Prima che il Covid ne appannasse la popolarità era diventata il simbolo della lotta in difesa dell'ambiente. Tutti la osannavano, tutti la cercavano. Da Obama a Papa Francesco tutti riconoscevano l'impegno di questa adolescente svedese che aveva deciso rinunciare anche alla scuola pur di difendere l'ambiente. Poi le cose sono cambate e oggi di fronte alla notizia dell'arresto di Greta a Londra mentre partecipava, insieme a centinaia di altri ambientalisti, ad una protesta di fronte all'albergo a cinque stelle dove si svolgeva l'"Energy intelligence forum", una conferenza con i vertici dei principali colossi di prodotti petroliferi (da Shell a Totalenergy), subito ci si divide.
C'è chi le riconosce lo spirito originario quando con un giornalista del "Guardian" prima di finire in manette commentava: «Dietro queste porte chiuse alla conferenza di petrolio e soldi, politici senza spina dorsale stanno facendo accordi e compromessi con lobbisti delle industrie distruttive, le industrie degli idrocarburi. Popoli di tutto il mondo stanno soffrendo e morendo per le conseguenza della crisi climatica provocata da queste industrie a cui è permesso di incontrare i nostri politici con un accesso privilegiato». E chi, invece, la descrive con stizza come una talebana dell'ambiente dallo scarso successo, con un seguito di "gretini" che già dice tutto.
Un pio desiderio: che il dibattito non si trasformi in un tifo da stadio mentre il pianeta va a rotoli sotto gli effetti dei cambiamenti climatici. O l'alluvione in Emilia Romagna, gli incendi alle Hawaii e il ciclone a Derna non hanno insegnato nulla?
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