Sull'isola di Chongming, sulla costa di fronte a Shanghai è in costruzione la prima città al mondo interamente ecocompatibile. Progettata da un gruppo britannico e costruita da uno dei più grandi costruttori cinesi, Dontang Eco City Project avrà i primi 10.000 abitanti nel 2010, in tempo per la vetrina dell'expo internazionale di Shanghai che accenderà i riflettori mondiali sul più rilevante esperimento urbanistico e sociale mai tentato prima.
Il paradosso di Dontang Eco-City
I problemi ambientali della Cina stanno crescendo parallelamente alla crescita dell'inquinamento mettendo a rischio lo sviluppo economico, la salute pubblica, la stabilità sociale e la reputazione internazionale del colosso asiatico. Il carbone, tra le fonti energetiche più inquinanti, fornisce circa il 70% dei bisogni energetici cinesi. Nel 2006 il paese ha consumato 2.4 miliardi di tonnellate di carbone, più di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone messi insieme. E la crescente urbanizzazione aggraverà la situazione. Oltre 400 milioni di persone si trasferiranno dalle campagne alle città tra il 2000 e il 2030, una cifra equivalente all'intera popolazione americana. Metà di tutti i nuovi edifici che verranno costruiti nel mondo in questo periodo saranno fatti in Cina (Così in sintesi ci introduce ai problemi ambientali cinesi un interessante articolo di Elizabeth C. Economy, direttrice per gli Studi Asiatici del Council on Foreing Relations, apparso sabato 25 agosto sull'International Herald Tribune).
Questi pochi dati bastano per capire meglio lo straordinario progetto di Dontang Eco-City Project, la prima città al mondo interamente eco-compatibile in costruzione sull'isola di Chongming sulla costa di fronte a Shanghai.
Può sembrare un paradosso che proprio chi inquina così intensamente e con tali ritmi di crescita stia contemporaneamente realizzando il primo progetto al mondo di città interamente eco-compatibile.
Si tratta di un progetto avveniristico frutto della volontà del governo centrale cinese e della municipalità della più dinamica città cinese, Shanghai, di sperimentare un progetto di crescita urbana sostenibile sotto il profilo ambientale ed energetico, che possa essere replicato con successo e usato come modello per la poderosa crescita urbana prevista nei prossimi decenni nelle diverse megalopoli cinesi.
Frutto di un accordo tra il gruppo di progettazione britannico ARUP e la Shanghai Industrial Ivestment Corporation, una delle principali aziende di costruzioni cinese, Dontang sarà una città che si svilupperà su 8400 ettari e sarà connessa da un tunnel e da un ponte che collegheranno l'isola sia con l'aeroporto internazionale di Shanghai sia con il distretto finanziario. Inizialmente la città si svilupperà su un'area di 630 ettari e ospiterà a partire dal 2010 circa 10.000 persone che diventeranno 80.000 a regime. ARUP, che ha la leadership del progetto, ha sviluppato una nuova metodologia che incrocia diverse discipline e analisi su diverse materie quali studi sulla qualità dell'aria, tecnologie per l'utilizzo dei terreni e dell'acqua, ecologia e trasporti, mineralogia, tecnologie sul riciclaggio delle risorse primarie, analisi economiche su viabilità, trasporti e benefici sociali, analisi sociali su inclusione e aspetti antropologici, uso delle forme e dello spazio pubblico, accessibilità e viabilità ecc. Si è dato così vita ad un progetto che accoppia il massimo della tecnologia in materia di eco-compatibilità con un esperimento che ha anche chiare valenze sociali. Una sorta di nuova "città ideale" che dal Rinascimento italiano in avanti più volte l'uomo ha teorizzato e cercato di sperimentare.
La città ideale
Nel nuovo millennio la "città ideale" dovrà sfruttare tutto il meglio della tecnologia per garantire l'equilibrio tra l'uomo, le sue esigenze di sviluppo economico e quelle della natura e del ciclo delle risorse energetiche. Il punto di forza del progetto è infatti che il 100% della domanda energetica di Dontang sarà fornita da energie rinnovabili: prevalentemente biomasse e, a seguire, energia eolica e fotovoltaica. Nulla è stato trascurato: da un piano di sviluppo urbano concepito per minimizzare le distanze tra casa, lavoro e tempo libero, ad un piano di trasporti pubblici capace di soddisfare tutta la domanda di mobilità riducendo al minimo l'uso di veicoli privati; dal ciclo dell'acqua diversificato in due canalizzazioni (uno per l'acqua potabile usata negli edifici e una per l'acqua riciclata per bagni e spazi verdi) alla costruzione degli edifici concepita per minimizzare l'uso di energie sfruttando tutto il meglio della tecnologia esistente, compreso lo studio dei venti e del clima per garantire la migliore esposizione possibile degli edifici. All'inizio la popolazione sarà la nuova classe medio alta di Shanghai, attratta da una qualità della vita di gran lunga superiore a quella della caotica e inquinata Shanghai, ma la vera sfida sarà di duplicare questo "esperimento" e renderlo fruibile in altre megalopoli cinesi ed a più ampi strati di popolazione. Il costo complessivo è per ora top secret, ma i finanziamenti sono garantiti: segno che dal progetto ci si attende un ritorno economico.
In realtà quello che viene presentato come un progetto unico, e che sarà pronto nella sua fase iniziale per l'esposizione universale di Shanghai 2010, si presenta come un insieme di progetti che riunisce il meglio su scala mondiale delle tecnologie eco compatibili in una serie di settori quali costruzioni, trasporti, produzione energetica.
Se l'insieme del progetto rimarrà forse un esperimento unico, poiché non è immaginabile che nel mondo vi siano molti casi di città che possano essere programmate dal nulla, il vero "core business" di Dontang Eco-city Project è invece costituito dall'insieme delle sperimentazioni che si compiranno nei vari ambiti citati, e che saranno certamente utilizzate per soddisfare la crescente domanda di urbanizzazione di molte città cinesi e asiatiche.
Città di 10-15 milioni di abitanti che contano di aumentare entro una generazione del 30% la loro popolazione diventano megalopoli di oltre 20 milioni di abitanti. Un salto che rischia di far collassare oltre all'ambiente anche l'economia asiatica.
Più realisticamente e meno utopicamente è dunque al grande mercato della crescita urbana asiatica, con quello che comporta in termini di mercato della progettazione e della costruzione, che guarda questo progetto unico al mondo dal fascino un po' inquietante dato dall'estrema pianificazione di ogni dettaglio urbanistico.
Vedremo tra pochi anni, dopo l'Expo Universale del 2010 se tutto questo andrà ad allungare la lista degli esperimenti di pianificazione sociale, sempre falliti, che l'Uomo nella sua storia molte volte ha rincorso, oppure se sarà l'avvio di un nuovo futuro capace di garantire quell'equilibrio tra uomo e natura che non a caso proprio la filosofia del confucianesimo ha teorizzato per millenni nell' impero cinese.
(L'articolo è frutto della partecipazione dell'autore ad una delegazione dell'OCSE in visita a Shanghai e a Dontang)
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