1. In Svizzera è passato con poco più del 50% dei voti un referendum che chiede al governo di negoziare entro tre anni le quote di lavoratori stranieri presenti nella Confederazione. Il referendum è passato nel Canton Ticino con il 70% dei voti. Ad essere colpiti – nel caso di chiusura del negoziato – saranno i “transfrontalieri” che, soprattutto dalla Lombardia, lavorano in Svizzera.

2. Si possono fare diverse considerazioni. La prima riguarda la Lega. Deve essere piuttosto spiacevole sperimentare sulla propria pelle la trasmutazione da Longobardo a Terùn. L’oggetto del referendum, alla fine, è che il Longobardo-Terùn è disposto a lavorare per un salario inferiore a quello dei Ticinesi, quasi fosse un vero Terùn o, addirittura, un Negher. Altrimenti detto, imponendo delle quote massime sui lavoratori stranieri, si riduce l’offerta di lavoro con un salario inferiore e quindi si possono avere delle prestazioni lavorative solo con salari maggiori.

La seconda considerazione è che questo è un meccanismo non nuovo. Mancur Olson in Ascesa e declino delle nazioni (Il Mulino, 1984) da pagina 222 lo descrive. In Sud Africa tanto tempo fa i lavoratori “di colore” svolgevano i lavori meno qualificati. Quelli “bianchi” i lavori qualificati o semi qualificati. I lavoratori “di colore” potevano però apprendere facilmente i lavori semi qualificati. Ed anche, ma in un tempo più lungo, quelli qualificati. Se ciò fosse avvenuto, si sarebbe avuta una discesa del salario dei “bianchi” e un’ascesa di quello dei lavoratori di “colore”. Da qui i negoziati fra datori di lavoro e sindacati sulla mobilità interrazziale, o, se si preferisce, da qui la nascita della segregazione. La segregazione era nell’interesse dei lavoratori di origine europea o “mista”.

Circa lo stesso meccanismo ha agito in Svizzera con la richiesta referendaria di quote prefissate di lavoratori stranieri. Alle imprese non conviene. L’Associazione bancaria ha subito reagito negativamente al risultato del Referendum. Le banche vogliono la manodopera straniera qualificata, perché non basta quella indigena. Infatti, un quarto dei dipendenti delle banche svizzere in Svizzera non è svizzero. Se i non nativi fossero messi fuori, esse dovrebbero trovare fra gli svizzeri ben un quarto dei propri dipendenti. Si potrebbe così avere una forte crescita delle retribuzioni dei nativi senza la garanzia che questi siano qualificati per il maggior salario.

La terza considerazione è il legame fra la Svizzera e il Resto del Mondo. L’Unione Europea assorbe quasi due terzi delle esportazioni svizzere. Gli accordi fra l’Unione Europea e la Svizzera richiedono la mobilità delle merci, del lavoro, e dei capitali. Il referendum vuole la mobilità delle merci e dei capitali, ma non del lavoro. Non è un caso che il governo elvetico abbia invitato i cittadini a votare a favore della mobilità del lavoro nel referendum. Non è possibile avere un accordo su merci e capitali senza un accordo sul lavoro.

La quarta considerazione è sulla Svizzera che rischia di finire impietrita in un “angolo”. Il modello tradizionale era quello delle banche che godevano di una “rendita” - ossia, un reddito maggiore di quello che avrebbero avuto in regime concorrenziale. Questo modello finisce nel momento in cui la Svizzera deve accettare un regime bancario che possiamo definire “trasparente”. La Svizzera deve perciò riqualificarsi con un’industria ad alta tecnologia – che peraltro ha già – e con banche “trasparenti” – che non ha ancora. Il tutto all’interno di scambi – di prodotti, di lavoro, di capitali – aperti. Altrimenti si troverà “ai margini”, come temono molti elvetici.

La quarta considerazione ha una implicazione rilevante non solo per la Svizzera. Poniamo che le banche svizzere si reinventino e che l’industria svizzera ad alta tecnologia vada bene. Restano perciò fuori dalla modernizzazione i lavoratori svizzeri non qualificati. Questi ultimi godono di una rendita, perché il loro lavoro è pagato più di quanto i non svizzeri sono disposti ad accettare. Ossia, in un mondo in cui il mercato del lavoro è “globale” o “semi-globale” il loro salario non è di “equilibrio”. Perciò, o si ferma la “globalizzazione”, o il loro salario deve trovare un equilibrio a un livello inferiore. Questo fenomeno non è solo svizzero, beninteso. Con le elezioni europee di maggio potrebbe emergere ovunque.