Non è ancora arrivato il momento di comprare casa perché qualche aggiustamento sul fronte dei prezzi potrebbe arrivare non tanto a fine 2023 quanto nel prossimo anno. E soprattutto potrebbe migliorare l’offerta di immobili sul mercato. Infatti, dopo un 2022 in cui il mercato ha registrato quasi 800mila transazioni, nel 2023 le compravendite - complice la contrazione dei mutui e la spinta inflattiva - scenderanno a quota 687mila, per poi ridursi a 633mila nel 2024 e scendere ancora a quota 624mila nel 2025. Come dire che quest’anno in Italia si è venduto il 15% degli immobili in meno rispetto allo scorso anno e le cose non andranno meglio nel 2024. Sul fronte dei prezzi, invece, si registra una sostanziale stabilità nominale (+1,5% in media) che significa una flessione, tenuto conto dell’inflazione, che supera il 5%. E le cose, anche sul fronte dei prezzi non andranno meglio nel 2024. «Del resto – spiega Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma che proprio oggi presenta a Milano il suo rapporto immobiliare sulle 13 maggiori città italiane – sarebbe anomalo che di fronte a una contrazione degli scambi i prezzi resistano a lungo. Prima o poi devono scendere». E già stanno scendendo se si considera il peso dell’inflazione.
Dottor Dondi, qual è oggi la situazione del mercato immobiliare?
«È la situazione di un mercato in cui la domanda si è fortemente ridotta in virtù di un accesso al credito sempre più frenato in forza di una sempre maggiore selettività delle banche verso la loro clientela. Se poi ci aggiungiamo l’inflazione e la situazione geopolitica capiamo bene che il contesto non è dei migliori per comprare casa».
E per il prossimo anno cosa si prevede?
«Se guardiamo alle intenzioni di acquisto, 3,1 milioni le famiglie intenzionate ad acquistare una casa nei prossimi 12 mesi. Sono forti le intenzioni di acquisto non immediate mentre quelle immediate, che sono le più importanti, faticano. Del resto, se le banche non danno mutui, o ne danno pochi, di fatto può comprare casa solo chi ha già il capitale disponibile. Quindi il mercato inevitabilmente si restringe e le compravendite caleranno di un altro 15% anche nel 2024. Naturalmente, a condizioni geopolitiche ed economiche invariate e, anzi, tenendo conto di una attenuazione della pressione inflazionistica».
Su tutto questo incide molto il comportamento delle banche. Nel primo semestre 2023, secondo il Consiglio nazionale dei notai, le richieste di istruttoria per mutui immobiliari da parte delle famiglie italiane sono diminuite del 23,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre le rate sono aumentate mediamente del 28% rispetto ai minimi di metà 2022…
«Certamente, le banche sono uno snodo fondamentale del mercato immobiliare. Ma se i tassi sono alti non è “colpa” delle banche italiane bensì della Bce che ha elevato il, costo del denaro per provare a far calare la spinta inflazionistica. Nel 2024 prevediamo che solo il 40% delle compravendite immobiliari sarà assistito da un mutuo».
E i prezzi come si comportano?
«Nel corso del 2023 sono, mediamente, saliti di poco più dell’1% e ugualmente stimiamo facciano nel 2024. Di fatto, però, significa che le case hanno perso, e perderanno, valore di circa il 5% all’anno a causa dell’inflazione. Del resto è già un miracolo che i prezzi tengano in una situazione di mercato in cui le compravendite calano del 15%. Prima o poi il mercato si adegua».
È il momento di comprare o meglio attendere?
«Dipende molto dal motivo per cui si acquista, cioè se si ha bisogno della casa per viverci o se si investe. Veniamo da un paio di anni in cui è venduto moltissimo e l’offerta sul mercato è piuttosto bassa come qualità e i prezzi languono. Io credo che se proprio non si ha fretta sia meglio attendere qualche mese, non tanto e non solo per stare alla finestra rispetto a prezzi che potrebbero anche scendere, ma per vedere ricostituire uno stock immobiliare di migliore qualità che potrebbe entrare sul mercato. Chi investe, invece, deve puntare a immobili di qualità e ben collocati, non lasciarsi sedurre da prezzi invitanti, che spesso celano poca qualità intrinseca, ad esempio sotto il profilo dell’efficienza energetica».
A proposito di efficienza energetica, com’è la situazione degli immobili italiani dopo la sbornia da Superbonus?
«Non buona direi. Abbiamo speso, come collettività, circa 90 miliardi con il Superbonus per efficientare meno del 3% del patrimonio immobiliare mentre sappiamo che almeno il 20% delle case italiane avrebbe bisogno di interventi. Peraltro ci siamo dedicati alle villette tralasciando i grandi complessi condominiali. Poi la spesa per lo Stato era insostenibile e ora servirebbero incentivi più mirati e calibrati, non la cancellazione di tutto il pacchetto».
Pare che la domanda di immobili in locazione sia molto alta. Come mai non si trovano più case in affitto “lungo”?
«Il mercato delle locazioni vive il boom del breve con studenti e turisti che la fanno da padroni. A Bologna, ad esempio, i canoni sono aumentati del 5% in un anno e le case in locazione 4+4 anni non si trovano., Parallelamente, aumenta la quota di case che andrebbero in affitto ma che i proprietari tolgono dal mercato, oppure affittano soltanto a breve, per timore della morosità e della conseguente difficoltà di liberare poi l’immobile».
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