New York - I produttori di auto statunitensi sono stati fra i più colpiti durante la pandemia, ma anche fra i primi a riprendersi, risalendo recentemente quasi ai livelli di vendita pre-Covid. Dopo la brusca frenata nella produzione del 2020 e 2021, infatti, quest’anno il mercato automobilistico negli Stati Uniti, valutato in 713 miliardi di dollari nel 2021, è tornato a importanti ricavi, che si prevede raggiungano i mille miliardi di dollari entro il 2027.
Ancora più rapida è stata la ripresa del profitti, tanto che, se le case automobilistiche stanno vivendo un periodo di forte transizione, dovuto ai residui shock delle catene di approvvigionamento, all'aumento delle norme sulle emissioni e al boom della domanda di veicoli commerciali da parte del settore della logistica, sono economicamente ben attrezzate per affrontarlo.
Negli Usa la produzione di auto è sempre stata una punta di diamante dal giorno in cui Ford ha creato la prima automobile e installato la prima catena di montaggio, arrivando a rappresentare il 2,5% del Pil statunitense. Certo, l'automotive non è stato indenne dalle crisi, come quelle recenti affrontate con polso da Obama e Marchionne.
Oggi, secondo l'Organizzazione internazionale dei costruttori di automobili, gli Stati Uniti sono il secondo produttore di veicoli a motore al mondo, dopo la Cina, e nel 2021 hanno immesso sulle strade 15 milioni di mezzi commerciali e passeggeri.
Per molti aspetti, i primi sei mesi del 2022 hanno visto una certa normalizzazione del settore dopo due anni anomali: le vendite hanno iniziato l'anno con 1,18 milioni di veicoli nuovi al mese, il ritmo più sostenuto dal secondo trimestre dello scorso anno.
Le criticità
Alcune perturbazioni e trasformazioni del mercato permangono. La produzione infatti stenta a tenere il passo con la domanda, soprattutto a causa della carenza di semiconduttori. Alla già scarsa disponibilità provocata da interruzioni delle forniture in Asia si è aggiunta quest’anno l’invasione dell’Ucraina, che è un importante fornitore globale di neon, gas essenziale nel processo di fabbricazione dei chip.
Ad aumentare l'incertezza si aggiungono i blocchi imposti nei principali centri urbani della Cina: una combinazione di forze che ha portato gli analisti a ridurre le loro previsioni di produzione per il 2022 a 15 milioni di veicoli. «La mancanza di semiconduttori ha limitato lo stock di auto nuove e usate — spiega John Bozella, presidente e Ceo di Alliance for Automotive Innovation, l’associazione di categoria dei produttori di auto Usa —. Questo ha provocato un forte aumento dei prezzi poiché i consumatori si affrettano a mettere le mani su tutto ciò che riescono a trovare”. Oggi, dunque, in media un veicolo usato costa il 17% in più rispetto all’anno scorso, uno nuovo il 14% in più. Il prezzo medio di transazione per un’auto nuova a giugno è stato di 48.000 dollari, un record.
Il paradosso
Il risultato è che le case automobilistiche e i concessionari stanno guadagnando di più vendendo meno veicoli, e questa potrebbe essere una trasformazione duratura per l'industria. L'aumento dei prezzi ha infatti finora compensato il calo dei ricavi, determinando una forte redditività.
L'anno scorso, GM ha registrato profitti per 10 miliardi di dollari, il suo migliore risultato in oltre un decennio, e prevede profitti da 9,4 miliardi a 10,8 miliardi di dollari quest’anno. Ford ha registrato un reddito operativo di 10 miliardi di dollari l'anno scorso — la migliore prestazione dell'azienda dal 2016, nonostante abbia prodotto il 6% di auto in meno rispetto all'anno precedente. Anche i concessionari stanno guadagnando terreno. In un recente sondaggio condotto da Cox Automotive, oltre l'82% degli intervistati ha affermato che i profitti erano “forti e in crescita”, nonostante la scarsità di auto da vendere.
Le regole di Biden
Bisogna vedere quale sarà l’effetto della legge firmata nelle scorse settimane dal presidente Joe Biden. Sovvenziona l'industria dei semiconduttori statunitense, ma si prevede che il disequilibrio fra offerta e domanda, con conseguente pressione sui prezzi, duri ancora: «La pandemia ha cambiato la psicologia americana a lungo termine, allontanandola dal trasporto pubblico e facendo salire alle stelle il desiderio di mobilità individuale, che prevediamo continui per tre o cinque anni», interviene Mike Jackson, amministratore delegato di AutoNation, il più grande gruppo di concessionari negli Stati Uniti.
L’impennata della domanda non si estende per ora alle auto elettriche.
Se da un lato l’aumento della benzina potrebbe facilitarla, dall’altro i veicoli elettrici richiedono più semiconduttori rispetto ai modelli a benzina, e questo ha dilatato i tempi di consegna fino a un anno. È abbastanza per scoraggiare molti acquirenti negli Usa, dove già le preoccupazioni per l’autonomia dei veicoli elettrici e il loro elevato costo costituiscono importanti deterrenti per molti consumatori.
Intanto, per proteggersi dall’incertezza che regna nelle catene di approvvigionamento, dalle nuove e sempre più stringenti norme sulle emissioni e da una possibile recessione, le case automobilistiche Usa hanno avviato riduzioni di personale. Tesla ha annunciato tagli del 10% della sua forza lavoro, seguita da Ford, il cui amministratore delegato Jim Farley ha confermato una riduzione dell'organico di almeno 8mila unità. E Stellantis, risultato della fusione di Fiat Chrysler e Psa, ha eliminato centinaia di posti in Illinois e Michigan.
© Riproduzione riservata