Le detrazioni ordinarie (prima 36%, poi 50% e 65%) sui lavori di ristrutturazione immobiliare e di efficientamento energetico, introdotte a partire dal 1998, avevano dato buona prova incentivando i lavori di ristrutturazione con beneficio sia per i privati sia per la fiscalità generale (si stimano complessivamente circa 19 milioni di interventi). Un meccanismo che, senza distorcere il mercato, aveva favorito sia i cittadini sia l’erario, facendo emergere molti lavori prima fatti in nero.

Poi lo Stato ha voluto “strafare” ed è arrivato il superbonus del 110%, con il quale, addirittura, non solo vengono rimborsati tutti i lavori, ma viene messo pure il 10% in più. I dati sul 110% resi noti da Ance (l’Associazione nazionale dei costruttori edili) e frutto del monitoraggio Enea-Mise, al 30 novembre, rilevano un numero complessivo di 69.390 interventi (Figura 1) per 11,9 miliardi di euro (Figura 2); tra il 31 ottobre e il 30 novembre scorso si contavano circa 11.700 interventi aggiuntivi per un importo di 2,2 miliardi. Il dato di novembre segna un ulteriore e consistente aumento del 20,3% in numero e del 22,5% nell’importo. Su tale dinamica cominciano ad osservarsi i primi effetti delle semplificazioni introdotte dal DL 77/2021 e impatti ancora maggiori potranno delinearsi nei primi mesi del 2022.

Figura 1 - Numero complessivo di interventi al 30/11/21
Figura 1 - Numero complessivo di interventi al 30/11/21
Fonte: ANCE

 

Figura 2 - Spesa complessiva per gli interventi al 30/11/21 (in milioni di euro)
Figura 2 - Spesa complessiva per gli interventi al 30/11/21 (in milioni di euro)
Fonte: ANCE

La rimonta dei condomini

Gli interventi più frequenti riguardano gli edifici unifamiliari (51,2% del totale) e le unità immobiliari indipendenti (33,9%); continua, d’altro canto, la crescita della quota relativa ai condomini che, in termini di importo, ha raggiunto un’incidenza prossima al 50% dell’ammontare complessivo. Si tratta, ovviamente, di lavori con importo medio elevato (oltre 574mila euro), se raffrontato agli interventi su singole abitazioni (circa 90/100mila euro). L’evoluzione nel tempo mostra come, in una prima fase di applicazione del beneficio fiscale, gli edifici unifamiliari rappresentavano una quota molto più consistente, pari a circa il 60% della numerosità totale e il 43% dell’importo. A fine novembre 2021 tale incidenza si è ridotta di circa 10 punti percentuali, scendendo, rispettivamente, al 51,2% e al 31,5%. Al contempo, come già evidenziato, è aumentata la quota sul mercato riferita ai condomini.

Lombardia in testa

La distribuzione regionale conferma ai primi posti Lombardia (9.826 interventi), Veneto e Lazio, seguiti dalla Toscana e Emilia-Romagna. Da rilevare anche le buone performance di quattro regioni meridionali, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria (Figura 3).  Una “festa” per tutti, dalle imprese ai professionisti passando dai proprietari di case, pur con una serie di paletti che ovviamente rendevano complesso e controllato l’intervento.

Figura 3 - Numero di interventi per regione
Figura 3 - Numero di interventi per regione
Fonte: ANCE

La garanzia che alla fine sia lo Stato a pagare contribuisce però a far salire i prezzi, ulteriormente lievitati a causa del rincaro mondiale delle materie prime (ma anche del lavoro), della difficoltà di reperimento dei materiali, dalla manodopera specializzata mancante e, last but not least, da norme fiscali retroattive.

L’ultima preoccupazione, in ordine di tempo, per professionisti, imprese e quanti coinvolti nel 110%, riguarda le modalità con le quali sono state introdotte le nuove norme del cosiddetto “Decreto antifrodi” (DL 157/2021), in vigore dallo scorso 12 novembre. Del resto, secondo i calcoli del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, il monte totale delle frodi sui bonus per la casa, compreso il Superbonus, ammonta oggi a 950 milioni di euro. Il DL definisce la normativa d’urgenza per far fronte al grave problema degli abusi verificatisi con l’introduzione delle agevolazioni edilizie, non tenendo però in considerazione – spiegano gli Ordini, Collegi, Federazioni professionali e le Associazioni di categoria di Torino e Piemonte - le conseguenze pratiche per professionisti, sempre meno interpellati dagli organi decisionali, e imprese. Le nuove disposizioni, infatti, riguardano anche i lavori già avviati e in corso di esecuzione e i conseguenti costi non rientrano tra gli accordi contrattuali già chiusi tra clienti, professionisti e imprese: è necessaria, pertanto, una loro revisione.

Un bonus che favorisce i proprietari di casa

«Una misura che doveva essere espansiva è in realtà regressiva, e cioè avvantaggia i redditi alti a discapito di quelli bassi e “regala” valore immobiliare a chi già ne ha visto che la ristrutturazione incide tra il 10 e il 12% sul valore dell’immobile», spiega Marco Marcatili, economista di Nomisma e responsabile dell’osservatorio “110% Monitor”. “E siccome la ristrutturazione la paga tutta lo Stato questo maggior valore va decisamente a vantaggio della proprietà. E non è un caso che il grosso della fetta vada a case unifamiliari.

