I mutamenti storici più profondi si manifestano di colpo, come se non fossero il risultato di lunghi processi di gestazione, ma il prodotto di un evento improvviso. Detto questo, anche le cose più irrilevanti si manifestano di colpo, senza preavviso. Come distinguere gli uni dalle altre, i mutamenti profondi dalle cose che si annunciano come epocali ma che sono, alla lunga, insignificanti? Non è facile. Prendiamo ad esempio la messa on line di molti corsi universitari che sta avvenendo un po’ in tutte le migliori università americane. Mutamento epocale, o la stanca riedizione dei corsi per corrispondenza di cui nessuno oggi più si cura?
A parere di alcune autorevoli fonti d’informazione statunitensi si tratta di un vero e proprio mutamento epocale. Secondo le stime riportate dalla rivista The American Interest, fra cinquant’anni, delle circa 4,500 università americane, ne rimarranno aperte appena la metà. A spingere verso questo esito sarebbe proprio la messa on line dei corsi universitari. Una volta che le migliori università avranno messo on line i propri corsi, milioni di studenti vi si iscriveranno trascurando l’offerta didattica delle altre. Non solo questi corsi saranno gratis, ma la loro diffusione sarà tale che la laurea di primo livello (il Bachelor of Fine Arts) diverrà in breve universale.
Dello stesso tenore è una serie di articoli che il New York Times ha iniziato a pubblicare dal maggio dello scorso anno quando Harvard e M.I.T hanno deciso di offrire i primi corsi gratis on line. Tutto d’un tratto, i cancelli del pinnacolo delle Ivy League si sono aperti lasciando entrare chiunque. È finita un’epoca, o si tratta di una fase passeggera dettata dall’entusiasmo o dalla confusione?
Costruire il futuro è difficile, ma non c’è momento in cui gli americani non ci provino. L’innovazione è da sempre nelle corde di questo giovane paese e il futuro è il suo core business. In quanto segue proverò a svolgere un ragionamento che riguarda gli Stati Uniti inserendo solo alla fine alcune considerazioni sull’Italia, che in genere non pare rivolgere un pensiero al proprio futuro, forse perché il suo core business è il passato. Inizierò pensando il mutamento in positivo (§1), per poi pensarlo in negativo (§2), prima di giungere a delle ipotesi conclusive (§3). Sarà a questo punto che in una nota cercherò di dire qualcosa sugli effetti che questo mutamento potrebbe avere sul sistema universitario italiano.
1. Mettendo on line i corsi universitari si ottengono tre risultati positivi. (A) Diminuiscono il numero delle università e dei docenti imponendo forti risparmi a un settore i cui costi sono ormai fuori controllo. Perché dovrebbe uno stato democratico mantenere in piedi o promuovere l’esistenza di piccole cittadelle universitarie destinate nella quasi totalità dei casi a divenire voragini incolmabili se non beni di lusso per una ristretta elite? Se i corsi messi on line dalle migliori università del paese sono (B) di qualità uguale (se non superiore) a quelli offerti dalle altre università, tanto vale chiuderle, soprattutto se la gratuità di corsi on line consente a chiunque di iscriversi conseguendo diplomi certificati. Con la scomparsa dei corsi universitari come li conosciamo oggi scompare anche (C) la necessità di produrre, acquistare e far circolare libri di testo, che a un costo enorme mettono a disposizione un sapere già datato al momento della stampa. La piattaforma web diventa il testo. E si tratta di un testo interattivo, a bassissimo impatto ambientale e in costante aggiornamento.
