Il Natale di Gesù Cristo secondo la carne è innanzitutto una nascita. Cristo nasce perché l’essere umano non dimentichi mai che è nato per la vita e per dare la vita. Per accogliere la propria e la vita degli altri, per custodire la propria e quella degli altri. Gesù ormai adulto lo esplicita, come riferisce il Vangelo di Giovanni al capitolo 10, così: sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
In tempo di guerre a noi così prossime e vicine cose può dire il Natale di Gesù? Ai credenti ed ai non credenti o ai credenti in un diverso sistema religioso? Che la vita umana è preziosa, così preziosa da essere assunta dal divino. Che dare la vita è uno degli atti più umani e più preziosi che ci sono stati dati e che custodire la vita è uno dei compiti più umanizzanti che l’umanità spesso dimentica.
In un mondo così segnato dalle macchine, molte delle quali nate per la vita: per farla nascere, crescere e per custodirla, esiste una quotidianità che va risvegliata?
Buona parte del mondo si ferma il 25 dicembre a motivo di una nascita. La presenza dell’altro, il fatto che sia nato e viva accanto a noi è capace di farci ancora fermare un momento a riflettere, oserei dire contemplare? La pandemia ha sospeso per un tempo interminabile il contatto umano, ma ben presto siamo tornati a cercarlo, perché ne abbiamo sostanzialmente bisogno.
In questo Natale del Signore vorrei fermarmi cara lettrice, caro lettore, a riflettere con te su come e quanto la tecnologia che usiamo tutti i giorni ci educhi o diseduchi a custodire la vita, a benedire il fatto di averla ricevuta e ci renda generativi. La macchina a cui appaltiamo tratti della nostra esistenza ci rende capaci di vita, consapevoli di essa, amanti del suo nascere, crescere e compagni del suo morire? L’assistente vocale che racconta al nostro posto la favola della buona notte, l’algoritmo che effettua per noi acquisti e vendite, il sistema di riconoscimento facciale che autorizza o nega accessi quanto ci rendono vitali?
Dare la vita – bene lo sanno i genitori – ha un costo enorme sotto ogni profilo, ma ci restituisce un bene incalcolabile: l’umano.
Non è un gesto meccanico, anche se comporta delle meccaniche precise e puntuali. Può essere in mille modi assistito, ma può essere sostituito restando ugualmente umani? La metamorfosi tecnologica che tutti condividiamo come può trasformare la nostra quotidianità rendendola più accogliente per la vita comunque essa si manifesti? Le questioni in ballo sono molte, da quella ecologica alla pedagogia, dall’organizzazione sociale alla giustizia.
Mi vorrei soffermare su di una soltanto. L’attenzione. Non può esserci vita e non può esserci alcuna umanizzazione nel frequentare la vita, senza attenzione che diventa attenzioni. Cogliere l’attimo, cercarlo, custodirlo, attenderlo ancora prima. Le tecnologie emergenti sono un susseguirsi frenetico di attimi che chiedono attenzioni continue, rapendo i nostri sensi e strattonando i nostri brevi istanti.
La macchina è in grado di contare, sommare, suddividere, parcellizzare, controllare, assemblare e prevedere in modo statistico questo tutto e le sue parti. In modo efficiente ed efficace.
Abbiamo per questo costruito la macchina. Ma noi non siamo macchina.
E non possiamo fare tutto e fare a meno di tutto, non possiamo essere ovunque e tentare di esserci sempre. Finiamo per non esserci mai. L’attenzione. Un bene prezioso e vitale, vitalizzante direi. La tecnologia rischia di ferirci in micro lacerazioni continue che ci fanno dissanguare di questo bene. Perdiamo attenzione in troppe attenzioni. L’altro non esiste, è numero, likes, processo, avanti un altro.
Non esiste il prossimo in senso cristiano, ma il prossimo in senso commerciale, avanti il prossimo, avanti quello dopo, e prima che giunga anche quello dopo ancora. Se Dio si fa bambino, vita pencolate e pericolante, è anche per ridire a tutte le generazioni del mondo che l’attenzione è necessaria perché la vita possa crescere e permanere, addirittura la vita di Dio.
Il regalo di Natale che auguro a te lettrice, a te lettore e che tu possa spegnere per un momento le tante macchine che ci circondano e che ci sono utili, per donare attenzione umana.
A te stesso nell’ascoltare la tua vita e forse affrontarla davvero. Attenzione alla vita che ti pulsa accanto perché, tolto il ronzio della macchina tu possa ascoltare i cuori. Attenzione al fare attenzione, per educarci tutti nuovamente ad una attitudine all’attenzione al particolare di cui solo è fatto l’amore autentico. Abituarci nuovamente ad essere attenti, per riappropriarci di questa virtù antica, atavica.
Nata per scorgere il nemico all’orizzonte, Cristo ce la restituisce come nuovo dono per scorgere il fratello e la sorella che si approssimano. Natale di Gesù Cristo secondo la carne, lasciando per qualche momento in stand by la macchina.
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