chissà che non si vada per carte bollate). Vivendi, libera dagli affanni su Mediaset, ha dal canto suo iniziato ad attaccare a testa bassa. Il 26 novembre è previsto un nuovo confronto in cda. E chissà che non arrivi al dunque la sfiducia dell’ad se i francesi troveranno in tempo un sostituto che metta d'accordo anche Cdp.

Timing e due diligence

Per ora la manifestazione d'interesse del fondo americano non è vincolante, prima vuole avere accesso alla data room, con una due diligence che potrebbe durare 4 settimane e avere il "gradimento da parte dei soggetti istituzionali rilevanti", ovvero assicurarsi che il Governo non eserciti la Golden Power.

Sul piatto ci sono 50 centesimi per azione. Obiettivo per considerare l’operazione conclusa positivamente è il raggiungimento del 51% di entrambe le categorie di azioni, ordinarie e risparmio. Il tutto puntando però al 100% per procedere al delisting. Significa valutare la società 11 miliardi di euro, ovvero il 45% in più rispetto alla capitalizzazione alla chiusura di Borsa venerdì scorso, quando le azioni ordinarie erano quotate 0,3465 euro. Se si guarda poi al minimo toccato a inizio novembre il premio è del 60% e del 55% se calcolato sugli ultimi 30 giorni.

Le strategie di Kkr

Il valore dell’azione è un’altra condizione da considerare. O meglio: l’idea di come far salire il valore dell’azienda con titoli che si stanno pericolosamente avvicinando al minimo di 0,28. Non a caso l’idea che si starebbe facendo strada secondo i primi rumors sulla strategia di fondo di Kkr, è che si possa arrivare a una valorizzazione quantomeno attraverso una divisione in due della società: da una parte la rete, dall’altra i servizi.

Bisognerà vedere come. La compagnia telefonica è impegnata su cloud, sui data center (con Noovle), sull’IoT (con Olivetti), ma – di particolare importanza in questo quadro – anche sui cavi sottomarini (con Sparkle) e ha in pancia quella rete da sempre garanzia a fronte di quel debito monstre figlio delle scelte del passato e della scalata dei capitani coraggiosi.

La neutralità del Governo

Il Governo che mette in chiaro la sua neutralità, con paletti su innovazione e investimenti, è tutt’altro che comprimario. Dalla sua ha il Golden power, un potere di veto rafforzato nel 2020 sulle mosse che arrivano da attori extracomunicari. E l’avvio dei piani “Italia a 1 Giga” (per completare la copertura in banda ultralarga della Penisola entro il 2026) e per il cloud che potremmo definire di Stato (dove conservare e far girare i dati strategici del Paese) sono condizioni sulle quali evidentemente il Governo Draghi non sarà disposto a tollerare inciampi o rallentamentyi di sorta che potrebbero derivare dal vedere impantanato un attore come Tim.  

La partita è aperta

A questo punto il colpo di partenza della partita è stato sparato. La valutazione proposta comunque non permetterebbe a Vivendi di rientrare dall’investimento (e neanche a Cdp). Vivendi ha fatto sapere di essere “investitore di lungo periodo” e non sembra nascondere l’irritazione per quella che in ambienti vicini ai francesi viene tratteggiata come una mossa di Gubitosi per allungarsi la vita. Intanto Kkr come altri fondi (Cvc e Advent) guardano a Tim e ora la cosa è ufficiale.

Il punto di non ritorno è stato oltrepassato.