Il sistema di governance delle imprese è in costante evoluzione, con una crescente attenzione alla tutela degli interessi degli stakeholders e con una forte sensibilizzazione ai temi del controllo interno.
Tendenze recenti nella governance d'impresa
Nel corso dell'ultimo decennio, e in parte come conseguenza di diversi scandali finanziari, si è assistito ad un rafforzamento degli strumenti a tutela della globalità degli stakeholder. La gestione dell'impresa è stata regolamentata sotto svariati punti di vista e ciascuna impresa, soprattutto se di grandi dimensioni e se quotata in borsa, deve oggi sottostare ad un insieme di norme che disciplinano i principali processi aziendali, dalla redazione del bilancio d'esercizio ai rapporti con i fornitori e le pubbliche amministrazioni, dalla gestione dei dati riservati alla tutela della sicurezza informatica.
In seguito ai diversi scandali finanziari balzati all'onore della cronaca all'inizio del decennio i legislatori hanno approvato varie leggi con l'obiettivo di rimediare alle debolezze del sistema di corporate governance emerse negli anni precedenti.
Con l'approvazione della Sarbanes Oxley Act negli Stati Uniti e della Legge 262 del 2005 in Italia (e altri paesi hanno intrapreso strade simili) i legislatori hanno cercato di garantire una corretta rappresentazione dei dati di bilancio rafforzando i sistemi di controllo interno e, introducendo norme contro potenziali conflitti delle società di revisione. Le nuove normative hanno aumentato la fiducia degli investitori circa la correttezza dei dati di bilancio delle società ma hanno, dall'altro lato, generato costi non indifferenti a carico delle imprese e determinato distorsioni del mercato, disincentivando la quotazione in borsa delle imprese e favorendo determinate piazze, quali quella inglese, rispetto alla borsa americana sulla quale i requisiti determinati dal Sarbanes Oxley Act sono particolarmente stringenti.
La Legge 262 per le imprese italiane e la Sarbanes Oxley Act per le imprese quotate sul mercato americano hanno rafforzato la disciplina finanziaria a cui sono sottoposte le società, con l'obiettivo primario di garantire trasparenza nella presentazione dei dati di bilancio e di consentire pertanto una corretta valutazione dell'investimento da parte degli operatori.
L'ambito finanziario non è stato però l'unico ad essere oggetto dell'attenzione del legislatore. Le aziende devono rispettare obblighi sempre più stringenti in termini di responsabilità d'impresa, gestione dei dati personali, la sicurezza sul lavoro, tutela dell'ambiente...
Crisi economica e governance d'impresa
La recente crisi finanziaria sta dando origine a due differenti effetti di segno opposto. Da un lato, l'esigenza di ridurre i costi per far fronte alla contrazione della domanda sta generando una richiesta di riduzione degli oneri per le imprese derivanti dalla necessità di essere compliant a normative sempre più severe.
Dall'altro lato, le vicende del settore finanziario, con i fallimenti di diverse banche d'affari e i necessari piani di salvataggio, hanno trasmesso una sensazione di scarsa trasparenza e di inadeguati meccanismi di governance dei grandi operatori del settore. Tale sfiducia nel corretto funzionamento del mercato sta generando una richiesta di nuovi e più restrittivi obblighi normativi.
Inoltre, potrebbe prendere piede un sistema di governance che preveda un più importante ruolo destinato ai governi e agli operatori pubblici, sia nel ruolo di controllori sia nel ruolo di investitori.
È ancora presto per sapere quali saranno gli effetti di medio e lungo periodo determinati dall'attuale crisi. Tuttavia, abbiamo alcuni elementi per capire alcune delle possibili evoluzioni della governance nel prossimo futuro.
Evoluzione e alleggerimento dei requisiti di compliance;
Gli alti costi per le imprese derivanti dal dover rispettare l'insieme di normative che ne condizionano la governance ha già spinto i diversi legislatori ed enti preposti ad emanare linee guida per permettere di semplificare le attività necessarie per soddisfare i requisiti richiesti (ad esempio tramite l'introduzione di approcci "top-down, risk based" nell'individuazione dei controlli).
L'attuale crisi economica sta determinando l'esigenza di ridurre i costi per le imprese e rallenterà la richiesta di quotazione in borsa di nuove imprese. È pertanto auspicabile che i costi derivanti dalle attività di compliance vengano in qualche modo compressi, pur senza rinunciare, nella sostanza, ai sistemi di controllo interni costruiti nel corso degli ultimi anni, che hanno permesso di assicurare una migliore governance e di garantire maggior trasparenza nei rapporti con gli investitori.
Valutazione degli asset ed evoluzioni principio del mark-to-market
Uno dei metodi contabili più utilizzati per la valutazione degli asset societari, siano essi fisici o finanziari, è il cosiddetto mark-to-market approach che permette di avere una valutazione del valore effettivo di un asset in un determinato istante ma non è sempre di facile attuazione e verificabile. Inoltre si tratta di una misura con caratteristiche di pro-ciclicità. In un momento di crisi economica i prezzi di azioni, obbligazioni e derivati sui mercati finanziari tendono a diminuire, così come, in un periodo di diminuzione di investimenti, i prezzi di impianti e macchinari possono risultare inferiori rispetto ad altri periodi. Pertanto le società che detengono titoli, o impianti o macchinari, sono costrette, in tempi di crisi economica, a svalutazioni che impattano negativamente sui rispettivi bilanci, peggiorando ulteriormente la rappresentazione della propria situazione di stato patrimoniale e di conto economico.
