Una settimana esatta dopo il suo articolo sull’edizione online dell’Economist, Mario Draghi viene “arruolato” dalla numero uno della Commissione europea Ursula von der Leyen. Per dare una mano all’Europa. O almeno così ha detto la presidente durante il dibattito a Strasburgo sullo Stato dell’Unione.«Ho chiesto a Mario Draghi di preparare un report sul futuro della competitività dell'Europa». Una mossa che rimette in campo l'ex presidente del Consiglio nei giorni di tensione tra Bruxelles e il governo Meloni.

Al di là dei possibili effetti in Italia (Meloni ospite di Porta a Porta l’ha definita «una buona notizia») appare più interessante capire cosa si aspetta von der Leyen dall’ex numero uno della Bce. «Draghi è una delle migliori menti economiche europee» ha detto. E forse anche per questo ha citato in inglese le stesse parole – “whatever it takes” che Draghi pronunciò nel 2012 salvando l’Euro dalla speculazione – sia pure in un altro ambito:«L'Europa farà tutto il necessario per mantenere il suo vantaggio competitivo». Che pero traballa: stretta tra le conseguenze della guerra in Ucraina, l'Inflation Act americano e lo strapotere della Cina sulle materie rare l’economia europea rischia di infilarsi in un vicolo cieco. E non per colpa della Bce, che si prepara a un nuovo rialzo. Von der Leyen ha riconosciuto alla presidente della banca centrale europea Christine Lagarde di muoversi correttamente nella lotta all’inflazione.

La vera missione

Tornando a Draghi e su quale sia la vera missione dell’incarico all’ex premier italiano c’è ancora un po’ di incertezza. Ma sono chiari i tre filoni di cui dovrà occuparsi: lavoro, inflazione e imprese. In particolare von der Leyen si è soffermata sull’occupazione: «Dobbiamo migliorare l'accesso al mercato del lavoro, soprattutto per i giovani e le donne e abbiamo bisogno di una migrazione qualificata»

Viene comunque naturale riprendere i passi più significativi dell’articolo che Draghi ha scritto per l’Economist – pubblicato in versione integrale in Italia da La Stampa -. Concetto chiave: tornare alle vecchie politiche nell'Eurozona, sospese durante la pandemia, sarebbe un errore, «il peggior risultato possibile». Secondo l’ex premier la costruzione di un'Europa più forte passa per una sola via: nuove regole di bilancio, severe ma più flessibili e una maggiore condivisione della sovranità. Ecco la ricetta Draghi per garantire competitività e futuro al Vecchio Continente. Un messaggio che dopo l’investitura peserà sulla riunione Ecofin in programma a Santiago de Compostela venerdi e sabato e dove il tema all’ordine del giorno sarà proprio la riforma del Patto di stabilità.

I passaggi sull'Economist

Un altro passaggio di Draghi: «Le strategie che nel passato hanno assicurato la prosperità e la sicurezza dell'Europa, affidandosi all'America per la sicurezza, alla Cina per l'export e alla Russia per l'energia sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili». Serve dunque un'Unione più coesa. Pandemia, conflitto in Ucraina e crisi energetica hanno già dato una mano secondo l’ex premier favorendo una risposta comune impensabile fino qualche tempo fa, avvicinando le posizioni tra i Paesi più forti e quelli più deboli.

Questa la base da cui partire, per una svolta che dia all'Unione europea una maggiore capacità di affrontare quelle sfide globali che richiedono "vasti investimenti in poco tempo": come la transizione verde o quella digitale. In particolare, l'ex presidente della Bce vuole superare quelle regole di bilancio e sugli aiuti di Stato che limitano la capacità dei singoli Paesi di agire in maniera indipendente. Magari guardando all’America, alle mosse di Biden che «sta allineando la spesa federale e gli incentivi fiscali al perseguimento degli obiettivi nazionali» La via maestra - scrive l'ex presidente del consiglio - è quella di “ridefinire il quadro delle politiche di bilancio della Ue e i processi decisionali. Dunque nuove regole che siano severe, per garantire finanze statali credibili, ma anche abbastanza flessibili, per permettere ai governi di reagire a shock imprevisti. E poi «trasferire più poteri di spesa al centro».

Concetti contro i quali si è schierato il bavarese Markus Ferber, responsabile per il Ppe nella potente commissione Econ del Parlamento Europeo: «Si sbaglia nel ritenere necessaria un’unione fiscale nell’area euro. È un’idea divisiva».