«Nel calcio non si vince con i soldi, ma con le idee». La massima di Arrigo Sacchi, che proprio con le sue intuizioni ha rivoluzionato il calcio e vinto tutto alla guida del Milan tra fine Anni Ottanta e inizio Anni Novanta, è più che mai attuale. Tanto da ispirare “Soldi vs Idee – Come cambia il calcio fuori dal campo” (Mondadori Electa), il nuovo libro scritto da Michele Uva, Football & Social Responsibility Director della Uefa, e Maria Luisa Colledani, giornalista de Il Sole 24 Ore, che apre lo sguardo sul pallone del futuro.
Soldi e idee non sono alternativi. Certo, chi più ha risorse tendenzialmente avrà sempre più chance di successo ma ci sono altre strade per sovvertire le gerarchie dettate dalla sola ricchezza. «Il tentativo del libro è di puntare sulle idee che possono produrre nuove risorse - rileva Uva -. È importante, però, che tali risorse siano poi investite per la crescita del sistema. Le belle idee possono portare un valore aggiunto e ce ne sono tantissime che possono essere applicate al mondo del calcio per farlo crescere in termini di condivisione, di coinvolgimento, di sostenibilità sportiva e sociale».
La parola chiave è appunto sostenibilità, non soltanto economica ma anche sportiva, ambientale e sociale. «Il calcio di oggi – riflette Uva - non è più incentrato esclusivamente sulla partita della domenica. È un’industria che vive 7 giorni su 7, che deve occuparsi di merchandising, diritti tv, fan token, stadi di proprietà, Esg e tante altre dinamiche. Il modello perfetto non esiste. In passato c’erano i mecenati, oggi ci sono fondi di investimento ma la strada ora è quella della sostenibilità».
Campo principale, gli stadi. L’Italia sconta un divario infrastrutturale enorme nei confronti del resto d’Europa e la chance della candidatura ad ospitare gli Europei 2032 potrà aiutare a ridurre la forbice. «Già il fatto che si inizi a parlare di candidare il nostro paese ad un grande evento è positivo, può contribuire a restringere il gap. È un messaggio positivo, bisogna crescere», conferma Uva. Ma la questione riguarda l’approccio complessivo. «Oggi gli stadi rappresentano il cuore pulsante di qualsiasi club e devono dialogare con la comunità, con il team e con le proprietà - prosegue -. Costruire uno stadio puntando sulle giuste idee significa assicurarsi enormi introiti futuri. La potenzialità di crescita c’è ma c’è bisogno di stadi moderni, accoglienti e accessibili a tutti».
«Lo stadio del futuro deve essere smart - aggiunge la co-autrice, Maria Luisa Colledani -. L’aspetto fondamentale riguarda il legame che si crea tra la struttura e il tifoso grazie ai comfort cui si ha accesso e che migliorano l’esperienza del fan».
Stadi smart, che vivono 7/7, ma non solo. Nel calcio del futuro avranno un ruolo sempre maggiore e fondamentale i criteri Esg e il rispetto dell’ambiente e delle regole di governance, la programmazione per garantire sostenibilità finanziaria, la tecnologia, la valorizzazione dei giovani, le donne, la lotta al razzismo e alle discriminazioni, il rispetto dei diritti umani, l’inclusione e la tutela della salute.
Sì, le idee possono vincere sui soldi.
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