2. Gli aspetti negativi di questo passaggio epocale sono abbastanza evidenti. Con la scomparsa di molte università (A) si sottrae a moltissimi studenti l’esperienza del singolare rapporto docente/studente che da quasi un millennio caratterizza la trasmissione del sapere accademico. Quello che verrebbe a mancare sarebbe l’approccio critico ai dati, quell’ineffabile quid che caratterizza il pensiero creativo dalla mera computazione dei dati. Con la scomparsa di questo rapporto scomparirebbero anche un gran numero di posti di lavoro non recuperabili in altre industrie, se non inesorabilmente al ribasso. L’insegnamento è una missione vocazionale nei sistemi sani e le vocazioni non reggono bene al ribasso. Per molti docenti il mutamento sarebbe simile a quello avvenuto con l’arrivo della meccanizzazione nell’industria. Coloro che rimarranno nel settore (B) costituiranno una casta chiusa, una super-elite che ben presto si autoreplicherà per cooptazione (virtuosa) innalzando un muro invalicabile fra la cittadella universitaria e il resto del mondo. La scomparsa di (C) testi universitari stabili, stampati una volta per tutte e quindi soggetti al passare del tempo, ridurrà sì la giacenza libraria, ma renderà il sapere evanescente. Dovesse divenire un parametro universale, si realizzerebbe il sogno di ogni società totalitaria. Con il controllo della rete si controllerebbe anche lo stato del sapere. Figure o eventi scomodi scomparirebbero di punto in bianco con un clic e in breve tempo di loro non rimarrebbe traccia.
3. Ha dunque senso rischiare così tanto per risparmiare così poco? I “risparmi” colpirebbero inoltre un indotto di non poco conto, dal mercato immobiliare al consumo procapite del caffè in tazzina; e tutto questo a rischio di creare una super-elite baronale che neppure la solidità etica del sistema americano riuscirebbe a contenere a lungo. Che fare allora, ’resistere, resistere, resistere’? Sperare che tutto questo sia un’altra moda ridicola e passeggera come lo hula hop o il personal computer?
La nostra modernità è come l’acqua, è liquida — diceva Zygmunt Bauman. Se si cerca di sbarrarle il passo con una barriera l’acqua lo aggira, a meno che quello sbarramento non sia una diga, uno stato tutto d’un pezzo che dice no alla globalizzazione dei saperi. La Corea del Nord. Che fare, allora? Guardiamo a quanto prospettato più in dettaglio.
Le materie che meglio si adattano a essere messe on line sono le materie cosiddette nomotetiche, ovvero le scienze, soprattutto nei loro aspetti più quantitativi, numerici. C’è un solo numero che risponde in modo esatto ad una equazione di secondo grado, ed è più che probabile che delle buone piattaforme interattive possano aiutare chiunque a capire come giungervi passo passo. Quindi, a rischio scomparsa non sono le università che non mettono on line i loro corsi, ma l’insegnamento delle materie scientifiche di base in tutte le università. Finalmente una buona notizia per le materie umanistiche, si dirà. Provate voi a rendere comprensibile a una macchina la domanda «Che cosa intendeva dire l’autore di Cuore di tenebra quando mise in bocca al personaggio di Kurtz la frase "l’orrore, l’orrore?» E provate poi a immaginarvi una risposta che una macchina possa valutare corretta. No, i primi corsi a subire la concorrenza on line saranno necessariamente i corsi di matematica e geometria, i corsi di geografia fisica e d’astronomia, i corsi introduttivi alle scienze geologiche e della vita.
Quello che rimarrà “fisico” nella nuova università sarà tutto ciò che ha a che vedere con la vaghezza ineffabile dell’essere umano, e sarà un bene. Non è un’esperienza recarsi in un’aula affollata per guardare un docente mentre sviscera su di una lavagna luminosa una formula matematica. Sarà invece un’esperienza discutere con i compagni di che cosa intendeva dire Conrad in Cuore di tenebra che non poteva essere detto in modo più chiaro.
Quello che rischia di succedere è che un discreto numero di corsi introduttivi e di base verranno devoluti a macro entità che sapranno gestirli al meglio. Si tratterà soprattutto di corsi scientifici, e sarà un bene. Meglio un ottimo corso di algebra on line da Cal.Tech. che un mediocre professore di provincia in carne ed ossa che in gioventù ha frequentato Cal.Tech.