Ci sono anche importanti distorsioni territoriali, in quanto alcune regioni del Nord possono avvalersene in maggior misura grazie ad una filiera più strutturata di imprese e professionisti. Poi, da ultimo, il lungo tempo procedurale fa sì che dalla prima assemblea che si occupa del tema al primo versamento all’impresa passino dai 7 ai 9 mesi, con la conseguenza che l’aumento delle materie prime nel frattempo intercorso possa far saltare tutta l’operazione.
E non mancano approvvigionamenti discutibili come è capitato in un cantiere, dove «una partita di cappotti termici sono arrivati in fretta e furia dalla Georgia con non si sa quale qualità intrinseca», spiega ancora Marcatili.

Questa difficoltà si somma alla ridotta struttura delle imprese. «Circa il 90% delle aziende edili – aggiunge Marcatili – fattura meno di un milione di euro e in condomini da 15 appartamenti i lavori superano con facilità tale importo, ragion per cui la stragrande maggioranza delle imprese non può occuparsi dei lavori stessi e tanto meno riesce a seguire il complesso iter burocratico». Per questa ragione Nomisma ha creato una società, Nomisma Opera, che svolge il ruolo di general contractor per le Pmi che faticano a seguire le procedure burocratiche legate al 110%.

Il caro materie prime

Tornando al caro materiali: minaccia l’intera filiera dell’edilizia e la tempistica di esecuzione delle opere tanto che in Piemonte si pensa ad un prezziario regionale per mettere in sicurezza i cantieri. Mancano poi gli operai edili, sia i generici – per il 33,3% delle imprese – che i profili specializzati, per oltre il 60%. In Liguria, spiega per esempio Giulio Musso, presidente di Ance Genova, «il boom dell’edilizia c’è, è già partito. Tanto che siamo stati presi un po’ in contropiede. Siamo contenti: i numeri sono ottimi, grazie al bonus del 90% e al superbonus del 110% voluti dal Governo, ma anche per i finanziamenti relativi all’attuazione del Pnrr. Ora registriamo una crescita del mercato che si scontra, proprio per questo, con due questioni operative non facili da risolvere in poco tempo: la difficoltà nel reperire manodopera formata e il forte rincaro dei materiali». Anche Gabriele Buia, numero uno dell’Ance a livello nazionale, lancia l’allarme sul caro materiali. «Bene l’estensione dei prezziari a tutti i bonus edili, per garantire la congruità dei prezzi e sbarrare la strada ad aumenti e comportamenti illeciti». Quanto però alla stretta sui controlli, la norma così come è stata pensata rischia, sempre secondo l’Ance, di causare rallentamenti o addirittura blocchi delle operazioni in corso. «È necessario – spiega Buia – che la norma non sia retroattiva e che la decorrenza delle nuove disposizioni sia relativa ai lavori avviati dopo il 12 novembre».

Il calendario da rispettare

Intanto, la scadenza del 31 dicembre è cruciale per le detrazioni edilizie. Infatti, il disegno di legge di Bilancio – che alla data di pubblicazione di questo articolo non è stato ancora approvato – prospetta una riduzione del bonus facciate dal 90 al 60% nel 2022 e riduce da 16mila a 5mila euro la spesa massima agevolata dal bonus mobili. Per le agevolazioni ordinarie, invece, si prospetta una proroga triennale, mentre il superbonus otterrà una conferma fino al 2025 per i condomìni, con detrazioni in diminuzione e regole ancora da fissare su abitazioni monofamiliari e lavori trainati (che beneficeranno della proroga solo fino al 2022).

Quel che è certo è che il decreto “Antifrodi”, in vigore dal 12 novembre scorso, impone l’asseverazione di congruità delle spese e il visto di conformità per cedere o sfruttare direttamente con sconto in fattura le detrazioni diverse dal 110 per cento. Ponendo così un vincolo in più a molti dei proprietari che stanno cercando in questi giorni di prenotare o anticipare le attuali agevolazioni, districandosi anche tra il boom dei prezzi e i ritardi nelle consegne. Al netto delle difficoltà applicative, spiegano da Ance, «il Superbonus sta dimostrando di essere una misura di rilancio molto efficace, che è entrata ora in una fase di espansione, dopo i pesanti ritardi iniziali. L’attenzione dimostrata dal Governo nella recente Legge di Bilancio, approvata dal Consiglio dei Ministri il 28 ottobre scorso, va nella giusta direzione. Tuttavia, le limitazioni introdotte per gli edifici unifamiliari e l’esigenza di ulteriori chiarimenti per i lavori “trainati” potrebbero rallentare l’effetto positivo prodotto dalla misura. A ciò si aggiunga che le recenti norme introdotte dal DL antifrodi (visto di conformità e asseverazione dei costi sulla congruità, anche per i bonus minori), stanno producendo un rallentamento degli interventi in corso».

Gli effetti del decreto Antifrodi

Dal punto di vista normativo il decreto Antifrodi, come evidenzia Antonio Mattio, presidente di Ance Torino, peserà non poco. «Si tratta di un appesantimento del lavoro delle imprese e di un cambio in corsa delle regole che mette in difficoltà gli operatori e i lavori avviati. Va benissimo lavorare sul tema della congruità dei prezzi e aggiornare i prezziari, ma servirebbero controlli ex post». Sia l’Ance sia il Consiglio nazionale degli architetti spingono poi affinché venga introdotto l’obbligo di affidare i lavori a imprese qualificate, in modo da garantire sicurezza e qualità dei lavori realizzati. Come? Attraverso la messa in pista di un sistema di qualificazione che attesti la capacità delle imprese impegnate nei lavori che beneficiano dei bonus edilizi, analogamente a quanto previsto per i lavori privati di ricostruzione, con contributi pubblici, delle aree terremotate del Centro Italia.