Piccole startup crescono all'ombra del food. Lo certifica l'indagine realizzata dall'Osservatorio del Food industry monitor che vede lavorare insieme l'Università di scienze gastronomiche di Pollenzo (un'emanazione di Slow Food) e Ceresio investitor. I ricavi delle 3.367 nuove aziende monitorate sono cresciuti del 24% in dieci anni, raggiungendo quota 4,1 miliardi di euro. E nonostante l'inflazione e il rincaro dei costi delle materie prosegue la crescita sostenuta del settore e, in particolare, delle esportazioni, che hanno registrato un eccellente +16%. Dal punto di vista delle dimensioni (in termini di ricavi) si rileva che il 79% delle aziende del campione ha ricavi inferiori al milione, il 17% tra 1 milione e i 5 milioni e solo il 4% ha ricavi superiori a 5 milioni.
Nella sostanza, una su quattro fattura sopra il milione di euro. Ma c'è stata anche un'altra suddivisione in tre gruppi, decisa in base alla tipologia e alla struttura proprietaria. Così la fetta più grande riunisce le startup indipendenti, fondate da imprenditori e imprenditrici. È pari all'83% del totale. Poi un 15% mette insieme le startup con partner industriale. Ovvero nuove aziende controllate o partecipare da investitori industriali. La torta si chiude con una fetta sottile - 2% - che rappresenta le neo imprese supportate da fondi di private equity o altri investitori istituzionali.
Dice Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio: «Dobbiamo guardare alle nuove imprese con grande interesse perché da loro verrà la linfa vitale che andrà ad alimentare lo sviluppo del settore nel prossimo futuro. Le nuove imprese non sono solo un motore della crescita, ma anche un agente di cambiamento e di rinnovamento sei modelli di business. La nostra ricerca evidenzia come le grandi aziende siano sempre più aperte ad alleanze strategiche con le start-up nelle quali investono rilevanti risorse economiche».
A sorpresa, si potrebbe dire, l’età media degli imprenditori che hanno fondato le startup è piuttosto elevata (48 anni circa), in particolare il 43,4% delle aziende è stato fondato dalla generazione dei baby boomer. L’incidenza di imprenditrici sul totale varia a seconda del tipo di start-up: le donne rappresentano il 31,5% nelle start-up indipendenti, il 16,9% nel caso delle start-up industriali e solo l’11,9% nelle start-up supportate da investitore finanziario. In termini di presenza nei consigli di amministrazione, il gender gap resta significativo con solo il 22,8% del totale degli amministratori e amministratrici di sesso femminile pur essendo un dato leggermente migliore rispetto alla presenza delle donne nei CdA delle aziende del food (21,7%).
L'Osservatorio ha puntato la lente anche su ricerca&sviluppo. In dieci anni le startup hanno depositato più di 300 brevetti, quasi tre al mese. La palma delle più ingegnose spetta a quelle industriali che hanno presentato quasi il 60 per cento delle nuove invenzioni. Uno studio unico nel panorama italiano che ha permesso di identificare le nuove leve nel settore dell'agroalimentare e analizzarne carattistiche distintive di modelli e business, misurandone anche le perfomance. D'altronde rappresentano il futuro del food che, come sottolinea Carmine Garzia, responsabile scientifico dell'Osservatorio -«cresce seguendo l'onda lunga dell'economia italiana. Con l'incognita inflazione che resta centrale per capire come evolveranno i consumi delle famiglie nella seconda metà dell'anno e nel 2024 perché un'erosione significativa del potere d'acquisto comportrebbe un ridimensionamento della crescita».
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