NEW YORK - Vivere in mezzo al mare, in enormi città galleggianti o singoli bozzoli ipertecnologici, in armonia con la natura e lontano dal controllo di qualsiasi governo. Si chiama "Seasteading" ed è la nuova sfida della Silicon Valley alla “normalità”, fra capriccio di lusso per imprenditori irrequieti, utopia per sognatori e nuova frontiera di autonomia per irrinunciabili liberali (nel senso italiano del termine). Ma non solo.
L’Onu li vede come possibili alloggi sostenibili, gli ambientalisti come arche a prova di cambiamenti climatici, i sociologi più visionari come nuovo esperimento di convivenza e gli ultraricchi come paradiso fiscale. Ce n’è per tutti, o quasi, nel concetto di creare abitazioni permanenti in mare, in acque extra territoriali, e la pandemia ha solo reso l’idea più attraente.
Gli imprenditori dell’acqua
Il Seasteading Institute di San Francisco ha guidato la carica dal 2008, incoraggiando gli “acqua-imprenditori”, come li chiama, a realizzare i progetti più ambiziosi. L’istituto si definisce come un think tank, ed è stato fondato da Peter Thiel, il miliardario creatore di PayPal, e Patri Friedmad, sedicente anarco-capitalista nipote di Milton Friedman, l'economista premio Nobel.
Una manciata di start-up ha abbracciato il movimento. Una si chiama Ocean Builders e sta già costruendo residenze futuristiche in fibra di vetro alimentate da energia solare, con "pareti viventi" di vegetazione e vetri "intelligenti" che fungono anche da finestre e computer touchscreen.
Il progetto è firmato dall'architetto danese Bjarke Ingels, prediletto dalla Silicon Valley, che ha concepito "Oceanix City” come costituita da moduli galleggianti esagonali interconnessi. All’idea ha collaborato il Center for Ocean Engineering del Mit (Massachusetts Institute for Technology) e ha ricevuto la benedizione di UN-Habitat (gruppo delle Nazioni Unite per gli alloggi a prezzi accessibili e lo sviluppo sostenibile).
L’ecosistema artificiale
La comunità galleggiante dovrebbe ospitare 10mila residenti in un ecosistema artificiale sostenibile, con produzione interna di risorse alimentari, idriche ed energetiche, compreso un impianto di dissalazione dell’acqua a energia solare. Ocean builders ha avviato discussioni con la Cina per erigere questa metropoli marina del fiume Pearl, nella regione di Guangdong.
Intanto, ad Amsterdam
Intanto qualcosa è già sorto, su scala più ridotta. Ad Amsterdam un centinaio di persone vivono già in una colonia di “Schoonschip". Completamente autosufficiente in termini di trattamento dell'acqua e delle acque reflue, questa comunità galleggiante è alimentata solo da elettricità rinnovabile e sta sperimentando pratiche di acquacoltura promosse dal Seasteading Institute.
Le comunità rappresentate nel modello Oceanix City, così come gli Schoonschip esistenti, sono però legate a una nazione e alla sua legislazione.
Regolamentazione e innovazione
Il mondo del seasteading si è rivelato finora particolarmente allettante per gli imprenditori della Silicon Valley che desiderano sfuggire ai vincoli politici (e probabilmente alle tasse) dei Paesi tradizionali. In questo senso, il Seasteading concepisce la società come una tecnologia che può essere innovata. Si basa sull'idea che la regolamentazione soffoca l'innovazione, e quindi la strada per un mondo migliore può essere trovata solo scatenando una competizione per i cittadini in un libero mercato di ideologie e sistemi. Non ti piacciono le regole della tua attuale micro-nazione? Passa a un’altra.
Le utopie galleggiano poco?
I tentativi di realizzare questo tipo di utopie galleggianti non sono però andati molto lontano. Nel 2017, ad esempio, il Seasteading Institute aveva firmato un protocollo d'intesa con il governo della Polinesia francese per costruire una serie di ville collegate da giardini (sviluppati da architetti olandesi) nelle sue acque territoriali. «Abbiamo spiegato ai polinesiani che avere un'area quasi autonoma nelle vicinanze crea molta crescita al di fuori dei suoi confini», afferma Tom Bell, professore di diritto alla Chapman University di Orange County, in California, che ha redatto l'accordo legale per il progetto.
Il caso della Polinesia
Ma non se ne è fatto nulla. «Non c'era un allineamento di interessi. Il governo cercava qualcosa per affrontare l'innalzamento del livello del mare, mentre il Seasteading Institute era più legato all’autonomia», spiega Marc Collins Chen, ex ministro del turismo della Polinesia francese. Da allora Collins Chen si è trasferito a New York, dove ha fondato una società per sviluppare ulteriori piani di città galleggianti, questa volta spogliate di qualsiasi ideologia di evasione fiscale. Da lì ha lanciato il progetto Oceanix City.
I test in Thailandia e a Panama
Un’altra realizzazione finita male è quella di Chad Elwartowski. L'ingegnere del software nato nel Michigan nell'aprile dello scorso anno è stato costretto, insieme alla sua compagna thailandese, a fuggire dalla loro casa galleggiante al largo della costa della Thailandia, pochi istanti prima che venisse requisita dalla marina thailandese. Avevano costruito una cabina in fibra di vetro larga sei metri, appollaiata su un palo, che le autorità hanno visto come una minaccia per la sovranità della Thailandia, un reato punibile con l'ergastolo o la pena di morte.
Un'ulteriore sperimentazione è in corso a Panama e sembra promettente, anche se non inclusiva. Qui la start-up Ocean Builders ha gettato le basi per produrre "case galleggianti intelligenti stampata in 3D avvolte in una struttura per la rigenerazione della barriera corallina”, che saranno offerte a circa 800mila dollari l’una.
Residenze registrate come barche
Disegnati dall’architetto olandese Koen Olthuis, i lussuosi “SeaPods” assomigliano a giganteschi caschi da moto che spuntano dal mare, in tonalità perlate di blu, verde e grigio. Le residenze saranno registrate come barche sotto bandiera panamense e opereranno in multiproprietà. Ma l'obiettivo è che queste comunità galleggianti possano un giorno alzare le proprie bandiere in mare aperto. «Se avremo abbastanza persone e un territorio abbastanza grande — dice il fondatore dell'azienda, Rüdiger Koch— e le comunità cominceranno a dichiarare la loro autonomia, allora le cose inizieranno a farsi interessanti».
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