Non c’è modo di opporsi ai mutamenti storici. Questi però vanno contenuti in una architettura che abbia il bene comune come obiettivo. Se le università si dovessero snellire un po’ non è la fine del mondo. Molte delle università americane di secondo e terzo livello impartiscono corsi men che mediocri. Se dovessero scomparire sostituiti da corsi on line provenienti dalle università a maggior densità di premi Nobel sarebbe tutto di guadagnato per chi non si può permettere le loro rette. Il problema dell’evanescenza del sapere potrebbe essere contenuto dall’istituzione di banche di memoria pubbliche ad alta stabilità informatica universalmente accessibili e consultabili. Il fatto che la Library of Congress abbia deciso di preservare l’intero catalogo Twitter è un passo nella direzione giusta. Occorre conservare memoria del passato per mantenere aperto il futuro, anche se il futuro è il tuo core-business.
Nota sull'Italia: Quanto visto sopra si potrebbe verificare anche in Italia a patto che nel prossimo futuro avvenga una cosa, che nominerò solo più avanti.
Se avviene questa cosa, si restringerà il pool delle università scientifiche e le risorse liberate potrebbero essere impiegate per potenziare la ricerca. Lo stesso dovrà comunque avvenire per le facoltà umanistiche, e questo in ragione di un trend globale che ne provoca il restringimento alla sola eccellenza e alla formazione di docenti per la scuola. Al resto dovrebbero pensare i licei. Se quella data cosa avviene, le migliori università italiane potranno allearsi con le migliori università straniere formando consorzi di scopo per l’offerta di corsi d’eccellenza on line. Corsi sul Rinascimento, o sulla storia patristica, o sull’Arte Povera. Ma ance corsi scientifici, la cui alta scuola in Italia non manca.
Se quella certa cosa avviene l’Italia ha i meriti e le risorse necessarie per contribuire a governare il fenomeno, diventando un player internazionale di un certo rilievo. Se invece quella certa cosa non avviene, il sistema italiano si dovrà chiudere in se stesso erigendo un firewall intorno alle proprie prerogative. Solo pochi corsi andrebbero on line, giusto per dire che l’università italiana non è rimasta indietro. Ma agli studenti italiani non verrebbero riconosciuti i crediti formativi ottenuti on line da università diverse dalla propria e tutto rimarrà più o meno com’è ora. In attesa che la novità passi, e la ruota giri.
Questa certa cosa è l’abolizione del valore legale del titolo di studi.
Se invece è abolito, i saperi accademici potranno liberamente transitare attraverso le frontiere sotto forma di crediti formativi. Uno studente potrà allora frequentare on line un corso di ingegneria a Berkeley e vederselo riconosciuto a Padova senza problemi, e viceversa. Se invece il valore legale non verrà abolito, solo ed esclusivamente la frequenza dei corsi delle università abilitate varranno riconosciuti ai fini della laurea. Stante il valore legale, questo può avviene solo attraverso un processo noto come ‘ricostruzione della carriera,’ un termine che ben rende l’idea della sua macchinosa complessità burocratica. E a questo punto non vi sarebbe nessun incentivo a mettere i corsi on line perché farlo in totale autonomia avrebbe un costo che difficilmente il sistema potrebbe permettersi. Negli Stati Uniti la messa on line dei corsi funziona perché il loro mercato sarebbe il mondo, e non a malapena un paese delle dimensioni della California.
E qui veniamo alla punizione che subirebbe il sistema-paese se non abolisse il valore legale per aprirsi al mondo. Nulla impedirebbe – nulla – a uno studente iscritto ad un corso di laurea italiano di seguire contemporaneamente un corso on line statunitense. E non appena ottenuto il diploma americano, nulla – nulla – impedirebbe a questo studente di andarsene all’estero forte di quel titolo. Un titolo ‘illegale’ in Italia, ma altrimenti universalmente riconosciuto. Il futuro non può attendere. Figuriamoci se potrà attendere un giovane che ha in tasca un diploma dell’M.I.T. o della Columbia.
© Riproduzione riservata