«La Spagna viaggia controvento». Ainoa Aparicio Fenoll, ofessore associato di economia all'Università di Torino e affiliate al Collegio Carlo Alberto, commenta così i dati che disegnano un miracolo iberico. Gli ultimi quelli dell'Ocse: la Spagna nel 2023 chiuderà con un crescita del 2,3%, la migliore tra i grandi Paesi dell'Unione Europea. E nel prossimo frenerà appena un po': 1,9% sempre secondo l'organizzazione guidata dall'australiano Mathias Cormann. In altre parole più di un punto rispetto alle proiezioni sulla modesta crescita italiana (+0,8%). Ma altri numeri certificano il fenomeno spagnolo: a luglio la produzione è comunque cresciuta rispetto a dodici mesi prima (+0,47%), l'inflazione resta tra le più basse dell'intera unione a 2,4% (dato di agosto) e il deficit pubblico pur elevato (siamo 110% contro il 140 dell'Italia) continua a scendere (-4,4% rispetto a un anno fa)
Professoressa Aparicio Fenoll, come spiega il miracolo spagnolo?
«Il Paese viaggia controvento ma in realtà fa i conti con la crisi come gli altri 26 Paesi dell'Unione Europea. Anche se certi numeri sorprendono e secondo alcuni analisti spagnoli possono ancora migliorare. Credo che sia merito di due misure messe in campo dal governo con un preciso obiettivo: proteggere il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle con i redditi più bassi. E in effetti il piano ha funzionato».
Quali sono queste misure?
«La prima è stata la decisione di aumentare il salario minimo. E questa scelta ha avuto un effetto positivo perché ha contribuito a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie. Di pari passo c'è stato un rialzo delle pensioni indicizzandole all'inflazione. Una misura che ha davvero protetto le fasce più deboli dalla crisi. In più è stato concesso un sussidio da 200 euro alle famiglie con reddito basso. L'altra mossa è stata contenere l'effetto delle bollette. Anche in Spagna lo stop al gas russo si è fatto sentire».
Ecco, la Spagna ha deciso due provvedimenti che anche in Italia sono stati a lungo evocati e alla fine uno solo applicato: la tassa sugli extraprofitti delle banche e delle società energetiche. Com'è stato possibile?
«In effetti c'è stato un grande lavoro di preparazione. Ci si è impegnati molto dietro le quinte per arrivare a due misure di impatto, ma molto delicate. Però alla fine sono state varate e hanno dato risultati, come dimostra anche la bassa inflazione rispetto ad altre aree dell'Euro».
Ecco, nel miracolo spagnolo, c'è anche la bassa inflazione. Come la spiega?
«Anche qui il governo ha cercato di ammortizzare i danni di una congiuntura internazionale negativa i cui effetti erano inevitabili. Per esempio è stata ridotta l'Iva sui prodotti di prima necessità come il pane, il latte, la pasta. Una misura discussa anche in Italia. Poi l'altro fronte è stato quello energetico, per contenere i prezzi di gas e luce in modo da non pesare troppo sui conti delle famiglie e delle aziende».
Quanto le energie da fonti alternative come il vento e il sole hanno aiutato la Spagna a fronteggiare l'emergenza?
«Proprio come l'Italia, la Spagna ha cercato di sfruttare l'energia solare. Ci sono stati anche incentivi per usare al meglio le potenzialità di un Paese con un clima molto vantaggioso per l'energia solare e dunque fare efficienza, come impongono le regole dell'economia. Ma non hanno messo comunque la Spagna al riparo dagli effetti dal crollo dell'offerta di gas che resta la fonte di energia più utilizzata e della quale il Paese è del tutto dipendente dall'estero».
C'è chi indica nella riforma del mercato del lavoro varata dal governo Sanchez nel 2022 una delle carte vincenti. Altri invece sostengono che non sia stata così decisiva. Nella sostanza ha contribuito a ridurre l'uso dei contratti a termine a due soli casi. Insomma, uno scudo contro il lavoro povero. Che ne pensa?
«Detto che una grande riforma come quella attuata lo scorso anno ha bisogno di tempo per dispiegare i suoi effetti e dunque un giudizio finale deve essere per forza di cose rinviato più avanti di sicuro è già un risultato aver contribuito a ridurre i lavoratori di serie B. Non fa bene innanzitutto all'economia avere lavoratori divisi in due classi: serie A e serie B. Tutte le misure che contribuiscono a ridurre questa differenza non possono che contribuire a migliorare il quadro occupazionale».
Quanto può pesare sul futuro dell'economia spagnola lo stallo politico che si è creato dopo le elezioni politiche di fine luglio che nella sostanza non ha visto prevalere nessuno dei due schieramenti in campo?
«Preferisco non avventurarmi in analisi politiche, non è il mio mestiere. Però credo che i buoni risultati dell'economia abbiano permesso al governo di pareggiare una partita che alla vigilia i sondaggi davano per persa. Gli spagnoli hanno insomma voluto premiare chi è riuscito a tenere a galla il Paese durante una grave congiuntura internazionale. E credo che si andrà avanti con questo governo. Aggiungo che potrebbe apparire ancora una volta una soluzione debole, ma proprio questa condizione, ha permesso al governo Sanchez di varare provvedimenti che diversamente non avrebbero visto la luce, sotto la spinta dei partiti più piccoli della sua colazione. Come l'aumento del salario minimo, una scelta radicale ma che alla fine ha premiato».
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