I riflessi dell'invasione della Russia in Ucraina toccano da vicino anche lo sport, che ha immediatamente risposto con l'esclusione di atleti, squadre, delegazioni dalle competizioni internazionali già in corso, come l’Eurolega di basket che ha sospeso (almeno fino al 21 marzo) tutte le formazioni russe, o che si sono aperte praticamente in concomitanza con l'inizio del conflitto. È il caso delle Paralimpiadi di Pechino, dalle quali sono stati banditi gli atleti di Russia e Bielorussia.
Gli oligarchi in campo
Il calcio non fa eccezione. Subito la Polonia si è rifiutata di giocare lo spareggio per i Mondiali di Qatar 2022 contro la Nazionale di Putin, ma il tema è molto più ampio e profondo perchè ha pure un impatto economico e finanziario. Tra club posseduti da proprietà russe e sponsorizzazioni di grandi aziende russe a società e federazioni.
La cartina dell'Europa è punteggiata, qua e là, di oligarchi che hanno interessi nel calcio, pur se non più così numerosi come in passato. Adesso bisogna guardare principalmente in Inghilterra, dove troviamo Chelsea, Everton e Bournemouth, in Olanda, con il Vitesse, e in Grecia, con il Paok Salonicco. Ma anche nel Principato di Monaco con il Monaco, che ha lo stesso proprietario dei belgi del Cercle Bruges.
Il caso più eclatante riguarda proprio il Chelsea, il club campione d'Europa in carica, dal 2003 fiore all’occhiello di Roman Abramovich, oligarca considerato molto vicino a Putin (anche se lui ha sempre negato), inizialmente non inserito nella “lista nera” della Ue e della Gran Bretagna. Nel timore di sanzioni, il miliardario russo agito d’anticipo: prima annunciando che avrebbe passato la gestione del Chelsea alla fondazione di beneficienza del club, poi mettendo in vendita la società. «Una decisione incredibilmente difficile»: è il suo pensiero.
Le sanzioni del Governo britannico sono comunque arrivate e hanno avuto la forza di uno tsunami: tutti i beni di Abramovich sono stati congelati, la vendita del club è stata sospesa e il Chelsea di fatto è esso stesso congelato.
La squadra può continuare a giocare grazie ad una “licenza speciale” valida fino al 31 maggio e quindi portare a termine la stagione in Premier League, Champions League e Coppa d’Inghilterra, così come pagare i dipendenti. Ma non può agire sul mercato (nuovi acquisti, cessioni, rinnovi di contratto), vendere i biglietti per le partite e il merchandising.
Tutto bloccato
Un vero e proprio terremoto; la fine di un’epoca, durata quasi due decadi, in cui i Blues hanno vinto tutto: 21 trofei, tra cui 5 Premier League, 5 FaCup, 2 Champions League e, ultimo in ordine di tempo, il Mondiale per club che ha chiuso il cerchio.
Abramovich ha portato il Chelsea a nell’olimpo grazie anche al suo sconfinato patrimonio, stimato in 13 miliardi di euro, che gli ha consentito di spendere più di ogni altro sul mercato: 2,3 miliardi di euro in diciannove anni. La lista dei campioni è infinita e va da Drogba a Lukaku, passando per Cech, Shevchenko, Hazard, Fabregas, Kantè, Morata, Jorginho, Havertz. Campioni in campo ma in panchina, visto che tra agli allenatori figurano Ranieri, Mourinho, Ancelotti, Conte, Sarri e Tuchel.
Miliardi in gioco
E adesso, che cosa succederà? Il Chelsea vale attorno agli 1,9 miliardi di euro e la sua rosa è stimata sui 974 milioni. Abramovich chiede 3 miliardi di sterline (circa 3,3 miliardi di euro) e ha dato mandato ai suoi collaboratori di creare una fondazione di beneficenza in favore delle vittime della guerra in Ucraina, cui verranno destinati tutti i proventi netti della vendita. Ora bisognerà vedere se il Governo britannico concederà comunque la possibilità di procedere alla cessione del club per farlo uscire dall’impasse.
Gli sponsor stanno abbandonando la nave: la compagnia telefonica “3”, che compare sulla maglia, ha sospeso il contratto da 40 milioni annui e altri potrebbero seguire l’esempio. E potrebbe iniziare pure la diaspora dei giocatori.
All’orizzonte? Una rosa di pretendenti. C’è il tandem composto dal magnate svizzero Hansjorg Wyss e da Todd Boehly, già comproprietario dei Los Angeles Dodgers, che avrebbe offerto 2,3 miliardi. C’è Sir Jim Ratcliffe, patron del colosso chimico Ineos, molto attivo nel ciclismo e patron del Nizza. E ci sono due outsider come l’uomo d’affari egiziano Lofty Mansour e l’imprenditore turco Muhsin Bayrak, attivo nel campo dell’edilizia e delle criptovalute, con un patrimonio stimato in 11 miliardi di euro.
