La passione per i videogiochi è diventata un vero e proprio lavoro e i diversi tornei sono ormai un business globale

Se viaggiare senza muoversi rimane ancora un’attività soprattutto mentale, le nuove tecnologie hanno reso realizzabile da qualche anno il sogno di molti di fare sport restando seduti in casa.
Non è più necessario sottoporsi ad anni di duri allenamenti fisici già dall’adolescenza, spostarsi per incontrare avversari in competizioni sparse in ogni angolo del pianeta e nemmeno investire cifre a volte ingenti per assecondare il proprio talento: ora basta dedicarsi agli e-sport (electronic sports), cioè lo sport di giocare ai videogame, da soli o in squadre, scegliendo la disciplina che più appassiona, siano esse repliche di reali attività agonistiche, giochi di guerra, avventure fantasy e così via, in incontri gestiti da diverse organizzazioni locali o internazionali.

Ormai da qualche tempo, molti giovani dai 15 ai 25 anni, soprattutto negli Usa e nel sud-est asiatico, hanno trasformato la loro passione per le console in un vero e proprio lavoro che può garantire entrate non indifferenti. I diversi tornei sono diventati infatti un business globale che nel 2017 ha generato un giro d’affari di oltre 650 milioni di dollari e che nel 2020 potrebbe arrivare fino a 1,5 miliardi (Figura 1), con un pubblico che già oggi conta circa 215 milioni di fan (Figura 2) che affollano stadi reali o virtuali e trasmissioni garantite in esclusiva da giganti dei media come ESPN. Stime approssimative sostengono che siano oltre 2,2 miliardi i giocatori attivi in tutto il mondo.
Proprio i media rappresentano, nelle stime per il 2018, il segmento di settore in più rapida crescita (+ 72,1%), seguiti dalle sponsorizzazioni (+ 53,2%), che restano comunque di gran lunga la maggior fonte di introiti (Figura 3); in totale - pubblicità, diritti dei media, sponsorizzazioni, merchandising e biglietti, più le commissioni per i produttori dei giochi - il mercato dovrebbe raggiungere i 906 milioni di dollari nel 2018, il 38,2% in più rispetto al 2017. Oltre la metà dei guadagni complessivi provengono da Stati Uniti e Cina, con la Corea del Sud distanziata in terza posizione (Figura 4).
Il Comitato olimpico stesso, sempre attento a individuare nuove discipline di rilevanza mondiale e commerciale per sostituirne altre non abbastanza diffuse, li considera ormai sport come gli altri, pur non avendoli ancora accolti nelle Olimpiadi, in assenza di alcuni requisiti fra i quali i controlli antidoping e la scarsa trasparenza nei confronti delle scommesse. Recentemente c’è stato un incontro tra il CIO e gli editori dei più importanti eSports, ma si tratta ancora di primi passi esplorativi per capire se i due mondi possano conciliarsi.
D’altra parte, gli allenamenti da seguire, pur diversi da quelli tradizionali, sono necessari anche in questo campo, dato che le partite possono durare molte ore e le strategie prevalgono sull’improvvisazione.

