Ci avviciniamo al giro di boa del 2025 anche per le materie prime e sin qui possiamo affermare che i metalli – trainati dal comparto dei preziosi – hanno dominato la scena.
Pallottoliere alla mano, il platino è il best performer, con una salita del 44% (dati da inizio 2025 fino al 18 giugno). Seguono quasi appaiati oro (+28%) ed argento (+26%), mentre il palladio si ferma al 15%.

Sale anche il rame, nonostante la frenata che ha seguito l'annuncio dei dazi. Non è un caso che l'incremento di prezzo dei derivati legati al prezzo del rame USA sia in rialzo di circa 20 punti percentuali, doppiando quello segnato dai futures quotati a Londra.
Si è apprezzato del 10% anche lo stagno, mentre piombo, alluminio e nichel sono grosso modo stabili. L'unica mosca bianca fra i metalli è rappresentata dallo zinco (in calo del 10%).
Se volessimo dunque riassumere, rialzi spesso anche in doppia cifra sui metalli.

Scenario ben diverso, invece, se ci spostiamo sul comparto energetico, in forte calo fino a maggio, per poi rimbalzare sulla scia della tragica escalation del conflitto fra Israele e Iran, che ha riportato le quotazioni del WTI oltre i 70 dollari al barile.
Ma soffrono anche le materie prime agricole e le soft commodities, con cali su zucchero, mais, cotone e persino sul cacao, che in questi ultimi mesi ha rallentato la sua corsa (dopo che il prezzo negli ultimi tre anni è triplicato).

Soffermiamoci ora sull'andamento di alcuni asset specifici, per cercare di capire come si stanno muovendo i vari mercati.

Argento ai massimi dal 2012

Le quotazioni dell'argento sono balzate ai massimi degli ultimi 13 anni, superando i 37 dollari per oncia. I massimi storici sono ancora decisamente lontani. Infatti, sia a inizio anni Ottanta, con il tentativo di scalata dei fratelli Hunt (nel celebre Silver Thursday - 27 marzo 1980), che durante il boom dell'oro del 2011, le quotazioni arrivarono in area 50 dollari. Nonostante ciò, il trend rialzista sembra solido ed è supportato da varie ragioni sia tecniche che fondamentali.
Per quanto riguarda l'aspetto grafico, i prezzi sono inseriti in un canale rialzista di lungo termine. Inoltre, la rottura rialzista della resistenza (ossia un'area che si oppone alla salita dei prezzi) collocata sui 34,5-35 dollari per oncia, ha confermato il buon momentum dell'argento, verosimilmente invogliando altri trader ad entrare.
Per quanto concerne l'aspetto fondamentale, invece, le prospettive appaiono ancora incoraggianti. In questi ultimi anni si è consolidato uno scenario di deficit: la domanda supera ormai da tempo l'offerta, che  è sostanzialmente ferma sui valori del 2010, mentre la prima – in particolare nell'ultimo quinquennio, ossia post Covid – è salita notevolmente.

Domanda e offerta di argento 

Fonte: Metal Focus

Il Silver Institute ha previsto che il gap fra domanda e offerta nel 2025 sarà inferiore a quello del 2024 (-21%), ma il mercato chiede più ancora argento di quanto ne venga prodotto, con un trend che pare destinato a proseguire nel tempo. Chiaramente, tutto dove possibile, si verifica il cosiddetto effetto sostituzione, con l'argento che viene utilizzato al posto di altri metalli preziosi più rari e più costosi.
Oltre al fotovoltaico la domanda arriva dalle auto elettriche e dalla tecnologia 5G, ma anche dall'industria fotografica, seppur in maniera minore.  Complessivamente l'industria pesa per quasi il 50% della domanda totale. Ecco, quindi, che un eventuale rallentamento economico globale (o peggio ancora, una recessione) potrebbero cambiare, anche significativamente, il quadro complessivo, frenando le velleità di salita dell'argento.
Relativamente stabile, invece, la domanda in arrivo dal settore gioielleria.

Oro ancora sugli scudi

Dopo il rally del 2024, l'oro ha proseguito al rialzo anche nella prima parte del 2025, con una lunga serie di nuovi massimi storici che lo hanno portato a testare l'area 3.500 dollari per oncia. Per chi ragiona in euro, le quotazioni sono arrivate vicino ai 100 euro per grammo, per poi assestarsi intorno ai 90-95 euro per grammo.
A sostenere la domanda di oro è la richiesta delle banche centrali, particolarmente attive in questi ultimi anni, con acquisti che nel 2022-2023 e 2024 hanno superato quota 1000 tonnellate su base annua, in un processo di dedollarizzazione delle riserve.
L'incertezza che aleggia attorno al dollaro (in seguito alle tanto discusse politiche sui dazi di Trump ed alla spesa pubblica finanziata in forte deficit) ha finito per rafforzare ulteriormente il metallo giallo, con investitori retail ed istituzionali che acquistano oro per proteggersi da eventuali scossoni sia sul mercato azionario che su quello valutario, anche alla luce del complesso scenario geopolitico.

Al momento l'oro sembra aver trovato un suo equilibrio in area 3.300-3.400 dollari per oncia, con spazio per altri rialzi in caso di tensioni sul debito americano (e sul dollaro) o ulteriori escalation belliche. Per contro, un clima globale complessivo più disteso potrebbe rallentare la corsa del metallo giallo.
Va detto, che finché le banche centrali continueranno ad acquistare circa mille tonnellate di oro l'anno (oltre 100 miliardi di dollari ai prezzi attuali) sarà difficile assistere a grandi crolli del prezzo.

Platino: da inizio anno un rialzo che supera il 40%

A guidare i rialzi fra i metalli preziosi è il platino che non è ancora tornato ai fasti di un tempo, ma da inizio anno è salito di oltre 40 punti percentuali. Il rallentamento della corsa verso l'elettrico e dell'attenzione verso le emissioni zero favorisce questo metallo prezioso utilizzato soprattutto nel settore automobilistico tradizionale, come componentistica nei catalizzatori delle auto a gasolio.
Anche qui ci troviamo in uno scenario di deficit, con un'offerta che dovrebbe superare di circa 500.000 once la domanda. Operativamente il prezzo è schizzato al rialzo da fine marzo in poi, ossia dall'annuncio dei dazi, salendo da 900-950 dollari per oncia fino a superare quota 1.300 dollari per oncia.

Il rame danza sulle note dei dazi

Il rame è spesso definito Doctor Copper. Il suo impiego in larga scala in vari settori economici lo rende un indicatore relativamente interessante sullo stato dell'economia globale.
Se partissimo da questi presupposti, troveremmo un prezzo in ascesa nei primi mesi dell'anno, fino al raggiungimento dei massimi storici, in area 5,35 dollari per libbra. L'annuncio delle tariffe di Trump ha fatto prima crollare il prezzo verso i 4 dollari. La lunga serie di dietrofront da parte del Tycoon (che hanno portato alla creazione del nomignolo TACO) ha poi ridato slancio alle borse ed anche al prezzo del rame, tornato in queste settimane in area 4,80-4,85$ per libbra.
Va detto che le scorte disponibili su base globale sono calate dell'80%, in buona parte a causa del forte incremento delle importazioni americane, in vista dei dazi. Lo scenario potrebbe però cambiare nei prossimi mesi, con un progressivo destoccaggio, quando saranno chiari i dettagli relativi ai dazi.
Lo scenario resta quindi volatile ed anche in questo caso in balia dei dazi e dei conseguenti rischi di recessione.

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