Tale fenomeno può diventare patologico, come evidenziato dalla recente crisi del mercato del credito, nel corso della quale diversi strumenti finanziari basati su crediti ipotecari hanno perso valore in maniera drastica. Inoltre, dati i numerosi casi di default e data la difficoltà per gli operatori di valutare la rischiosità di titoli derivati complessi, si è verificata una situazione di "non mercato", in cui era complesso anche solo collocare i titoli sul mercato. La vendita dei titoli poteva avvenire, spesso, solo a prezzi estremamente bassi, che non avrebbero incorporato neanche il cash flow attualizzato dei crediti sottostanti. Tale situazione ha creato enormi difficoltà agli operatori detentori di tali titoli, e bisognosi di liquidità, e ha portato i governi ad adottare provvedimenti d'urgenza per fornire linee guida utili a superare l'impasse.
Nell'Ottobre 2008 è stato approvato negli Stati Uniti l"Emergency Economic Stability Act" che prevedeva la possibilità da parte della SEC (1)di sospendere l'applicazione della metodologia del mark-to-market qualora lo si ritenesse vantaggioso al fine di proteggere gli investitori e la realizzazione di uno studio sugli effetti della metodologia mark-to-market sulla qualità e attendibilità dei dati finanziari, al fine di fornire al Congresso gli elementi per eventuali azioni future.
Il giudizio espresso sinora dalla SEC è andato nella direzione di difendere il principio del mark to market, pur suggerendo alcuni spunti di miglioramento quali la possibilità di integrare le osservazioni di mercato con altri elementi di stima, se necessario.
Il dibattito sulla metodologia di accounting mark-to-market riveste un'importanza rilevante ed è presumibile che eventuali soluzioni che verranno adottate negli Stati Uniti influenzeranno la metodologia contabile adottata anche a livello europeo.
Trasparenza e controllo nei mercati finanziari
In seguito alla recente crisi è emersa la percezione che i mercati finanziari non abbiano funzionato correttamente e che sia necessario prospettare interventi specifici al fine di evitare che crisi simili a quelle che hanno colpito i grandi operatori del settore possano ripetersi in futuro.
In particolare si potrebbero prospettare due tipologie di interventi:
- L'introduzione di incentivi per favorire un sistema di governance degli operatori finanziari più trasparente e maggiormente orientato alla redditività di medio-lungo periodo;
- L'introduzione di norme più stringenti riguardanti la regolazione delle agenzie di rating, in particolare per quanto riguarda l'eliminazione dei potenziali conflitti di interesse tra attività di natura consulenziale e attività di emissione dei rating.
Gli accordi di Basilea II e la crisi del credito
Uno dei limiti degli accordi di Basilea II che potrebbero emergere nel corso dell'attuale crisi del credito è rappresentato dalle caratteristiche di pro-ciclicità che li caratterizza. Il principio per il quale occorre accantonare somme proporzionali al rischio di default costringe le banche ad accantonare somme maggiori proprio nei periodi di crisi, quando le probabilità che le imprese non riescano a ripagare i propri debiti aumentano. Pertanto, nei momenti di contrazione economica, le banche hanno un minor incentivo a concedere crediti in quanto questi ultimi risulterebbero proporzionalmente più onerosi.
Tale situazione di pro-ciclicità risulta aggravata quando, come sta avvenendo nell'attuale credit crunch, la sfiducia e le difficoltà nella valutazione della rischiosità di certi investimenti può portare all'assegnazione di probabilità di default particolarmente elevate che comportano, di conseguenza, altrettanto elevati accantonamenti.
È ancora prematuro poter esprimere valutazioni quantitative sugli effetti delle caratteristiche pro-cicliche degli accordi di Basilea 2, ma se questi effetti si rivelassero consistenti sarebbe opportuno poter individuare opportune contro-misure.
Intervento statale e governance delle imprese
La recente crisi ha rilanciato l'idea che lo stato debba in qualche modo intervenire nell'ambito economico, non solo come regolatore dei mercati, ma con un ruolo attivo.
Lo stato aveva modificato il proprio ruolo nella governance delle imprese passando, a partire dagli anni ottanta, ad avere prevalentemente un ruolo di stakeholder esterno. Con poche eccezioni, quali i servizi pubblici locali, le public utilities e i settori di interesse strategico per lo stato, i governi avevano progressivamente limitato il proprio intervento diretto nella gestione delle imprese.
L'attuale crisi sta, però, modificando questo clima politico che ha portato a una maggiore apertura dei mercati e a un'apertura internazionale senza precedenti. Occorre osservare le evoluzioni in tale campo con estrema prudenza. Gli ultimi due decenni, caratterizzati da una crescente apertura al libero commercio e da una diminuzione del ruolo dei governi nella governance delle imprese sono stati caratterizzati da una forte crescita economica e da un consistente tasso di innovazione tecnologica; le imprese hanno inoltre, oggi, una governance migliore e in grado di assicurare maggiore competitività rispetto al passato.
Sarebbe pertanto un errore riproporre un ritorno ad un ruolo preminente del pubblico nella gestione delle imprese, e ogni intervento che possa condurre in tale direzione andrebbe attentamente valutato.
(1) Security and Exchange Commission
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