Di segno opposto la notizia, altrettanto recente, della preoccupazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha incluso la dipendenza da videogiochi tra le patologie mentali: il gaming disorder, “una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti che prendono il sopravvento sugli altri interessi della vita”.
Che gli eSport siano la prossima grande cosa lo mostra il fatto che anche Goldman Sachs, in un recente rapporto, sostiene che il settore supererà addirittura gli spettatori della Major League di Baseball e della National Hockey League; circa 167 milioni di persone ogni mese in tutto il mondo guarderanno gli eSport nel corso del 2018.
L'immensa popolarità dei giochi basati sulla sopravvivenza come Fortnite, la crescita dei montepremi per i tornei (Figura 5), l'aumento del live-streaming e il miglioramento delle infrastrutture per i campionati professionistici hanno spianato la strada per raggiungere entro il 2022, la finora intoccabile leadership della NFL (National Football League), cioè circa 300 milioni di spettatori.
Gli analisti di Goldman hanno anche affermato di credere che gli spettatori di eSport si stiano spostando maggiormente nel mainstream, che dovrebbe sostenere una crescita del pubblico del 14% per i prossimi cinque anni: proprio la crescita delle infrastrutture e la creazione della Lega americana e della Lega nordamericana e I forti investimenti di aziende come Tencent Holdings Ltd. nelle piattaforme cinesi di video online (Figura 6), sono alla base di questo boom ora anche economico, che potrebbe raggiungere i 3 miliardi di dollari entro il 2022 secondo GS.
Amazon (con la piattaforma di live streaming Twitch), Red Bull, Sony, Ikea (che ha dedicato una linea di prodotti al gaming competitivo), Gillette, l’immancabile Facebook, Tinder e diverse altre multinazionali si sono prontamente tuffate in questa nuova potenziale miniera d’oro con le loro strategie di marketing: dal 2013, ci sono già stati 3,3 miliardi di dollari di investimenti di capitale a rischio in start-up eSport e nel solo 2018, ad oggi, 1,4 miliardi di dollari sono piovuti nel settore con un aumento quasi del 90% su base annua rispetto al totale 2017.
Ma non solo: la scuderia di Formula 1 McLaren ha annunciato ufficialmente il lancio del McLaren Shadow Project, dopo il successo ottenuto dalla competizione Mclaren World's Fastest Gamer, vinta da tale Rudy van Buren, poi promosso a collaudatore simulatore per il team, a dimostrazione che le abilità apprese come giocatore sono trasferibili al mondo reale.
Il nuovo progetto dedicato alla simulazione di corse includerà giocatori di più titoli, tra cui Xbox One Forza Motorsport, Real Racing 3 su cellulare, iRacing e rFactor 2 sul PC. Inoltre, tutte le scuderie di Formula 1, tranne la Ferrari, parteciperanno ufficialmente alla seconda stagione della F1 Esport Series e diverse squadre di calcio, anche italiane, partecipano ad analoghe simulazioni elettroniche del loro sport.

Il fenomeno ha contagiato anche il nostro Paese: a fine giugno 2018 AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) ha presentato il primo Rapporto sugli Esports in Italia, realizzato in collaborazione con Nielsen, che mostra numeri abbastanza significativi (per quanto proiezioni basate su interviste via web).
Oltre 260 mila “Avid Fan” seguono quotidianamente eventi Esports e circa 90 mila molto probabilmente assisteranno anche a un evento dal vivo in futuro; ma si tocca quasi il milione di persone se si considerano tutti quelli che dichiarano di seguire eventi non ogni giorno ma più volte durante la settimana (Figura 7). Gli appassionati sono principalmente uomini (62%), con un livello di educazione medio-alto, di età compresa per lo più fra i 16 e i 30 anni (52%), ma con una discreta quota anche fra i 31 e i 45 anni (33%). Ha destato scalpore la recente notizia dell’affermazione del sedicenne Riccardo “Reynor” Romiti, che in Corea del Sud, nel torneo di Starcraft II, è riuscito ad avere la meglio contro uno dei più forti giocatori fra i padroni di casa, di 10 anni più grande di lui, entrando così nel Code S dove si sfidano solo le superstar, il tutto in diretta televisiva (Figura 8). Il nostro liceale riesce a guadagnare fino a 1.500 euro al mese con le sue prestazioni, ma il futuro sembra a lui propizio, dato che la sua impresa è stata definita “leggendaria” nell’ambiente.
La scena degli eSport è centrata su alcuni giochi principali, che hanno raggiunto cifre importanti, e alcuni titoli minori che hanno momenti di grande popolarità ma che difficilmente riescono a intaccare lo strapotere dei più giocati.
La divisione è per generi: giochi strategici in tempo reale (Starcraft I e II), i cosiddetti Moba (Multiplayer Online Battle Arena, celebre League of Legends), i giochi in soggettiva ( Counter Strike) o sparatutto (Overwatch), il vasto mondo dei giochi di carte collezionabili ( Hearthstone) e ovviamente i titoli sportivi (Fifa e Pes) , probabilmente il modo più semplice per portare gli eSport alle masse, ma i temi sono davvero tantissimi e di vario genere.
Che questi, poi, possano davvero essere considerati sport pare difficile da accettare. Possono forse rientrare nei giochi di destrezza ed essere assimilati agli scacchi o ai numerosi giochi di carte, ma nessuno ha mai pensato di inserire la briscola fra gli sport olimpici (anni fa venne proposto invano il Bridge). Purtroppo il baraccone sportivo-mediatico ha un continuo bisogno di novità di cui nutrirsi…qualcuno ricorda forse lo squash? Attendiamo quindi con ansia il reinserimento del tiro alla fune alle Olimpiadi, inspiegabilmente estromesso anni fa.