Vogliono la Luna. Sarà questa la prossima sfida tra le due superpotenze mondiali. Con un obiettivo: arrivarci per restare. Cina e Stati Uniti puntano a costruire un avamposto permanente sul satellite raggiunto per la prima volta più di mezzo secolo fa dalla missione Apollo con Neil Armstrong ed Edwin Aldrin, primi uomini a camminare sulla Luna. Un’impresa, quella del 1969, nata sulla spinta della corsa allo spazio tra Usa e Urss durante la guerra fredda. Oggi un’altra sfida – quella per il primato sulla Terra – spinge gli americani a riscoprire quel pianeta che, archiviate le ostilità con i sovietici, era stato dimenticato. Troppo costoso arrivarci. Ma ora c’è un nuovo concorrente forse più ambizioso, sicuramente più competitivo come la Cina pronta a misurarsi con gli americani per la supremazia tecnologica.
L'ultimo record di Pechino
Wu Weiren, lo scienziato che comanda il programma di esplorazione di Pechino, ha promesso pochi mesi fa: “Gli astronauti cinesi lasceranno le loro impronte sulla Luna entro il 2030”. In quest’ottica nella notte italiana di giovedi dalla stazione di Jiunquan, nel deserto del Gobi, è stata lanciata la missione Shenzhou 17, dodicesimo volo spaziale cinese con equipaggio. Obiettivo: raggiungere con un viaggio di sei ore e mezzo la stazione spaziale Tiangong, che orbita a circa 400 chilometri dalla Terra. Li da cinque mesi vivono cinque astronauti cinesi. I due equipaggi lavoreranno insieme per quattro giorni, per il passaggio delle consegne. Poi gli astronauti della missione Shenzhou 16 faranno ritorno sulla Terra.
Gli altri tre – che hanno già segnato un piccolo record come equipaggio più giovane di sempre nello spazio, con un’età media di 38 anni – si fermeranno sei mesi con un programma di lavoro che comprende esperimenti scientifici, test tecnologici e passeggiate nello spazio. Dovranno, i tre astronauti, provvedere anche alla riparazione di piccoli danni subiti dalla stazione orbitante: le ali solari sono state colpite più volte da piccole particelle spaziali. La missione rientra a tutti gli effetti nell’ambizioso programma cinese che punta a costruire una stazione spaziale sulla Luna entro il 2028, con l’aiuto di un robot che userà mattoni lunari, cioè realizzati con materiale estratto sul satellite. E due anni dopo, lo sbarco degli astronauti, anzi dei taikonauti, come li chiamano a Pechino.
Anche Elon Musk nella partita
Tempi stretti, insomma, cui sembra puntare anche la Nasa per il suo ritorno sull’unico satellite naturale della Terra. Il programma Artemis messo a punto dagli scienziati di Houston prevede la prima missione tra un anno come adesso: novembre 2024. Una missione lunga dieci giorni durante la quale i quattro astronauti – tre americani, compresa una donna e un canadese – saranno i primi ad avvicinarsi alla Luna dai tempi della Apollo 17 del 1972. In realtà, non ci sarà alcun allunaggio. L’equipaggio – che tra andata e ritorno percorrerà qualcosa come 2,3 milioni di chilometri – volerà dietro la faccia nascosta del satellite, spingendosi più lontano dalla Terra di quanto non abbia mai fatto finora un essere umano. Un viaggio che se avrà successo diventerà propedeutico alla missione Artemis III, che segnerà il ritorno dell’uomo sulla Luna. Ma stavolta si tornerà per restarci. L’obiettivo, proprio come quello dei cinesi, è creare un laboratorio spaziale permanente, con una missione ogni dodici mesi. Per aprire all’altro ambizioso progetto della Nasa e dei suoi alleati (le agenzie spaziali di Canada, Europa e Giasppone e partner commerciali come Spaxce X di Elon Musk): l’esplorazione dell’uomo su Marte.
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