Il 24 febbraio la Federazione Russa ha iniziato una guerra in piena regola contro l'Ucraina. Si tratta della fase successiva — e si spera finale — all’aggressione iniziata nel 2014, correlata alla stessa ideologia revanscista. L’anziano Putin e il suo entourage mirano alla revisione dell'ordine internazionale post-guerra fredda e del posizionamento della Russia.

Vogliono essere tra gli Stati più rilevanti a livello globale. Eppure, ogni loro passo dal 2013 li sta portando all'isolamento e al minor peso sulla scena internazionale: la Russia non è più un membro del G8, il suo impatto diminuisce nello "spazio post-sovietico", mentre i Paesi dell'Europa centrale e orientale ricevono un appoggio crescente dalle forze NATO.

Il mondo de-occidentalizzato

Nonostante i risultati opposti agli obiettivi, il Cremlino ingrandisce la sua palla di neve di errori e crimini. Perseguendo ciecamente i suoi obiettivi, il regime di Putin è passato dalla guerra ibrida (2014-2021) alla tradizionale tragica guerra di terra nel 2022.

Oggi Putin prova quanto “West-less”— de-occidentalizzato — sia il nostro mondo. Se nel febbraio 2020 il Westlessness era più un'ipotesi, proprio in questi giorni il regime russo lo sta misurando empiricamente.

Ma è anche qualcosa che gli altri grandi stati dell'Asia stanno guardanfo con attenzione. La Cina aumenta la sua cooperazione con la Russia durante l'invasione in Ucraina. L'India non reagisce alle atrocità contro l'Ucraina. E Imran Khan, il leader del Pakistan, esprime il suo rammarico per il "conflitto" durante l’incontro con il presidente Putin il 25 febbraio.

Le domande di fondo

Non mentite a voi stessi: la guerra in Ucraina mette alla prova la resilienza degli ucraini tanto quanto il valore geopolitico dell'Occidente. Che gli Stati Uniti e l'Unione Europea siano pronti o no, il destino dell'Ucraina e l'ordine stabilito dall'Occidente sono inseparabili.

Ci sono segni che l'Occidente ha una sola voce, una volontà comune e una posizione unita nel rispondere alla nuova guerra del Cremlino. Le decisioni dell'ultima settimana — quelle di Mosca e quelle dell'Occidente — hanno letteralmente stabilito una nuova Cortina di Ferro.

Ma è abbastanza per fermare la guerra contro l'Ucraina?

I primi quattro giorni di guerra hanno dimostrato che il piano iniziale del Cremlino è saltato in aria: il generale Gerasimov non ha consegnato a Putin una guerra lampo. Le operazioni militari hanno mirato alla presa di Kiev, dell'Ucraina meridionale e della riva sinistra del Dnepr. Nonostante il fatto che le truppe russe — utilizzando la scorciatoia dalla Bielorussia — abbiano raggiunto la periferia nord di Kiev, la città non è perduta, né è nel panico. Almeno, nelle ultime ore.

I gruppi di sabotaggio russi sono stati liquidati, mentre la popolazione locale si organizza in gruppi di difesa territoriale equipaggiati con le armi recentemente consegnate dai partner della NATO.

La leadership di Zalensky

Il Presidente Zelensky e la sua squadra, nonostante le basse aspettative nell’Occidente, hanno dimostrato sia coraggio sia forti qualità di leadership, necessarie per un Paese in guerra. Molto probabilmente, uno degli obiettivi primari dell'attacco russo all'Ucraina era quello di catturare il Presidente e di costringerlo a firmare la capitolazione. Ma, dal momento della cattura, egli non avrebbe più guidato il Paese. Infatti, nel caso in cui il presidente non possa adempiere ai suoi doveri, è lo speaker della Rada a subenmtrargli nel guidare la nazione: Ruslan Stefanchuk.

La capitolazione impossibile

Inoltre, il Presidente ucraino — o il suo sostituto — non ha il potere di firmare alcun tipo di capitolazione senza la decisione collettiva del parlamento. E c'è solo una volontà collettiva in Ucraina: resistere all'attacco, superare gli aggressori e vincere. Nessuna capitolazione è possibile.

Infatti, la situazione della sicurezza nell'est e nel sud è grave. Nel momento in cui sto scrivendo, le truppe russe a sud di Kharkiv e le forze della LNR (Luhansk People's Republic) si stanno muovendo l'una verso l'altra per unirsi, nonostante l'eroica lotta dell'esercito ucraino. Le truppe russe che si muovono verso est dalla Crimea cercano di unirsi alla guerriglia del DNR (Donetsk People's Republic) e di prendere d'assedio Mariupol, il più grande porto e città industriale del Donbass controllato dal governo. Le truppe russe che si muovono verso ovest dalla Crimea assediano Kherson e Nikolaev, e si muovono verso Odessa.

In tutte queste zone le migliori unità dell'esercito ucraino stanno combattendo così bene che il piano di rapida conquista di quelle città con una significativa popolazione russofona è pateticamente fallito. I cittadini di queste città dimostrano fedeltà all'Ucraina e scaricano le speranze revansciste del Cremlino.

La blitzkrieg frenata

La resistenza dell'Ucraina è migliorata significativamente dal 2014, e il sistema di difesa — nonostante il pesante colpo sulle infrastrutture militari ucraine nei primi giorni di guerra — è stato in grado di frenare il piano A del Cremlino, cioè la blitzkrieg.

L'attacco all'Ucraina non è soltanto un crimine assoluto (questo non disturba nessuno degli autocrati), ma è un errore imperdonabile che ha iniziato il processo di distruzione del regime di Putin in Russia.

La campagna militare non era preparata per un'operazione a lungo termine. Al suo terzo giorno, ci sono segni della mancanza di personale nelle truppe d'assalto che non possono mettere sotto controllo le città ucraine assediate e resistenti. La popolazione russa non è stata mobilitata per sostenere questa guerra (come vergognosamente accadde nel 2014), e il movimento contro la guerra in Russia sta crescendo. Le sanzioni occidentali stanno per distruggere l'economia russa in generale e la sicurezza economica delle famiglie in particolare.

I partner disallineati

I partner asiatici della Russia, tuttavia, non sono alleati. Possono non sentirsi solidali con la tragedia ucraina, ma non rischiano nemmeno di entrare in conflitto con l'Occidente. L'avventura geopolitica di Putin può soddisfare le speranze nascoste di alcuni leader asiatici, ma essi tengono nascoste queste speranze. La Russia di Putin è sola nella sua guerra contro l'Ucraina e nel suo conflitto con l'Occidente.

La disperazione nucleare

Comprendendo il suo fallimento, Vladimir Putin ha sintomaticamente utilizzato l'ultima ratio dei dittatori terrorizzati: la minaccia del ricorso alle armi nucleari. Eppure, come prima, i suoi strumenti portano lontano dai fini desiderati. Accelerano solo la fine del suo governo, che molto probabilmente non avverrà per mani straniere, ma interne.