L'altra società di peso è il Monaco. Il club del Principato è stato acquistato da nel 2011 al prezzo simbolico di un euro da Dmitry Rybolovlev, patrimonio personale stimato in 7 miliardi di euro, frutto anche della cessione della Uralkali, colosso russo del potassio. Undici anni fa, i monegaschi erano in Ligue 2 (la serie B francese) e con Rybolovlev hanno vinto la Ligue 1 nel 2017 con in campo un giovanissimo Kylian Mbappè, poi venduto per 180 milioni al Paris Saint Germain (non l'unico talento rivenduto a cifre enormi, una chiave della sostenibilità del club), e ora fanno presenza fissa al vertice del calcio francese e sono in corsa agli ottavi di Europa League. Sempre nel 2017, l'orizzonte si è allargato in Belgio al Cercle Bruges, entrato nella galassia del magnate. Rybolovlev non è tra le persone indicate dalla Ue come sostenitori di Putin e ha assicurato di aver costruito la sua fortuna prima della sua ascesa. Il club monegasco quindi dovrebbe essere al riparo da sorprese.
L'Everton e l'uzbeko Usmanov
Sull'altra sponda del Mersey, il fiume che bagna Liverpool, c’è l’Everton di Alisher Usmanov, imprenditore uzbeko del colosso siderurgico MetalloInvest e grande amante dell'Italia e della Sardegna in particolare, dove vanta diverse proprietà immobiliari in Costa Smeralda. In passato azionista di minoranza dell'Arsenal, ora riveste lo stesso ruolo all'Everton, che sponsorizza anche con le sue aziende Usm, MegaFon e Yota.
Usmanov è il primo “oligarca del calcio” ad essere stato colpito dalle sanzioni stabilite dall'Unione Europea, che hanno comportato il congelamento dei suoi beni nel continente, il divieto di viaggiare nell'Ue e di “mettere a disposizione fondi”. Particolare, quest'ultimo, che potrebbe influire non poco sul progetto del nuovo stadio dei Toffees, un'opera da 500 milioni di euro, di cui Usmanov possiede i naming rights (acquistati per 36 milioni).
Logico l'interrogativo: anche l'Everton è a rischio?
La proprietà del club inglese fa capo a Farhad Moshiri, imprenditore anglo-iraniano fino a pochi giorni fa presidente del Cda di Usm. Per il momento, l'Everton ha dichiarato di aver sospeso “con effetto immediato” tutti gli accordi di sponsorizzazione con le aziende che fanno capo a Usmanov.
Qui Bournemouth
Sempre Oltremanica, bisogna scendere in Championship, la serie B inglese, e recarsi a Bournemouth. Le Cherries sono dal 2011 di proprietà di Maxim Demin, uomo d'affari russo con passaporto britannico, non inserito nella lista nera di Usa e Ue. Come Valerij Oyf, imprenditore con interessi nei settori del petrolio, del gas e dell'estrazione di oro e metalli, padrone del Vitesse Arnhem. Oyf, originario di Odessa, in Ucraina, ha acquistato la squadra olandese nel 2018 da un altro oligarca, Alexander Chigirinsky. Ultima tappa in Grecia, a Salonicco, casa del Paok di proprietà dal 2012 di Ivan Savvidis, di origini georgiane, attivo nei settori del tabacco e dell'immobiliare, ma anche editore e per otto anni, fino al 2011, membro della Duma, la camera bassa dell’Assemblea federale russa, nel partito di Putin. Curiosità: nel 2018 è stato squalificato per tre anni per essere entrato in campo con una pistola durante il match contro l’Aek Atene.
C'è anche Gazprom
Proprietà a rischio e partnership commerciali altrettanto a rischio oaddirittura già interrotte. Sotto la lente c’è Gazprom, il colosso russo del gas, legato innanzitutto alla Uefa. L’organo di governo del calcio europeo ha spostato rapidamente la sede della finale di Champions League dalla Gazprom Arena di San Pietroburgo a Parigi ma potrebbe presto cancellare anche l’accordo di sponsorizzazione con la stessa azienda che vale circa 50 milioni per il periodo 2021-24. A livello di club, l’esempio principale porta in Germania: lo Schalke 04 ha prontamente stracciato l’intesa con Gazprom, suo sponsor di maglia da 30 milioni all’anno.
Il Manchester United, invece, ha messo fine al rapporto con la compagnia aerea Aeroflot, concludendo in anticipo la partnership quinquennale da 8 milioni all’anno che si sarebbe conclusa nel 2023.
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