L'obbligo vaccinale è un bene? Quali sono i limiti che il potere governativo può incontrare su questo fronte? La discussione è diventata incandescente nei momenti più critici della pandemia. E spesso se ne è parlato a vanvera, con l'amplificazione complice dei social media. Adesso, a emergenza Covid tutt'altro che archiviata, conviene utilizzare il tempo estivo per ragionare e riflettere. Anche perché di tempo - con la crisi che morde, il quadro geopolitico che scricchiola e l'incertezza economica che si diffonde - ne avremo sempre meno. E sempre di più dovremo essere dotati di senso buono e fondato, specie in una classe dirigente che sia degna del nome.
Il paradigma minimo
Può aiutarci il paper «Libertà liberale e vaccinazione» curato da Andrea Bitetto e discusso in questi ultimi giorni dal Comitato Scientifico del Centro Einaudi. Distinguendo opportunamente tra libertà individuale e libertà sociale si giunge a un "paradigma minimo": «In ogni società - si legge nel paper - la libertà consiste nella possibilità di operare scelte delimitate da una legge stabilita da un potere a ciò destinato dal consenso dei cittadini. La libertà politica, intesa come specificazione della libertà sociale, quindi, presuppone due condizioni: l’esistenza di norme che circoscrivano le possibilità di scelta dei cittadini; la possibilità dei cittadini stessi di controllare in una certa misura lo stabilimento di queste norme. Su queste nozioni preliminari si ritiene che all’interno della pur variegata cultura liberale si possa trovare un ampio consenso».
Il green pass e scelte pubbliche
La questione si è complicata con l'uso del green pass. «L’astratta compatibilità rispetto ad una visione liberale di un sistema di vaccinazione obbligatoria - incalza il paper del Centro Einaudi - deve esser in concreto valutata sulla scorta di quelle che possiamo definire le precondizioni epistemologiche applicabili alla specifica vaccinazione. Ovviamente, non è possibile pretendere un livello di certezza assoluta da parte della scienza, per il semplice rilievo che le acquisizioni scientifiche sono prevalentemente transitorie (e sono scientifiche in quanto falsificabili: il metodo scientifico è in grado di scartare il falso ma non a selezionare il vero). Vi è quindi necessariamente spazio per la scelta politica, la quale non può abdicare, in una società liberale, al proprio ruolo in favore della pretesa attendibilità del giudizio scientifico (tema che tocca il rapporto tra democrazia liberale e conoscenze tecniche specialistiche)».
E dunque?
Le conclusioni sembrano scontate, ma vengono motivate bene. Il green pass è stato un pasticcio. Meglio, ritrovandoci magari a breve in una nuova situazione di emrgenza, ragionare su principi e criteri per la tutela del diritto alla salute, bilanciando uguaglianza, proporzionalità ed esenzioni. I decisori pubblici, pertanto, rendano obbligatori i vaccini. Spiega il paper del Centro Einaudi in tre punti:
- «Affrontare il tema che qui ci occupa impone di chiarire, preliminarmente, quale sia la corretta declinazione del principio di libertà coinvolto. Si è visto come tale principio non possa esser individuato nella sola autodeterminazione, posto che la scelta tra vaccinazione e non vaccinazione non esaurisce le proprie conseguenze nell’ambito dell’esclusiva sfera individuale ma, invece, è in grado di pregiudicare anche altri individui. La corretta declinazione del principio di libertà, quindi, è quella relazionale o sociale (c.d. other-regarding conduct)»;
- «Dal punto di vista della scelta pubblica risulta preferibile l’imposizione di un generale obbligo di vaccinazione, che faccia salve ipotesi accertate di controindicazioni alla vaccinazione. Tale scelta consente di ricondurre nell’alveo della scelta pubblica e quindi politica l’introduzione di una simile misura, in piena coerenza con le dinamiche ed il confronto tipico di una democrazia liberale, limitando il ricorso a non soddisfacenti scelte puramente tecnico-scientifiche che, per loro natura, non hanno il carattere della definitività»;
- «Il favore verso un generale obbligo di vaccinazione consentirebbe di rimeditare il piano delle sanzioni, in senso lato, adottate, potendosi preferire, in un contesto sociale in cui la vaccinazione sia obbligatoria, altri modelli di incentivazione/disincentivazione, diversi dalla semplice interdizione ai luoghi di lavoro, anche in considerazione della circostanza che la stessa vaccinazione, nel presente caso, non garantisce l’assenza di carica virale. Per esempio, nei luoghi di lavoro, le misure di tipo sanzionatorio privato o persino ipotesi di responsabilità civile possono agire, in termini general preventivi e special preventivi, come idonee forme di disincentivo».
Conoscere per deliberare, dunque. E per ragionare senza ideologie.
Il Comitato scientifico del Centro Einaudi è composto da Giorgio Arfaras, Jack Birner, Mario Deaglio, Bill Emmott, Maurizio Ferrera, Giovanni Maria Flick, Elsa Fornero, Giampaolo Galli, Daniel Gros, Giovanni Orsina, Fabio Pammolli, Angelo Maria Petroni, Maria Cristina Rossi, Carlo Pasini Sconamiglio e Giuliano Urbani.
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